• 09/14/2020

La Transumanza versa la campagna romana

Il viaggio agli inizi del novecento da Amatrice alla campagna romana

di Mario Ciaralli – fb

14 settembre 2020

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Nei primi giorni di ottobre, lasciati i monti e le valli sopra Cardito, che già iniziavano a mutare di mille colori, la lunga carovana di pecore in cammino, superato l’abitato di Amatrice, risaliva dopo poche centinaia di metri la ripida mulattiera di “Costa Sergiata”, ai piedi della chiesina della Croce, per poi raggiungere poco distante la via “Romanella”, la sola strada, che fino agli inizi del Novecento, collegava la via Salaria alla cittadina. 

E man mano che ci si allontanava dalle abitazioni, i pastori ridavano “voce” ai campani dei manzieri, tappati poco prima con dei ciuffi d’erba nei pressi dell’ospedale, in segno di rispetto al passaggio del gregge. 

Giunti sulla strada e imboccata la via consolare al valico di Torrita, i nostri nonni, alla testa della numerosa masseria, mesti s’incamminavano verso la “piana” di Cittareale e più avanti lungo le strette gole del Velino di Sigillo e Antrodoco, fino agli abitati di Canetra e Cotilia, per poi raggiungere nelle vicinanze la pianura reatina. 

Qui, nei pressi di Santa Rufina, in località “Cardito Roselli”, abbandonata momentaneamente la via Salaria, un breve “tratturello”, consentiva di accorciare il percorso verso la capitale, evitando così anche il passaggio entro il capoluogo Sabino. 

Ancora una breve sosta, un rapido controllo ai basti dei muli e ai carri, colmi di tutto il necessario, poi lasciata alle spalle la cittadina di Rieti e superato più avanti anche l’abitato di San Giovanni Reatino, l’interminabile fila di pecore, giunte oramai alla metà del viaggio, si apprestava a raggiungere la profonda valle dell’Ornaro e tutti quei borghi della bassa sabina che si affacciavano lungo la strada. 

Ed ogni qual volta si doveva attraversare un piccolo centro abitato, lungo tutto il percorso, dal monte al piano, mille occhi occorrevano ai pastori, per evitare che qualche “buongustaio” locale, approfittando di vicoli e buie stradine, si “affezionasse” troppo a qualche pecorella e volerla tenere tutta per sé. 

Raccontano infatti, gli ultimi protagonisti di questi interminabili viaggi a piedi, che non sempre si riusciva a scongiurare qualche “perdita” lungo la via. 

di Mario Ciaralli – fb

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