• 04/09/2018

La vedova presunta, una vita dedicata agli altri

I racconti di Vincenzo Colledanchise hanno la maturità che solo il trascorrere del tempo può produrre

di Vincenzo Colledanchise (fb)

9 aprile 2018

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Si era innamorata di Gaetano Simonelli ammirandolo sull’aia, mentre con piglio sicuro guidava con destrezza il mulo che trascinava la pietra zigrinata, atta a sciorinare le spighe di grano ammassate sull’aia comune. 

Era alto, dalla fronte spaziosa e con gli occhi chiari. Si erano fidanzati in Luglio, in Ottobre si sposarono. 

Solo diciotto giorni dopo il matrimonio, Gaetano fu arruolato per la campagna di Russia. Alla moglie Maria Filippa arrivarono solo due lettere dal fronte del Don, nelle quali il soldato si lamentava del gran freddo in quelle terre lontane. Seguì un lungo e triste inquietante silenzio epistolare. 

Seppe di un soldato di Monacilioni, della famiglia Josue, che faceva parte della stessa Compagnia di Gaetano. Bastò questo tenue appiglio per recarsi nel vicino paese e rimanere presso il loro mulino in attesa di eventuali notizie dei due soldati. Niente. Passò addirittura un anno, ancora niente. 

Finita la guerra, la delusione si tramutò in lacerante dolore, misto all’imbarazzo di non sapere se vestire il lutto o meno. Dopo il secondo anno di silenzio dalla fine del conflitto, la zia si rassegnò vestendo il lutto. 

Vedova di guerra a venti anni soltanto, anzi vedova presunta di disperso in guerra, senza la consolazione della prole. 

A fine guerra, apprese con rammarico che il Generale di Divisone nella quale militava il marito era nientemeno che un compaesano appartenente alla famiglia Petrucci, il quale si sentiva imbarazzato per non aver potuto far nulla per il suo soldato e compaesano, bastava solo che l’avesse saputo e lo avrebbe potuto rimpatriare.

Nel dopoguerra, a causa dell’emigrazione dei genitori, alleverà noi nipoti, divenendo la nostra seconda mamma ed ereditando da sola tutte le croci della famiglia: la sua mamma paralitica, il padre arteriosclerotico e violento, una sorella gravemente malata, un nipotino orfano, immolandosi fino alla consumazione di se stessa.

La Patria si ricorderà di lei solo nel 1985, inviandole dalla Presidenza del Consiglio un certificato di morte presunta del consorte e ottantamila lire in più per la sua modesta pensione di guerra. Non aveva cura del denaro. Il denaro che metteva da parte le veniva sistematicamente richiesto in prestito, prestiti che sistematicamente non venivano onorati. 

Ormai gravemente malata, consumerà i suoi ultimi giorni nella mia casa in città, dove morirà nel conforto di un nipote divenuto ormai suo figlio.

(Nelle foto: a sx la zia e foto dx intenta a giocare con me piccolo sul suo balcone)

di Vincenzo Colledanchise (fb)

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