• 06/09/2021

Pensiero unico ed eresia

Si fa strada oggi sempre più l’idea di una ricerca aperta, della libertà di pensiero e della necessità di comparazione tra i diversi modi di concepire la vita e la realtà

di Umberto Berardo

9 giugno 2021

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Il tentativo d’imporre nella comunità degli esseri umani forme di pensiero unico o dominante è antico come il mondo.
Il patriarcato, il maschilismo, l’imperialismo, il colonialismo, lo schiavismo, la xenofobia, l’emarginazione o addirittura la condanna del diverso e tutte le forme di ideologie non aperte alla libertà, l’idea della necessità di perseguitare e perfino sterminare i non allineati con le idee e i sistemi di vita prevalenti sono forme di affermazione e di controllo autoritario del potere culturale, politico e sociale su chiunque abbia provato nel corso della storia ad opporsi a chi lo gestiva.
Sappiamo che in quella che definiamo civiltà umana ciò che chiamiamo ortodossia come conformità, stretta adesione alle regole o ai principî di una scienza, di una religione, di una corrente filosofica, di un partito, di una scuola di pensiero nel campo dottrinale, politico, sociale, artistico spesso si è affermata come dittatura della maggioranza o peggio ancora di ristrette minoranze.
Tale situazione è stata la norma nei sistemi assolutisti o dittatoriali, ma non manca neppure in quelle che si potrebbero chiamare le democrazie del plebiscito o nelle pseudo democrazie la cui involuzione spesso le trasforma piuttosto in oligarchie o plutocrazie mascherate.
In realtà ogni forma di pensiero che esclude la libertà o la possibilità di scelta sul piano della ricerca della verità ponendola in relazione alla coscienza interiore ed allo spirito critico tende ad escludere quanto di più bello ci sia negli esseri umani ovvero la ragione, il discernimento e la scelta.
Noi siamo abituati a definire eretico in genere soprattutto chi dissente da una dottrina, da una religione, da un’ideologia o da una concezione comunemente accettata.
In realtà il lemma “eresia”, derivante dal latino haerĕsis e prima ancora dal greco αἵρεσις, significa propriamente “scelta”.
Mentre nella prima accezione ha avuto sempre un significato negativo, nella seconda ne assume uno estremamente positivo legato a chi non è disposto a lasciare a nessuno il monopolio della verità per piantarne le radici nella coscienza di ognuno e nella capacità di un confronto umile, ma libero e slegato da ogni imposizione.
Presso le civiltà precristiane il termine in effetti non aveva un’accezione denigratoria, anche se non possiamo dimenticare che è stato Socrate l’archetipo degli eretici di ogni epoca nell’Atene del V secolo a.C., condannato a morte nel 399 a. C. e costretto perciò a bere la cicuta con l’accusa di empietà e di corruzione dei giovani perché, come scrive Hegel, insegnava che la verità va riposta nelle decisioni che riguardano la coscienza interiore.
Nel Cristianesimo il termine eresia come deviazione spregiativa e condannabile compare negli Atti degli Apostoli e si accentua nel I secolo d. C. già con l’apologeta Giustino con l’invito a combattere le deviazioni dottrinali.
Tra le prime vittime ci fu Ipazia, filosofa neo-platonica, matematica ed astronoma che nel marzo del 415 d. C. pagò ad Alessandria d’Egitto con una morte atroce per la sua libertà di pensiero nell’ambito del conflitto di potere tra il vescovo Cirillo ed il prefetto Oreste accusata tra l’altro di essere una delle cause di quello scontro.
Con Sant’Agostino, ma soprattutto con il Concilio di Nicea del 325 d. C. si arrivò poi ad un decreto dell’imperatore Costantino che condannava tutte le dottrine eretiche.
Sia pure nelle distinzioni tra eresia, scisma, teoria e pratica, nel corso dei secoli la condanna da parte della Chiesa Cattolica dei movimenti eretici è stata radicale e molto spesso violenta iniziando da Gnostici ed Ariani per giungere nel basso Medioevo ai Valdesi ed ai Catari, sterminati questi ultimi in numero di duecento sul rogo ad Albi da papa Innocenzo III nel 1244.
Nella Firenze dei Medici nel 1497, per decisione di papa Alessandro VI, fu impiccato e bruciato sul rogo il monaco e predicatore Girolamo Savonarola che accusava appunto i Medici di aver sedotto con opere di bellezza il popolo togliendo ogni forma di libertà e sosteneva che quando i potenti diventano lo specchio dell’ingiustizia vanno ostacolati ed ignorati.
Forse la frattura più grande sul piano religioso si ebbe nel XVI secolo quando prese vita la cosiddetta Riforma protestante con Lutero e Calvino, ma anche con pensatori rivoluzionari come Thomas Müntzer e i filosofi Giordano Bruno e Tommaso Campanella.
Terribile è stata la persecuzione delle streghe da parte della Chiesa Cattolica e Protestante che le associavano volutamente all’eresia condannandole al rogo come pericoli per la società spesso per controllare sistemi di vita ritenuti inaccettabili, rivolte contadine o richieste di maggiore libertà.
Sicuramente è difficile comprendere questo atteggiamento vessatorio in una Chiesa che essa stessa aveva manifestato radicali differenziazioni dall’Ebraismo ed era stata perseguitata per aver sovvertito tantissimi principi fondanti della civiltà greca e dell’impero romano.
Prima con la Congregazione della Sacra Romana e Universale Inquisizione e poi con quella della Dottrina della Fede la Chiesa Cattolica ha individuato coloro che vengono considerati colpevoli di eresia o di scisma.
Abbastanza neutra la posizione tenuta nei confronti dei seguaci del Cristianesimo anarchico di Lev Tolstoj e della Teologia della Liberazione, un complesso pensiero ideologico, politico e teologico nato nel 1968 a Medellín in Colombia durante la riunione del Consiglio Episcopale Latinoamericano.
Oggi si è giunti paradossalmente da parte di un gruppo di cattolici, capitanati dal cardinale statunitense Raymond Leo Burke e dall’arcivescovo Carlo Maria Viganò, ad accusare di eresia addirittura papa Francesco.
Nel Cattolicesimo il fenomeno è sicuramente più accentuato, ma i movimenti eretici sono presenti in genere in tutte le religioni ad eccezione forse dell’Islam dove è nato il Sufismo, un movimento che pone al centro della fede l’amore per Dio e per il creato opponendosi ad ogni tipo di gerarchia tra le religioni ed all’interno di ciascuna.
È certo che la nascita di movimenti eretici di tipo religioso va sicuramente fatta risalire al fatto che l’interpretazione dei fondamenti dei messaggi contenuti nei libri sacri è stata sempre propria di un’élite gerarchica e non ha visto mai un confronto teologico allargato.
Molti i volumi disponibili su questo aspetto dell’eresia tra i quali stimolante può essere la lettura di “Eretici, dissidenti, inquisitori. Per un dizionario storico mediterraneo” curato da Luca Al Sabbagh, Daniele Santarelli e Domizia Weber per Aracne Editrice 2016.
Come sul piano religioso, esiste un pensiero eretico anche a livello laico capace di esprimere dissenso, come accennavamo sopra, rispetto alle opinioni predominanti di tipo scientifico, filosofico, letterario, artistico, economico, politico e sociale.
Per avere una visione approfondita di tale forma di eresia è interessante la lettura di un recente saggio davvero stimolante di Tomaso Montanari per i tipi di Paper FIRST dal titolo “ERETICI” nel quale l’autore cerca di cogliere gli elementi essenziali del pensiero eretico del mondo culturale, artistico, storico e politico.
Faccio solo rilevare molto umilmente che tra le figure individuate dall’autore sarebbero sicuramente da aggiungere grandi personalità quali ad esempio Galileo, Jean Jacques Rousseau, Karl Heinrich Marx, Lev Tolstoj, Mohāndās Karamchand Gāndhī, Ernesto Guevara, Pier Paolo Pasolini ed ovviamente tanti altri che hanno cercato sempre di difendere ed affermare i concetti di libertà, uguaglianza, democrazia e giustizia sociale nel più dei casi sempre sconfitti e perdenti rispetto al pensiero dominante.
Montanari vede gli eretici di cui si occupa nel volume come i tanti non allineati che, spesso a costo della stessa vita, hanno cercato il costituirsi di una libertà religiosa, etica e intellettuale in grado di garantire il rispetto dell’indipendenza di pensiero di fronte al totem del dio denaro, della ricchezza, della proprietà e del possesso in un’economia per la quale i beni del creato sono solo in funzione dell’arricchimento di una minoranza della popolazione mondiale e non qualcosa di cui siamo custodi per le nuove generazioni.
Sicuramente ha ragione Gilbert Keith Chesterton in “L’Uomo Comune – La Nonna del Drago ed altre serissime storie” a chiedere anche all’eretico l’apertura mentale per confrontarsi con rispetto ed umiltà quando scrive “L’eretico, che è anche sempre fanatico, non è colui che ama troppo la verità; nessuno può amare troppo la verità. Eretico è colui che ama la propria verità più della verità stessa. Preferisce alla verità intera scoperta dell’umanità la mezza verità che ha scoperto lui stesso. Non gli piace veder finire il suo piccolo, prezioso paradosso, che si regge solo coll’appoggio di una ventina di truismi, nel mucchio della sapienza di tutto il mondo”.
È il concetto della reciprocità di rispetto in ogni forma di confronto.
Si fa strada oggi sempre più l’idea di una ricerca aperta, della libertà di pensiero e della necessità di comparazione tra i diversi modi di concepire la vita e la realtà.
Invitando contestualmente all’umiltà così affermava ad esempio don Luigi Ciotti il 10/05/2014 in un suo intervento al Congresso di Slow Food Italia “Vi auguro di essere eretici perché eresia dal greco significa scelta. Eretico è la persona che sceglie. L’eretico è colui che più della verità ama la ricerca della verità. L’eresia dei fatti prima di quella delle parole. L’eresia che sta nell’etica prima che nei discorsi. L’eresia della coerenza, del coraggio, della gratuità, della responsabilità, dell’impegno. Oggi è eretico chi mette la propria libertà al servizio degli altri, chi impegna la propria libertà per chi ancora libero non è. Eretico è colui che non si accontenta dei saperi di seconda mano, chi studia chi approfondisce chi si mette in gioco in quello che fa chi crede che solo nel “noi” l’”io” possa trovare una realizzazione. Chi si ribella al sonno delle coscienze, chi non si rassegna alle ingiustizie, chi non pensa che la povertà sia una fatalità. Chi non cede alla tentazione del cinismo e dell’indifferenza che sono le malattie spirituali della nostra epoca.”
È il concetto di eresia come libertà intellettuale ed etica nel pensiero e negli stili di vita.

di Umberto Berardo

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