• 07/06/2016

Pescopennataro

Se d’estate si percorre la strada che da Pescopennataro porta all’Eremo di S. Luca si può constatare come essa si inoltri in un mondo di particolare bellezza naturale. Già il sito di partenza di questo percorso desta in noi meraviglia:  Pescopennataro, si presenta con tutto il fascino delle sue grandi e frastagliate “rocce”, che con la loro maestà e bellezza  attraggono, incutendo suggestione e rispetto.

La visione di Pescopennataro  apre alla letizia, ma il suo cimitero, che è lì a sinistra poco dopo l’inizio della via che porta a S. Luca,  dalla sommità della sua alta gradinata, pare  che voglia solennemente ricordarci la precarietà anche delle nostre gioie paesaggistiche e il valore di saperle, proprio per questo, profondamente godere. Ma l’animo subito si risolleva completamente alla vita quanto più ci inoltriamo con questa strada verso un mondo silvestre che si vede sempre più davanti a noi e che ci attrae.

Lungo la via, dopo un monumento a Padre Pio, si intravedono sfilare a sinistra sculture di pietra, che vogliono artisticamente attestare l’antica tradizione degli scalpellini di Pescopennataro, che hanno dato lustro a questo paese.

Poco dopo, sempre in quest’area alquanto pianeggiante e  non ancora del tutto invasa dalla vegetazione, c’è la presenza umana e stabile di chi ha creduto in questo sito e nelle sue possibilità turistiche. A monte della strada c’è l’Ostello-Ristoro Montagna Amica, il cui bel nome predispone l’animo a soggiornarvi per trovare a contatto della natura il rinvigorimento fisico e la pace. L’ampio edificio presenta un tipo di alloggio e di attività, che con intento professionale invoglia il turista di ogni età  a una esperienza educativa di immersione nella attraente e salubre natura della montagna. Colpisce poi il fatto che sulla porta di ogni singola camera di questo particolare ritrovo c’ è scritto a denominarla un nome inerente al mondo botanico e zoologico dell’area circostante. Un tempo in questo edificio, non ancora restaurato, si svolgeva d’estate la “Colonia” dei ragazzi dell’Azione Cattolica, un’esperienza di vita per essi edificante a contatto con un mondo silvestre isolato tra i monti, della quale molti conservano un nostalgico ricordo.

A valle della strada poi c’è un’altra interessante presenza turistica, cioè  il Parco Attrezzato L’ Abete Bianco, che, con spirito intraprendente,  è pronto a ospitare quanti  cercano il ristoro del corpo e la gioia spirituale nell’incanto della natura. Ciò che colpisce di questo Parco sono le varie e auspicate attività turistiche che esso presenta sia d’estate che d’ inverno, per soddisfare le esigenze varie dei villeggianti. E’ bene anche menzionare l’organizzazione de “La festa della montagna”, un modo per coinvolgere i turisti a fare esperienze di vita tra monti e boschi.

Poi la strada comincia a salire e sempre più  si inoltra  in un mare intenso di  verde. L’ombra copre la rotabile. Talvolta chiazze di sole compaiono su di essa. Ma se si guarda, ai suoi lati, l’interno del bosco, si nota come tra gli alberi secolari l’ombra si infittisce e al sole si permette soltanto il passaggio di quei pochi raggi, che rendono più invitante la frescura. L’occhieggiare della luce del sole tra le fitte e oscure foglie spesso rende l’ambiente scintillante e prezioso. Si ha la sensazione di ritrovarsi nel regno degli alberi. E in questa atmosfera di contemplazione silvestre a un tratto appare “La fonte della gallina”, ove anche l’acqua sorgiva di un’insolita freddezza, sgorgando da una cannella, viene in aiuto all’agognata ricerca estiva di tutto ciò che può rinfrescare e ristorare.  Quando abbiamo la percezione, sempre più salendo, di ritrovarci in una lunga e insolita sinfonia silvestre e si prova nell’intimo il piacere di indugiare e di abbandonarsi fiduciosamente al suo ascolto, ecco che a d’un tratto compare in una curva l’atteso Eremo  di S. Luca, intestato al dotto evangelista. Qui è la fine solenne della strada percorsa, ove fermandoci si possono ammirare  le attrattive paesaggistiche che l’Eremo presenta.

Siamo nel cuore del bosco, dove c’è un vero e proprio trionfo della roccia. Sulla sommità di questa è adagiato un lembo del  bosco di  Prato Gentile, località cara ai Capracottesi. Per meglio comprendere la bellezza dell’Eremo di S. Luca è bene cominciare a  visitare la grotta, sita lì lungo la strada. L’ interno è costituito dall’incavo della roccia, mentre le pareti esterne sono state erette in pietra o in legno dall’uomo. Essa è formata da due ambienti con porte d’ingresso separate: il primo serviva ad abitazione, il secondo come cappella per pregare, munita di un altare con il quadro del Santo.

La grotta è una piccola parte incastonata alla base di un’alta  parete di pietra, che la sovrasta  e che continua, se la si  fiancheggia più avanti, a manifestare solennemente tutta la sua alta e scoscesa bellezza. Lasciando la strada e costeggiando la roccia si incontra subito la chiesetta di S. Luca, certamente costruita perché era insufficiente per i fedeli lo spazio della cappella della grotta. Collocata com’è sotto lo sperone roccioso, questa chiesetta  esprime una particolare attrazione, quasi un invito a riconoscere umilmente la religiosità nella magia estetica del luogo. La gente di Pescopennataro viene qui devotamente ogni anno il 10 settembre a prendere il quadro di S. Luca per recarlo in processione nel paese per poi riportarlo, sempre a piedi,  nell’Eremo il 18 ottobre.  E tutto ciò accade lungo la comoda rotabile da noi prima attraversata.  Eppure un tempo si veniva in quest’Eremo in processione sotto gli alberi, attraversando un disagevole ma suggestivo sentiero nel bosco, ancor oggi praticabile. 

Ma il vero fascino dell’Eremo si scopre soprattutto più in là dietro la chiesetta, quando si percorre il tratto finale  della base concava dell’ alta parete di pietra sino al punto in cui non si può andare più avanti. In questo luogo, se sulla sinistra c’è la protezione e la bellezza dell’elevata roccia scoscesa, sulla cui prominente base petrosa con sicurezza si può camminare, sulla destra invece c’è il rischio d’un lungo precipizio unitamente all’incanto del festoso bosco sottostante e del panorama che va al di là di esso. 

Il paesaggio che si snoda davanti e a destra del nostro sguardo è incantevole. Un’ ampia, straordinaria distesa di cime di alberi è ai nostri piedi. Protagonisti sono anzitutto gli abeti bianchi, alberi rari a trovarsi e che costituiscono l’attrattiva fondamentale di questa zona. Sono detti anche soprani perché con i loro lunghi tronchi e le loro larghe chiome  vivono dall’ alto come re e dominano ogni altra creatura silvestre del bosco, come il faggio o l’acero. Questi abeti  rendono  l’aria così ossigenata da farci avvertire il sollievo e il piacere del respiro. Ma sotto questo ampio e nascosto mare di verde c’è una vita che non vediamo: vi sono scoiattoli, donnole,  volpi,  e tante altre creature che da qui ignoriamo. Davanti a noi, al di là della vasta e silente distesa della cima del  bosco, che invita alla pace,  si scorge Pescopennataro con i suoi picchi rocciosi, poi a fianco e al di là di essa la lunga e ampia vallata del Sangro.

La visione dall’alto della bellezza, che l’Eremo di S. Luca ci dona, apre il nostro animo alla contemplazione. Ci sentiamo per così dire all’improvviso cittadini del Cielo e sorge in noi il desiderio di ringraziare e pregare l’ Artefice di questa meraviglia.

S. Luca non è però un luogo in cui la bellezza è così intensa da indurre all’estasi, come talvolta accade. Tuttavia anche qui ha folgorato il Signore, lasciando una scia del suo splendore. Sorge pure qui il desiderio di considerare la sacralità del sito, degno di essere riosservato e amato. L’esigenza di vivere continuamente la bellezza e di sentirsi sempre vicini a Dio ha fatto sì che nei  luoghi incantevoli della natura sorgessero eremi e sacre costruzioni. E nella contemplazione del paesaggio, nella beata pace che ne consegue e nella gratitudine per la letizia che ciò comporta ci sentiamo completamente nelle mani sante del Creatore. In quelle sue mani accostate, concave e amorose ove ci sembra di stare e di sentirci dolcemente cullare, se immedesimiamo il nostro spirito  nella  meraviglia dell’Eremo, quasi anticipazione di una futura salvezza.

di Remo de Ciocchis (Molisano di Agnone, Professore, cultore della sua terra, oggetto costante dei suoi scritti, racconti, libri, prodotti con dedizione e amore)

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