• 10/18/2016

Madri, lavoratrici e felicemente divorziate

Divorziare nel 2016 non è più un tabù, anche nei piccoli centri del Molise. Pettegolezzi e facili pregiudizi permangono, ma le donne non si chiudono più in casa a soffrire. Il racconto di tre madri che hanno lasciato il marito e non ne sono affatto pentite

di Alessandro Corroppoli 

03 gennaio 2017

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«Siamo rinate dopo il divorzio. Certo all’inizio abbiamo sofferto, ma ora abbiamo ripreso in mano le redini della nostra vita e siamo felici». Antonella, Elena e Chiara sono tre quarantenni, ovviamente divorziate, che vivono in Basso Molise. Seppur provenienti da contesti sociali diversi, hanno in comune un percorso di rinascita e di “riabilitazione” all’interno della società molisana fatto di sacrifici, sofferenze e ma anche di riscatto sociale oltre che personale.

La trasformazione della società, delle abitudini e delle priorità è sempre più veloce. E vale anche per il divorzio, appunto. Se fino alla fine degli anni Novanta del secolo scorso veniva visto e vissuto come una sorta di scandalo, di macchia che avrebbe tatuato in maniera indelebile la vita futura dell’ex coppia, oggi è una opzione digerita e possibile. Anche in realtà piccole come il Molise, composto prevalentemente da paesini. Anche qua oggi l’approccio generale al matrimonio è del tutto diverso, tanto da ribaltare radicalmente la prospettiva: «Ma state ancora insieme? Siete ancora sposati?». 

Un cambio drastico: 42 anni dopo il referendum che ne confermò l’istituzione giuridica, la pratica del divorzio ha smesso di essere un tabù del quale vergognarsi, diventando un atto quasi normale del quotidiano. Insomma, non è più una notizia necessariamente negativa, specie per le donne che hanno raggiunto una maturità e una consapevolezza tale da saper affrontare la fine del rapporto coniugale. Sono la generazione ex, e si affacciano alla vita sociale per la prima volta. Non sono più “casi isolati”, non sono più eccezioni. Sono una categoria. 

«Ho divorziato a 36 anni, proprio il giorno del mio compleanno. I miei familiari vedevano che non stavo bene, quindi mi hanno spinta a farlo più velocemente possibile». Inizia così il racconto di Antonella, dal suo ultimo giorno da moglie e il primo da single. «Si litigava spesso in casa, ogni motivo era buono per bisticciare. Poi con la nascita di nostra figlia il clima è ulteriormente peggiorato». Certo, l’amore che finisce o il sentimento che non c’è più. Ma uno dei motivi principali per le quali le coppie di oggi si separano sono la nascita dei figli. «Spesso le coppie che si uniscono in matrimonio nascono da amori giovanili che si son protratti a lungo, finché per forza d’inerzia decidono di sposarsi. Escluso il primo periodo di felicità coniugale, i problemi veri nascono quando arrivano i figli. Incapaci a saperli affrontare già da soli, gli stessi si moltiplicano per due quando sono in coppia». 

Elena, nella sua testimonianza, è molto pragmatica e concreta: fa una critica radicale a quella che è stata anche la sua breve esperienza coniugale. «Questo è dovuto in primis dall’educazione ricevuta a casa, viziati e accontentati in tutte le richieste e quindi incapaci di saper affrontare e risolvere i problemi che il quotidiano pone. Io e il mio ex marito abbiamo ricevuto due educazioni diverse, due modi differenti di gestire il quotidiano e di risolvere i problemi. Non dico sbagliati, ma sicuramente inconciliabili tra loro che con la nascita di nostra figlio sono andati definitivamente in conflitto». 

Al giorno d’oggi, spesso, si ha a che fare con una situazione economica di precarietà se non di totale instabilità che tuttavia non frena la voglia di ognuno di essere e di seguire il modello e il prototipo della persona che la televisione e i media più in generale ci propinano: palestrato, vestito alla moda e con le tecnologie del momento lui. Glamour, modaiola e sempre attraente lei. «Finché si è soli e si conduce una vita di coppia restando ognuno a casa sua certe spese sono affrontabili sia sotto un punto di vista economico sia sotto quello degli spazi temporali. Quando arriva un figlio, molto spesso l’ingranaggio si rompe e tante sono le donne, ad esempio, che chiedono il divorzio “perché così ho un po’ più di tempo per me”. Viene a mancare totalmente “la gestione emotiva” delle difficoltà». La nascita di un figlio, quindi, può rendere ancora più coeso e completo un rapporto che è già di per sé forte, con basi solide di amore, stima, comprensione reciproca, condivisione. Lo stesso evento, però, può mettere in grossa crisi e finire per logorare un rapporto di coppia che già vacilla. Avere un figlio è una grande “prova” per chiunque: tutti gli equilibri si spostano, cambiano le priorità.

I figli, invece, non sono stati la causa del divorzio di Chiara che si è sposata dopo la nascita della sua prima bimba. «Sono stata sposata cinque anni dopo due anni di convivenza». Un matrimonio terminato perchè «il nostro rapporto non esisteva più: vivevamo sotto lo stesso tetto ma ognuno di noi faceva una sua vita. Le colpe sono state di entrambi eppure credo che per una donna ci voglia realmente coraggio ad affrontare una separazione, per via del lavoro ma anche e sopratutto per via del contesto sociale nel quale abitiamo».

Nel 2016 tante cose son cambiate ma, purtroppo, i pregiudizi e i pettegolezzi rimangono sempre. Specie se la donna è giovane e piacente. «Separarsi rimane comunque un atto di coraggio perchè a giudicarti ci son tutti: sentirsi continuamente gli occhi addosso dalle donne è terribile, sono lame taglienti, quei sorrisi che dopo si trasformano in racconti e leggende paesane.

Mentre per gli uomini sei diventata” facile” da usare, da prendere e lasciare». Difficoltà che aumentano quando si cerca di instaurare una nuova relazione: «Non solo gli uomini che ti vedono come una facile ma, qualora, si trovasse l’uomo giusto subentrano i pregiudizi delle famiglie: difficilmente accettano a casa una separata magari con dei figli, e non vogliono essere complici di avvenimenti futuri». Così gli amici e la conseguente vita sociale, quando uscire la sera voleva significa sottoporsi al giudizio di un plotone d’esecuzione. «Quando hanno saputo della mia separazione molti di coloro che chiamavo amici sono spariti, anzi sono stati loro tra i primi a giudicarmi in malo modo. Non me ne dispiaccio ora- racconta Elena – perchè ne son venuti di nuovi e quei pochi che mi son rimasti vicini mi hanno aiutato ad affrontare il quotidiano. Ma all’inizio ho sofferto questa presa di distanza, quel tenermi in qualche maniera lontana, come se fossi un’appestata». 

Tuttavia, l’ostacolo più grande rimane quello della indipendenza economica. Sia Chiara, Elena che Antonella hanno dei figli e loro rispettivi ex mariti pagano i rispettivi assegni familiari in favore dei loro figli. Denaro che comunque non le appaga né le rende autonome. «Dopo la nascita di mia figlia non ho più lavorato. Quindi dopo il divorzio l’ ostacolo più grande per riprendere a vivere era proprio il lavoro. Trovare un lavoro che fosse compatibile con le esigenze di mia figlia. Sono stata fortunata a trovarlo dopo appena due settimane» racconta Antonella. «Mi ha aiutato molto questo perchè mi ha reso più forte: la mia vita è cambiata in meglio, mi sono sentita più appagata. Quando ero sposata ero convinta di non riuscire a mantenere me è mia figlia da sola, e l’esserci riuscita senza l’ aiuto di nessuno è un motivo d’orgoglio. Anche nella gestione economica a casa adesso va meglio: durante il matrimonio nonostante ci fossero entrate superiori non si arrivava mai tranquillamente a fine mese. Ora si». 

Non è così fortunata Chiara. «Lavoro saltuariamente attraverso contratti di pochi mesi se non di poche settimane: alle volte passa anche tanto tempo tra un lavoro e l’altro, nei ristoranti come cameriera o aiuto in cucina. Non guadagno molto però son felice, sono felice perché gestisco io la mia vita». 

Elena è una professionista, ha una partita IVA. Ha un livello di istruzione superiore alle sue “colleghe”. «Oggi, dopo anni di sacrifici, ho trovato il giusto equilibrio nella mia vita: ho sudato le proverbiali sette camice per crescere un figlio, lavorare e trovare spazio da dedicare a me stessa. Il trauma del divorzio l’ho superato grazie alla caparbietà che ci ho messo in tutto quello che ho fatto. E, se mi chiede se ora son felice, le dico di sì».

di Alessandro Corroppoli (da primonumero.it)