Padre Antonio Germano e i paradigmi della fede
Una vita passata in mezzo agli ultimi tra gli ultimi
di Umberto Berardo e don Alberto Conti
25 giugno 2020
Antonio Germano nasce a Duronia (CB), un piccolo paese del Molise centrale, alle ore 12,00 del 16 settembre 1939.
Secondo di quattro figli maschi di Michele e Vincenzina Morsella, rispettivamente impiegato comunale ed esercente attività di alimentarista, dopo le scuole elementari frequentate in loco, viene inviato per gli studi secondari in seminario su suggerimento e con l’aiuto del parroco don Alfredo Ricciuto.
Giunto al sacerdozio il 25 ottobre 1964 dopo lunghi anni di studio proficuo e una solidissima preparazione culturale e teologica, tutti, a partire dai suoi genitori, lo immaginano incamminarsi verso una promettente carriera ecclesiastica, ma Antonio Germano mette in crisi tutte le aspettative su di lui e decide di entrare tra i Saveriani per accogliere l’invito del Signore ad essere suo testimone ovunque fino ai confini della Terra.
Perfeziona i suoi studi, acquisisce la padronanza linguistica in inglese e bengalese e il 5 aprile 1977 parte per una terra mai conosciuta direttamente prima di quel giorno.
Ha già uno scopo molto chiaro: annunciare a quella popolazione il Vangelo e portarle l’amore di Gesù che necessariamente presuppone un discorso di libertà e di giustizia sociale.
Borodol e Chuknagar sono stati i centri più importanti in cui ha esercitato per quarantadue anni la sua missione, ma oggi con i suoi ottant’anni percorre come sempre centinaia di chilometri per raggiungere qualsiasi villaggio in cui c’è bisogno della sua presenza.
Nelle missioni in cui ha esercitato il suo ministero sacerdotale padre Antonio ha dato veramente tutto se stesso per le popolazioni del Bangladesh con la testimonianza di una fede autentica, ma anche con realizzazioni sul piano spirituale, culturale, economico e sociale che di sicuro hanno aiutato i bengalesi delle sue missioni a vivere in modo meno precario.
In settembre ha festeggiato il suo compleanno e il 25 ottobre 2019 il cinquantacinquesimo anniversario di sacerdozio sempre nel suo stile di persona umile che vede questi traguardi nel cammino di cristiano e di sacerdote, ma soprattutto di testimone del messaggio evangelico tra gli ultimi che per lui sono i “muci”, cioè gli esclusi, i fuori casta di cui ha voluto aggiungere al suo nome l’appellativo di “Dash” (schiavo).
Oggi si firma infatti “padre Antonio Germano Dash”.
Ogni quattro anni torna in Italia per un breve periodo di riposo e di esercizi spirituali; rimane allora immancabilmente in Molise per qualche settimana e si ferma a Duronia dove ama frequentare i luoghi della sua infanzia.
Abbiamo la fortuna di godere della sua amicizia e di essere costantemente in contatto con lui.
Se gli chiediamo se non è giunto il momento di staccare la spina dal suo impegno in Bangladesh un po’ più spesso o almeno per un periodo più lungo, padre Antonio sorride soltanto facendoci capire che stiamo ponendo un problema inesistente.
Anche quando si trova in Italia il suo impegno con la preghiera, con le relazioni alle conferenze o con la predicazione nelle parrocchie è rivolto alla condizione esistenziale dei suoi muci che non vede mai come un fatto isolato, ma parte dell’ingiustizia e della sopraffazione che i sistemi economici e politici sono capaci di creare in tante collettività nelle quali mancano i diritti fondamentali per tanti soggetti che lì vivono nella miseria e nell’oppressione.
Padre Antonio sente profondamente che il Kerygma cristiano è nel compimento delle promesse di Dio con la salvezza dal male esistente su questa Terra per opera del peccato degli esseri umani quando cercano il proprio tornaconto piuttosto che la condivisione dei beni così chiaramente proclamata da Gesù nel corso della sua vita terrena.
Questo Dio che, inascoltato dall’umanità, attraverso suo figlio morto in croce e resuscitato salva dalla schiavitù culturale degli idoli, da quella economica della fame e dalla soggezione psicologica, materiale e perfino fisica e umana è il Dio che padre Antonio annuncia ogni giorno ai bengalesi nella condizione di chi ha scelto di sentirsi uno di loro, di vivere la loro esperienza e di assumere collettivamente coscienza della necessità di rifiutare quella condizione di degrado umano con l’impegno a liberare quell’umanità offesa per ridarle dignità e diritti.
Sicuramente avere come amico un testimone così grande dell’amore per il prossimo ci riempie di gioia e di orgoglio ed è per noi l’occasione per riflettere a ciò che possiamo fare per gli altri e che spesso non facciamo per egoismo, pigrizia o disattenzione.
Grazie ad uomini come padre Germano, però, questa responsabilità da assumere l’abbiamo fatta nostra, perché ci siamo almeno impegnati a tenere un contatto costante con lui e ad aiutarlo nelle sue necessità.
L’attenzione e la disponibilità verso l’operato di un uomo giusto che da quarantadue anni si spende per gli altri con amore è l’atteggiamento minimo che possiamo avere come cristiani.
Duronia, piccolo paese della provincia di Campobasso, ha tanti suoi cittadini che in Italia e in giro per il mondo rendono onore al proprio paese di origine.
Siamo sicuri che essi ci perdoneranno tutti se affermiamo che senza ombra di dubbio Padre Antonio Germano è il figlio più illustre di questo piccolo borgo molisano.
Con lui taluni molisani residenti ed emigrati sono in contatto via mail o su Facebook e cercano di essergli vicini con la preghiera, l’affetto e il sostegno economico alle sue attività.
Padre Antonio non è solo un cristiano con una fede profonda, ma è davvero un testimone credibile del messaggio evangelico.
In questi suoi lunghi anni di missione in Bangladesh ha inviato numerosi e ricchissimi scritti di testimonianza di vita, di documentazione della sua attività, ma anche di profonda riflessione teologica.
Ha curato tra l’altro una bellissima raccolta di fiabe bengalesi di cui solo alcune sono state pubblicate dalle Edizioni Dehoniane.
La Caritas diocesana di Trivento, con la quale padre Antonio ha sempre avuto una relazione molto intensa sul piano spirituale ed umano, continua a sostenerne l’impegno missionario aiutandolo nella realizzazione dei suoi tanti progetti in Bangladesh.
All’indirizzo caritastrivento.it è possibile leggere tutti i suoi scritti inviati al direttore della stessa Caritas don Alberto Conti.
Ora il suo amico Alfredo Poma con lo pseudonimo Dino Kaka ha curato il suo epistolario leggibile su https://issuu.com/munda.education.centre.bd/docs/epistolario
Leggere questa sua corrispondenza sarà davvero per tutti grande un arricchimento.
(Nella foto: insieme al papà Michele ed ai fratelli Mario, Domenico e Giovanni la sera prima della partenza per il Bangladesh – Aprile 1977)
di Umberto Berardo e don Alberto Conti