• 10/18/2016

Loggiato o portico, dipende dalla quota da terra

È molto complicato capire il significato funzionale di alcuni elementi dell’architettura del passato, variando esso a seconda del livello della costruzione in cui sono collocati, del contesto, se urbano

di Francesco Manfredi Selvaggi

2 febbraio 2017

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È difficile dire se si tratti di un loggiato, di un ballatoio o di un pianerottolo di smonto della scala. Per la prima ipotesi vi è la presenza del muro che la chiude da un lato con una finestra arcuata, archeggiatura che rimanga agli archi che dovevano scandire la loggia nella sua lunghezza; in questo caso lo spazio in questione è evidente fosse coperto. Verso la seconda tesi spingerebbe la sussistenza di ingressi di più abitazioni, ma qui siamo di fronte ad un’unica unità abitativa per cui non si può ritenere che si sia di fronte ad un ballatoio, il quale di per sé è scoperto. La terza lettura cui si è accennato sembra da scartarsi perché il nostro elemento è troppo grande per essere assimilato ad un semplice ripiano di sosta al termine di una rampa di scale, il quale, è utile evidenziarlo al fine di determinare se vi era o meno un tetto, può risultare coperto o meno. A sfavore dell’idea che sia un loggiato vi è il fatto che, comunque, l’ambulacro è troppo stretto per consentire il soggiorno al suo interno, magari seduti comodamente su un qualsiasi genere di poltroncina.

A vantaggio, invece, soccorre la constatazione che almeno nella sua parte terminale da questo posto si gode un bel panorama caratterizzato da una distesa di ulivi che avvolge la vallata. È un paesaggio assai conservato in cui la sola intrusione visiva è costituita dal «villaggio provvisorio», il quale tanto più emerge percettivamente in quanto nel territorio di S. Giuliano di Puglia è poco affermato il fenomeno dell’insediamento sparso il quale si limita al piccolo raggruppamento di fabbricati intorno alla badia di S. Elena e alle case che affiancano, molto distanziate fra di loro, il tratturo Celano-Foggia. La vista della loggia non è ostacolata dalla schiera edilizia fiancheggiante la strada provinciale in prosecuzione di quel corso Vittorio Emanuele teatro del tragico evento del 2002 sia perché sottoposta, e di tanto, ad essa sia perché si interrompe prima.

Il corpo di fabbrica che contiene il loggiato è integrato nella cortina muraria che delimita l’abitato la quale per la sua funzione difensiva non ammette squarci come quello che determinerebbe una loggia; forse per tale ragione la loggia non si sviluppa sul fronte dell’edificio coincidente con la cinta urbica, bensì lateralmente e ciò è consentito dalla circostanza che in questo punto si interrompe la murazione medioevale per l’aprirsi di una delle porte cittadine (l’indizio che vi fosse un ingresso all’insediamento abitativo è il torrione mozzo affiancato alla loggia della quale il terrazzino che vi si sovrappone forma un prolungamento essendo le torri sempre congiunte alle porte, i segmenti più deboli delle fortificazioni e, perciò, da proteggere con strutture per il presidio armato). Il loggiato volge verso la campagna e verso l’interno dell’aggregato insediativo, in uno dei pochi pezzi dello stesso che hanno una certa ariosità, non un vicolo angusto, la quale si addice ad una loggia, luogo dove godere della luce del sole. Perché è così complicato stabilire se si stia al cospetto di una loggia, di un ballatoio o di un pianerottolo sia pure allungato?

La risposta va cercata nelle vicende evolutive che hanno interessato questo volume architettonico il cui aspetto attuale nella facciata principale è quello di un manufatto unico per via della scalinata a T con una rampa iniziale, breve, che poi si suddivide in due, una delle quali conduce al nostro loggiato, lo si ripete, presumibile. Non c’è una perfetta identità tra le due porzioni del fabbricato a causa dell’estensione maggiore di quella in cui collochiamo il loggiato che diventa nell’ala contrapposta una superficie simile questa volta ad un pianerottolo. Probabilmente la configurazione odierna dell’edificio è il frutto della fusione di più costruzioni preesistenti che sono state rimaneggiate inglobandole in un organismo più grande; tale affermazione deriva dalla constatazione che quello in cui ricade è un lotto fuori scala rispetto al resto del tessuto urbanistico.

È arduo rintracciare una qualsiasi tipologia definita alla quale la configurazione architettonica descritta possa essere riferita. Non certo al tipo cosiddetto «italico», quello della dimora tradizionale connotato dal rapporto tra residenza che è al primo piano e scala esterna, al quale pure somiglia. Il sofisticato disegno planimetrico della scala invece che dei modi architettonici popolari appare frutto di una cultura aulica trovandosi schemi di scalinata della medesima maniera nei palazzi nobiliari dentro più di frequente anche se ve ne sono esempi nelle corti cioè fuori. Si afferma un tipo edilizio quando quella particolare modalità compositiva dimostra di funzionare bene ma non è la situazione di cui ci si sta occupando come si può riscontrare se si prende in considerazione proprio lo spazio che si analizza che è a metà tra un loggiato, però troppo sottile, e un ballatoio del quale manca la capacità, pertinente com’è quello in esame alla medesima abitazione, di fungere da corridoio di smistamento tra i suoi vani. 

Se la loggia è una componente dell’architettura signorile allora non è ammissibile il suo ricoprimento, con una struttura in legno per il sapore vernacolare ad esso connesso. Inoltre con l’uso del legname si ha un esplicito riferimento ai porticati che compaiono nei ranch americani «segno» che è entrato nell’immaginario collettivo attraverso i fumetti e i telefilm. Portico non è una categoria di cui si è parlato quando si sono messi a confronto loggiato, ballatoio e pianerottolo di smonto poiché esso è specifico del piano terra, mentre gli altri sono collocati al livello superiore. I porticati non compaiono nelle dimore contadine salvo che non li confondiamo con le tettoie le quali hanno, in genere, una profondità maggiore in quanto destinate a proteggere derrate agricole, legna da ardere, fieno. 

Il motivo principale, ad ogni modo, dell’assenza dei portici quali ambiti di intermediazione tra interno ed esterno nelle architetture tradizionali è che l’ingresso all’abitazione è situato generalmente al primo piano, separata quest’ultima dal terreno da un piano occupato da bottega, stalla, deposito ai quali si sovrappone. In definitiva la loggia va intesa in tale riguardo quale esteso ballatoio che precede la porta dell’alloggio e non dunque come portico, confermando la sua presenza l’atteggiamento culturale profondamente radicato di distaccare l’abitazione dal suolo riflettendo il sentire comune intorno all’abitare che è di elevarsi al posto di poggiarsi. 

di Francesco Manfredi Selvaggi