No guerra, no armi
“…Sono ottant’anni che penso a mio padre morto soldato nell’agosto del 1943…”
di Pasquale Di Lena (da La Fonte Feb/24)
01 Febbraio 2024
Gli ultimi dati parlano di oltre 23 mila i palestinesi morti a Gaza, la gran parte dei quali donne, bambini e ragazzi, tutte vittime innocenti come le oltre 1.400 vittime israeliane dell’attacco del 7 di ottobre scorso da parte dei terroristi di Hamas. Oltre 25 mila il totale delle vittime innocenti senza contare le vite a rischio per colpa della fame, del freddo, delle malattie, e, senza contare i soldati morti, che della guerra sono i protagonisti, spesso contro la propria volontà. Un numero impressionante di giovani e giovanissimi ai quali è stato negato il domani. Un numero impressionante anch’esso di vedove/vedovi e di orfani costretti a portare il lutto e a piangere i propri cari morti in guerra o a causa di una guerra, come quella che stiamo raccontando, che vede contro Israele e i terroristi di Hamas, con i Palestinesi non più padroni, né della loro vita e né della loro terra. 250 morti al giorno, una media di gran lunga superiore a qualsiasi altro conflitto recente: Siria (96), Sudan (51), Iran (50), Ucraina (44). Tutto grazie a un governo, quello israeliano, che parla del diritto di difendersi contro i barbari attacchi terroristici di Hamas con un vero e proprio genocidio, perché tale è il conteggio di alcune decine di migliaia di palestinesi morti. Un governo che, però, così mostra solo di amare la guerra e le armi che la sostengono ovunque c’è un conflitto in atto.
Sono ottant’anni che penso a un padre, il mio, morto soldato nell’agosto del 1943, sotto i bombardamenti della stazione di Foggia. La situazione dei miei primi due anni di vita e di quelli che hanno segnato la fine della guerra fino alla metà degli anni ’50. Io, orfano insieme con altre centinaia di orfani nella sola Larino, la mia città natale. Ricordo mia madre solo e sempre vestita di nero per tutta la vita, insieme con altre centinaia di mogli e madri vedove e migliaia di familiari. Un silenzio assordante e un vuoto coperto da bisogni primari, a partire dalla tranquillità per il domani e dalla fame. Uno zio, Primiano, padre di 4 figli, secondo fratello di mio padre, che muore dopo tre mesi nell’ospedale di Larino per una ferita, causata da una scheggia, dopo un bombardamento che ha colpito Larino. Un altro zio paterno, Eduardo, disperso in guerra di cui non si hanno notizie se non al suo rientro dai campi di prigionia, dopo quelli tedeschi, in India alla fine del 1946. Mio zio Vittorio, primo fratello di mia madre, a combattere in Russia da dove riesce, dopo la disfatta, e grazie l’ospitalità e alle cure dei contadini russi, a rientrare a piedi o con mezzi di fortuna a Larino. Un cumulo di paure e di insicurezze che, durante e dopo la fine della guerra, prendeva il posto della normalità. La distruzione di manufatti, case, strutture, strade con le armi assolute protagoniste dei disastri e delle morti.
Le armi, quasi sempre, ieri come oggi, oggetto di un vanto e mai di una vergogna, con i produttori e i trafficanti che si arricchiscono e diventano padroni assoluti delle sorti di un popolo, dell’umanità intera, se uno pensa che, solo in questo tempo, sono oltre 180 i conflitti aperti, da aggiungere a quelli che vedono belligeranti Israele e Hamas, Russia e Ucraina. Di questi produttori di morti e di distruzioni nessuno ne parla, a dimostrazione che sono i padroni assoluti delle scelte dei governi e, purtroppo, spesso anche delle opposizioni; della stessa informazione che non li nomina mai per non chiamarli con il nome più appropriato, criminali. Sono tali, sempre più assetati di sangue e appagati da morti e distruzioni, sapendo che è nelle guerre e nei conflitti, la fonte del loro denaro sporco di sangue.
Un No alla guerra ha significato se è “senza se e senza ma”, altrimenti si è consenzienti o complici e la guerra Russia – Ucraina, dichiarata da Putin, alimentata dall’America e dall’Europa con l’invio delle armi, sta a dimostrare che i vincitori già ci sono e sono sempre gli stessi, i produttori e trafficanti di armi che godono dei loro sporchi successi. Sono i padroni della finanza (banche e multinazionali) di un sistema che pensa solo a depredare e a distruggere, e così, a limitare le speranze in un mondo nuovo. che vede la pace protagonista della diffusione, a livello globale, dei valori – a partire dal rispetto – che portano l’uomo ad essere parte della natura e non un corpo estraneo nemico della stessa. La natura quale vita comune dei suoi componenti, protagonisti insieme.
(Foto: vignetta di Vauro del 2008)
di Pasquale Di Lena (da La Fonte Feb/24)