La venditrice di origano di San Polo
I racconti di Vincenzo Colledanchise hanno la maturità che solo il trascorrere del tempo può produrre
di Vincenzo Colledanchise
11 aprile 2018
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Nel 1962, Toro rimase sepolta sotto un metro di neve e isolata per una settimana. I soccorsi non riuscivano e rimuovere la montagna di neve che la bora aveva accumulato a ridosso del “Mulino a fuoco”.
Non era un problema allora rimanere isolati per molti giorni. Noi piccoli non saremmo andati a scuola e avremmo gustato la “scialbetta”, una specie di granita fatta con neve e mostocotto, I contadini si sarebbero rifugiati al caldo delle botteghe. Le nostre mamme, poi, non erano assillate dal bisogno di fare la spesa, perché tutto ciò che serviva ad alimentarci era abbondantemente riposto nei fondaci e cantine e, soprattutto sulle pertiche piene di salsicce e soppressate. Allora, si era autosufficienti per mesi interi.
Vi era un solo problema: una donna di San Polo, venuta a vendere il suo origano (perciò in dialetto le chiamavamo “Pellerara”, da peliere, origano) era rimasta bloccata ed era in grande apprensione, lontana dal suo paese montano e dalla sua famiglia.
Da molti anni la donna era assidua a Toro durante l’inverno. Si riconosceva per il suo tipico, tradizionale, lungo costume con ricami variegati e ricchi. Sulle sue montagne non vi erano olivi e perciò barattava i suoi mazzetti di origano con un po’ del nostro olio. Di solito dopo il mercanteggiare dormiva nel caldo forno del paese ma, a causa della copiosa neve caduta, neanche il forno funzionava in quei giorni per la mancanza della paglia che serviva ad alimentarne la fiamma, ragion per cui la vecchietta era in preda al freddo e costretta a trovarsi un altro rifugio.
Mia madre avvertì il suo disagio e decise di accoglierla in casa. Anzi, l’accolse proprio nel suo letto matrimoniale, perché allora nostro padre lavorava all’estero. Noi eravamo già in tanti in casa e si avvicinava il Natale, ma non potevamo ignorare il dramma della venditrice di origano rimasta bloccata.
La mamma fu sorpresa per la sua grande pulizia, e allorchè si accinse a preparare i dolci tipici della festa, la vecchietta volle aiutarla. Non avremmo mai pensato che dalle sue mani sarebbero usciti dolci deliziosi che la nostra tradizione ignorava. Inoltre, nelle lunghe tre serate in cui rimase ospite in casa nostra, ci fece ascoltare, a noi piccoli, dei racconti fantasiosi e mai uditi. Fu quello il Natale più bello in casa nostra poiché mentre davamo concreta testimonianza di carità cristiana nell’accogliere una simpatica vecchietta bisognosa, apprezzammo quella donna dalle mille risorse e con la quale in seguito avremmo stretto forte amicizia. Inutile dire che il suo origano residuo ci fu donato tutto, come noi donammo a lei più di qualche litro del nostro olio d’oliva.
La pellerara tornò puntuale l’anno dopo ad essere nostra ospite e lo fu per diversi anni. Morì anziana alla fine degli anni sessanta e con lei morì anche il suo tradizionale costume.
di Vincenzo Colledanchise