• 06/22/2021

Monumento nel cuore urbano che lacera il cuore

È quello ai Caduti della Grande Guerra, magari il nonno, il padre o lo zio di un nostro genitore. Per la loro collocazione nel centro abitato costituisce un ricordo continuo. 

di Francesco Manfredi-Selvaggi

22 giugno 2021

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Tanti sono i punti di osservazione dai quali guardare i Monumenti. Uno di questi è di carattere, per così dire, urbanistico. C’è disomogeneità nella collocazione dei Monumenti ai Caduti nella struttura urbanistica dei nostri comuni, ma c’è una cosa in comune nella loro sistemazione ed è che essa è sempre esterna ai centri storici. Ciò lo si spiega con un duplice ordine di motivi che esponiamo di seguito. Il primo è che all’interno dei nuclei antichi di questa parte della Penisola, quella meridionale, a differenza dell’Italia dei Comuni dove esistono le piazze (l’unica è Isernia che ne ha una, retaggio della civilizzazione romana la quale impone che nella polis vi sia sempre il foro, l’attuale piazza Mercato) non vi sono spazi aperti.

Il secondo è che, per legge, il Monumento deve essere associato al Parco o Viale delle Rimembranze i quali, sia l’uno che l’altro, si addicono alle zone extraurbane. Se nel borgo medioevale non c’è il Monumento c’è, però, una lapide posta sul muro, generalmente, del Municipio che a lungo ha continuato a stare qui, mentre il Monumento vero e proprio, il quale di norma è più tardo, è posizionato al di fuori delle mura urbiche e il caso esemplare è quello di Roccamandolfi.

Se è vero che l’espansione extramoenia si sviluppa usualmente lungo la strada di collegamento alla viabilità regionale (è un processo spontaneo indotto dalla possibilità di sfruttare un’ “opera di urbanizzazione” già presente, l’infrastruttura viaria), allora è chiaro che il Monumento ai Caduti si viene a trovare all’ingresso dell’abitato tradizionale, ancora il cuore dell’insediamento, ed è, peraltro, la “cosa” che si incontra per prima (vedi Duronia). Una diversa azione rispetto ai Monumenti per la celebrazione del patriottismo è quella della intestazione di arterie cittadine a chi ha contribuito a formare l’Italia.

La memoria non ha bisogno per forza di monumenti per potersi trasmettere, per poter raggiungere le generazioni successive e tramandarsi. Il ricordo dell’epopea risorgimentale è stato affidato qui da noi, con l’eccezione delle statue all’eroe locale Gabriele Pepe e a quello nazionale per antonomasia, meno impegnativa perché è un mezzobusto, Garibaldi (peraltro in piazza Cuoco), alla toponomastica. Vi sono sia vie, via Mazzini, sia viali, viale Elena, sia corsi, corso Vittorio Emanuele, sia piazze, piazza Cesare Battisti, dedicate a personaggi che hanno concorso alla realizzazione del Regno d’Italia (la consorte di Re Umberto è una figura di un certo rilievo per il consolidamento della monarchia).

La stessa cosa, per quanto riguarda la denominazione delle strade, è avvenuta per la Grande Guerra con arterie urbane che hanno il nome di Medaglie d’Oro, come Muricchio e Romagnoli, solo che per commemorare questa c’è anche il Monumento ai Caduti. Un intero quartiere ha le strade che si chiamano, ognuna, come le località in cui sono avvenute le principali battaglie di questo sanguinoso conflitto (Monte Nevoso, Monte Grappa, ecc.). Posti sconosciuti, qui da noi, che evocano morte anziché gloria, così come dovettero apparire ai coevi estranee quelle personalità indicate nelle targhe stradali protagoniste dell’Unità d’Italia che ebbe il pesante strascico nel brigantaggio. La commemorazione dei Caduti ha interessato tutti i borghi, ma, di certo, nel capoluogo del Molise ha un rilievo maggiore.

Campobasso ha addirittura 3 punti distinti nei quali si commemora la Grande Guerra. Il principale, o almeno quello che è più alla portata, o meglio alla vista, di tutti è l’ “obelisco” che sta nella centralissima piazza della Vittoria e, del resto, esso è l’ “oggetto” delle celebrazioni del 4 Novembre alla cui base viene deposta la corona di fiori. Esso è ben visibile non solo da vicino e non potrebbe essere altrimenti data la sua mole, ma anche da notevole distanza costituendo l’asse prospettico della maggiore arteria cittadina, il corso Vittorio Emanuele II, il “corso” per antonomasia.

È percepibile fin dal capo opposto di tale strada. Non è l’unico caso nel Molise dove il Monumento ai Caduti costituisce il fondale di un percorso urbano, sempre quello più importante, perché vi è anche S. Angelo in Grotte, paese in cui si è avuta pure una disputa in relazione all’allineamento del monumento con il tracciato viario più significativo che deve essere stato il generatore dell’insediamento. Un secondo luogo dedicato alla memoria dei soldati morti è il portico del Municipio all’interno del quale vi è la lapide con incisi i loro nomi e proprio per tale collocazione è poco visibile, a differenza di altre realtà comunali che hanno un’analoga iscrizione posta, però, sulla facciata del palazzo civico (ad es. nel fronte della ex Casa Comunale della vicina Ferrazzano).

Infine sulla Collina Monforte vi è il Viale delle Rimembranze (a Isernia è un giardino pubblico che comprende il Monumento) il quale è uno dei pochissimi casi nella regione di viale a sé stante dedicato ai Caduti, la cui meta è il Sacrario che conserva le spoglie dei militari deceduti, mentre di solito, prendi S. Giuliano del Sannio per non allontanarci troppo, il viale è integrato nella struttura urbanistica con conseguente evidenti disturbi alla meditazione sui valori patriottici. Va segnalata anche la lapide al chiuso del convitto degli studenti del Mario Pagano insigniti di medaglia.

Adesso si ritiene doveroso precisare che i Monumenti ai Caduti assomigliano più a monumenti funerari che a vessilli della vittoria, una cosa festosa. I Monumenti ai Caduti non sono assolutamente esaltazione della guerra, proprio perché sono un omaggio, in qualche modo, nel senso che compaiono pure in queste opere vittorie alate, armi e aquile (prendi Oratino) simboli guerreschi, a chi è caduto durante gli eventi bellici. Non sono neanche un’esaltazione, sic et sempliciter, pura e semplice, del patriottismo come dimostra il fatto che quando è raffigurata la Patria Essa è, di frequente (Termoli e Trivento), rappresentata nell’atto di sostenere il soldato morente, alla stregua di una madre che sorregge il proprio figlio colpito e quindi sollecita un sentimento di pietà.

Tutto ciò per dire che seppure edificati in prevalenza nell’ “era” fascista essi non sono frutto di quell’acceso nazionalismo che portò al potere Mussolini il quale si avvalse del forte sostegno dei reduci di guerra. A dimostrazione che non si tratta di celebrazioni tout court della vittoria le quali facilmente scadono nella rivendicazione di una presunta superiorità della nostra nazione, vediamo in taluni casi, uno per tutti Spinete ad opera dello scultore boianese Mario Cavaliere, che nel Monumento ai Caduti che sta presso la scuola i combattenti periti nella II Guerra Mondiale stanno elencati accanto a quelli della I e accanto, inoltre, ai dispersi nella Campagna di Russia, ai morti sul Mare Egeo nel conflitto contro la Grecia, ai caduti nella guerra di Spagna.

di Francesco Manfredi-Selvaggi

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