• 01/26/2023

“Lavoro, ambiente e cibo nella transumanza”

Il libro scritto a più mani dai professori Norberto Lombardi, Anna Maria Lombardi e Giampaolo Colavita, fa parte della collana “Cibus & locus” della Cosmo Iannone Editore (2022)

di Maria G. Vitali-Volant (da altritaliani.net

26 Gennaio 2023

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Fra i tanti riti fondatori e gli elementi del patrimonio immateriale italiano (e di altri paesi) c’è la transumanza, dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco nel 2019. Queste tradizioni complesse, dove si intrecciano tanti mondi e discipline, perdurano e riemergono studiate e trasformate dalla storia contemporanea. È molto importante rimembrare e analizzare un fenomeno come la transumanza in Italia del Sud con un libro come questo, un testimone per capire le nostre origini. Lo ha recensito per Altritaliani Maria G. Vitali-Volant. Le foto a corredo dell’articolo sono di Stefano di Maria, di Campobasso nel Molise*.

Nel paesaggio dell’Appennino fra Abruzzo, Molise e Puglia fino agli inizi del xx° secolo si consumava l’attività armentizia, che chiamiamo transumanza, lo spostamento di animali (non solo pecore, ma anche vacche, cavalli) in cerca di pascoli nuovi in montagna e del destino del ritorno al piano. Un sistema che se si inserisse oggi in un contesto di biodiversità e sostenibilità ambientale, di turismo e di cultura dei territori di montagna come terre di scoperta e di storia, sarebbe vera sorgente di conoscenza e di saperi.


 

Nei secoli passati la transumanza era movimento di greggi, uomini, storie, culture, economia, lavoro, gerarchie secolari e altro… Questo libro ci fa rivivere la storia, forse un pò messa di lato, della pastorizia, per combattere le sparizioni che ci assillano, per far riapparire il valore dei miti delle origini e, in questo caso, della creazione di un’industria essenziale nelle terre interne dell’Italia pastorale. Un progetto politico degli autori che credono nelle narrazioni storiche e culturali del nostro paese e ci spingono a ricordare, a collegare, a ricostruire il valore del lavoro, della fatica, quando ovunque oggi si prova a distruggere il tessuto e si rottama l’esperienza, la storia dei movimenti sociali, delle lotte e delle tradizioni contadine, pastorali, profonde nel nostro paese di grande cultura anche materiale, industriale.

Norberto Lombardi, storico, esperto dei territori della transumanza, uomo del Sud, sociologo e politico, ci offre la descrizione del fenomeno ben lontano dalle dolcissime rime dannunziane (Settembre andiamo è tempo di migrare/ Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori/ lascian gli stazzi e vanno verso il mare: …/ vanno pel tratturo antico al piano quasi per un erbal fiume silente/ su le vestigia degli antichi padri. /… Gabriele D’annunzio, I pastori, in Alcyone) e giustamente coglie l’aspetto di civiltà di questa impresa disegnata sui territori (Regno di Napoli, Abruzzo Citra, Abruzzo Ultra, Molise e Capitanata) e tessuta come una trama economico-sociale e una gesta strettamente militare.

Corredato da documenti antichi e fotografie, da studi filologici e dall’uso sapiente delle fonti storiche, il percorso del professore comincia a delinearsi dalla Masseria. Un’architettura – che ancora oggi sopravvive ma trasformata in villa extra-mœnia – fulcro economico e sociale dove si stabiliscono i rapporti con lo Stato (la Dogana di Foggia per la parte annonaria, fiscale, erariale), dove si studiano le scelte produttive (il frutto della transumanza) del proprietario degli armenti e delle terre fino all’ultimo grado dell’organizzazione dell’impresa. Qui appare la gerarchia della transumanza: il proprietario = locato, la patrona, il massaro = manager, il caciere, i pastori, i garzoni, il capobuttero, tutte le figure di un Presepe antico spianato su grandi orizzonti selvaggi fino al mare. Qui scorre il gregge ben contenuto, organizzato, sotto la tutela dei pastori che lo difendono, lo curano con le erbe che conoscono da millenni, che stabiliscono, in povertà e umiltà, le loro leggi di sopravvivenza e di obbedienza. Il salario misero che sostiene a malapena loro e le famiglie, evitando il brigantaggio e l’emigrazione.

Il prof. Lombardi sistema tutti i fili di sviluppo di questa interessantissima impresa industriale che, come l’Appennino, rappresenta la spina dorsale dell’economia, della cultura del Sud nelle terre davanti all’« Adriatico selvaggio».

Il rito della transumanza è ricco di un suo lessico: mena, giaccio, manzo (fonte bibliografica Stefano di Stefano, la ragion pastorale, 1731), morra, primaticcio etc., un linguaggio funzionale e legato all’attività economica e armentaria. Tutto lo spazio e il tempo della transumanza prendono vita con i suoi colori, costumi, riti religiosi, credenze definendo anche una solida struttura gerarchizzata di doveri, contratti, usanze, scadenze legate agli animali e agli uomini che vivono con loro in rispetto e in fatica. Vigeva l’accettazione del ritmo ancestrale legato ai cicli della natura e al profitto dei possidenti terrieri piccoli e grandi che, in concorrenza, gestivano le vendite, gli accordi con i panettieri, con i pastori, con i funzionari.

Entrando nel ritmo vitale dei protagonisti, nel libro segue il testo di Anna Maria Lombardi – uno dei maggiori esperti della storia e della tradizione della cucina molisana. Cordon Bleu in Francia – ella si occupa dell’alimentazione degli animali, punto focale in cui convergeva il sistema alimentare della grande pastorizia e in definitiva l’intero impianto della transumanza.

Scorrono nelle pagine tavole di ricettari, erbari antichi, riproduzioni di atlanti delle locazioni, cartografie dei pascoli e delle proprietà in competizione con l’agricoltura invasiva. Il cammino del tempo con l’inesorabile affievolirsi del tessuto culturale, economico, sociale della transumanza,  – “le lucciole che spariscono” direbbe oggi un altro poeta, Pasolini -,  ma noi seguiamo il gregge con lo spolverio dei suoi insetti cosi’ utili, sui territori prestando attenzione al cibo degli armenti fatto di erba medica,  trifoglio, grano, segala, orzo, salvia, papavero selvatico, a consumare con moderazione via la sapienza e l’immaginazione pastorale che inventava, per esperienza e cultura orale e materiale, diete specifiche per agnelli, pecore  gravide, manzi, animali malati etc. I pastori che non dimenticavano neppure l’essenziale integratore alimentare, il Sale di cui gli animali avevano bisogno per equilibrare il loro nutrimento. Anna Maria Lombardi ci fa partecipare alle fiere, alle feste, ai banchetti padronali, alle operazioni culinarie e economiche della vendita delle carni, che poco nutrivano i pastori, della lana, dei formaggi…
Scopriamo la ricchezza del prodotto finito e l’indigenza dei più poveri (i pastori si nutrivano di pane, di un po’ d’olio, di erbe e vivevano di un salario minimo) e un Artusi (il padre della letteratura gastronomica italiana, ndr) pastorale che sta a noi riscoprire, antesignano della dieta mediterranea, seguendo l’esposizione dell’autrice. I sapori e gli odori delle ricotte, degli arrosti, delle grigliate, dei dolci, della pasta etc. in queste terre del nostro paese attentissimo all’industria alimentare che trae origini da questi passaggi storici.

Per finire questo libro gustoso e sapiente di cui abbiamo bisogno per ritrovarci, il prof. Giampaolo Colavita ci riporta al presente, alla politica dei territori, alla gestione delle infrastrutture così carenti nel Sud, ai progetti che si potrebbero concretizzare sfruttando i saperi antichi e l’immaginazione, anche nutrizionale, di nuovi passaggi sui tratturi di montagna dove la natura è spesso intatta e ricca.

Intriso di saperi anche artistici, di aneddoti e storie, questo libro sembra una «Favola di Natale» ma in realtà è uno strumento scientifico per antropologi, storici, curiosi che ne restano affascinati come da un viaggio nel tempo di prima problematico e denso. La testimonianza concreta dell’identità, del rispetto del lavoro e della nostra storia.

di Maria G. Vitali-Volant (da altritaliani.net)

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