• 04/05/2024

Ordin-i classici su edifici ordin-ari

Non solo su edifici pubblici ma anche su, qualche, fabbricato privato sono presenti gli elementi linguistici dell’architettura classica. A differenza che nell’antichità colonne e trabeazioni non hanno funzioni portanti bensì semplicemente decorative

di Francesco Manfredi-Selvaggi

5 aprile 2024

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Non tutto quello che vediamo è come realmente è. È facile essere tratti in inganno, il nostro giudizio a prima vista può rivelarsi errato. Analizziamo alcuni casi concreti che dimostrano la validità di questo assunto. Il primo che abbiamo scelto, anzi i primi, un’architettura religiosa e una civile per mostrare che è un modo di fare riguardante ogni categoria di opere, è quello degli edifici ai quali sono addossate, alle loro pareti esterne, modanature derivanti dall’architettura classica. Si è detto classica, ma più precisamente architettura greca. Gli ordini architettonici dei vari stili, ionico, dorico, ecc. che si vanno “appiccicando” alle costruzioni sono nati in Grecia la quale è la patria della classicità.

I Greci impiegavano le colonne con la sovrastante trabeazione in maniera svincolata dalle murature, la muratura è assente, vedi il Partenone, a differenza di quanto facevano generalmente i Romani, vedi il Colosseo; in verità, per quanto riguarda questi ultimi si trovano eccezioni anche qui da noi, vedi la Basilica di Altilia in cui il colonnato costituisce un sistema costruttivo “autosufficiente”, senza muri complementari alle colonne quindi un modo differente all’orientamento di appoggiare le colonne ai muri. Il telaio composto da trave e colonnato è il sistema costruttivo peculiare della penisola ellenica mentre in quella italiana esso diventa complementare ai setti murari ai quali è, indissolubilmente, collegato, non è portante, più ornamentale che altro.

Una caratteristica che si presenta pure in età moderna e qui si citano, per il XIX secolo, le colonne binate con annessa trabeazione appoggiate sul prospetto della chiesa di S. Michele Arcangelo a Baranello, per i luoghi di culto e il Tribunale di Campobasso per le attrezzature collettive, in verità vi sono anche altri manufatti che rientrano in questa categoria. C’è pure una dimora signorile a Pietrabbondante ad aver applicato in facciata lesene, finte semicolonne parallelepipede, ovvero finti semipilastri se così si può dire. In tutt’e e tre le fattispecie di opere è stato impiegato l’ordine gigante (nel Molise compaiono anche il doppio ordine, cattedrale di Trivento, e quello singolo, Banca d’Italia a Campobasso).

In definitiva, concorrono a sostenere l’organismo edilizio, la quota di partecipazione maggiore è quella delle mura, le mura e le “similcolonne” ovvero “similpilastri”. È da rilevare che unicamente nel Tribunale citato il colonnato, o meglio semicolonnato per quanto detto sopra, si sviluppa pure nel prospetto laterale, il più esteso; sempre in relazione alla questione del posizionamento delle colonne, se esclusivamente sul fronte principale e non su quelli secondari, si ricorda che pure nell’anch’essa già citata Basilica di Altilia il colonnato avvolge l’edificio su più lati, non potendo stabilire per questo manufatto se sia più importante la faccia che guarda verso il decumano, l’asse viario maggiore, o il volto che mostra verso il cardo in quanto in tale direzione la Basilica si trova ad affacciare sul foro.

È bene, rimanendo un altro po’ a Saepinum, evidenziare il singolare caso del teatro che non presenta all’estradosso della murazione perimetrale di sostegno agli spalti lesene, contrariamente a quanto succede nel richiamato prima Colosseo e nel Teatro di Marcello, sempre a Roma, i due capostipiti dell’architettura per spettacoli dell’età romana e ciò avvalora il ruolo sussidiario se non ornamentale delle lesene in alcuni episodi costruttivi, qui se ne è fatto a meno; c’è una spiegazione, la si espone per completezza, a tale assenza ed è quella che l’edificio teatrale è localizzato giusto a fianco della cinta muraria, collocazione inusuale, per cui il suo retro non è visibile se non a chi percorre il camminamento che corre parallelo alla murazione urbica.

Abbiamo iniziato affrontando il tema dello stile classicista affermatosi a cavallo tra XIX e XX secolo e siamo giunti a trattare i fondamenti di questa corrente stilistica che sono da ricercare nelle architetture di un passato remoto. Tra le “fonti”, intese quali sorgenti da cui sgorga questa cultura, c’è anche l’area archeologica di Pietrabbondante. Il templio B, dedicato alla dea Vittoria, presenta alcune colonne a delimitazione del pronao e per tale aspetto è simile a quello dedicato a Giove che è nello spazio forense di Sepino ed entrambi, l’uno sannita l’altro romano, sono gli ispiratori degli atri porticati delle cattedrali dei 2 capoluoghi di provincia, che sono di un’unica mano, quella di Musenga.

Nei porticati, superfici semi-chiuse, è pressoché inutile dirlo, le colonne non possono abbinarsi alle murature e cioè è vero peraltro pure per i loggiati. I portici finora visti, sia del passato remoto sia del passato prossimo, sono compresi in luoghi di culto. Ve ne sono, comunque, pure in fabbriche civili, frutto di un revival neopalladiano. Essi sono, in genere, applicati davanti a dimore agresti come le Ville Venete; a Campobasso in via Manzoni ci si imbatte in un’eccezione a questa regola costituita da un’abitazione contemporanea che, in accordo con il suo stile neoclassico, ha un portico innanzi all’ingresso. Non vi sono rimandi alla civiltà romana per l’uso del portico all’esterno delle abitazioni private, ma solo all’interno dell’impluvium. A quel tempo le pareti che racchiudono la domus, doveva essere così anche ad Altilia, erano chiuse, a mo’ di muro di recinzione, solo in seguito si attribuirà ad esse un compito rappresentativo, di rappresentazione della famiglia, non più gens, di chi li vive.

(Foto: Cartolina con l’immagine della Banca d’Italia a Campobasso)

di Francesco Manfredi-Selvaggi

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