PNRR: il contrario della visione
L’importanza della visione e la miseria dei soldi
di Rossano Pazzagli (da nautilusrivista.it)
9 Gennaio 2024
Il PNRR è il piano nazionale di ripresa e resilienza con il quale l’Italia gestisce i fondi europei della Next Generation Eu, quasi 200 miliardi di euro. Tanti soldi da spendere in fretta (entro il 2026). Già i concetti di “ripresa” e di “resilienza” non lasciano ben sperare per un effettivo mutamento di rotta: ripresa vuol dire tornare a quel che c’era prima; resilienza significa capacità di subire un cambiamento senza rompersi. Dunque nessuna trasformazione del sistema economico e sociale vigente, ma piuttosto la sua conservazione. Nessuna visione alternativa, insomma.
Basta guardare ai territori per accorgersi che in gran parte dei casi il ciclone PNRR ha spazzato via anni di pratica pianificatoria, di riletture territoriali, di faticosi accordi tra comuni, di protagonismo delle comunità locali. Un ciclone dall’alto, all’insegna del “tanti soldi e subito”, distribuiti secondo la logica dei bandi competitivi che sta seminando disgregazione al posto della coesione, concorrenza al posto della cooperazione. Il PNRR si è presentato come ricco, veloce, tendenzialmente dispari e mirante più al progetto che alla strategia; il che equivale a un’assenza di visione. L’obiettivo contingente della spesa si è sostituito a quello strategico della rigenerazione dei territori, delle vaste campagne e dei numerosi paesi resi marginali da un modello di sviluppo e di organizzazione dei servizi polarizzante, applicato a un Paese come l’Italia che è storicamente e strutturalmente policentrico.
Una intera stagione di sperimentazione – quella dal 2014 al 2020, nella quale si erano cercate nuove relazioni orizzontali tra Comuni, tra istituzioni locali e società, tra saperi esperti e contestuali – è stata vanifica e gettata alle ortiche. Si era tentato di farlo con la cosiddetta SNAI (Strategia Nazionale per le Aree Interne). In certi casi perfino le Università si erano lodevolmente messe al servizio dei territori, reinterrogandosi sul loro ruolo tra missione globale e incidenza locale, ora anche loro, come tutti, pensano soprattutto ad accaparrarsi fette più ampie possibile della appetibile torta del PNRR, finendo per dimenticarsi di nuovo del territorio.
Dopo essere stata resa lenta e vischiosa dalle burocrazie ministeriali e regionali, la SNAI è stata quindi inghiottita dal PNRR, che ne ha mortificato il metodo e surclassato l’entità. Rispetto alla SNAI, il PNRR con la scusa della velocizzazione della spesa ha perfino impresso alle procedure una torsione antidemocratica, in vari casi eludendo anche i vincoli ambientali e le regole della partecipazione.
La politica è tornata a “guardare altrove”, lontano dal riconoscimento delle specificità locali e del paziente lavoro di costruzione di strategie locali e di interventi disegnati su misura per i singoli territori; e aveva ragione chi, a suo tempo, definì il bando borghi del PNRR “una lotteria”. Il risultato di una lotteria è casuale, quando va bene, sennò può essere addirittura negativo.
Non è così che si riducono i divari tra i territori, che si attenuano le condizioni di disagio dei paesi e delle campagne dell’Italia interna. La competizione scatenata dai bandi e la fretta di spendere le risorse finanziare all’insegna del “sennò perdiamo i fondi” – come se spendere soldi fosse comunque un bene – porterà (già sta portando) a un aumento delle disparità territoriali, che inevitabilmente si trasformano in disuguaglianze sociali. Crescerà la distanza tra chi è già avanti e chi è rimasto indietro, tra chi è in vista e chi non lo è. Sono tutti buoni a premiare i migliori, mentre la logica dovrebbe essere quella di aiutare chi è indietro. Bisognerebbe cancellare dal vocabolario la parola “eccellenza” che quasi sempre equivale a un allargamento delle differenze: puntare a qualche eccellenza è il contrario della crescita complessiva del sistema (i sistemi locali dei servizi, del territorio, dell’economia, dell’accoglienza, ecc.). Ormai si è presi soprattutto dalla necessità di spendere e di spendere presto, più che dalla elaborazione di una vera e propria strategia di intervento, da un programma calato dall’alto piuttosto che da una pianificazione partecipata dal basso, di fatto smentendo e rendendo così meno credibile l’impegno profuso con la SNAI negli ultimi anni in decine di aree italiane, perdendo anche le competenze accumulate e scoraggiando le iniziative locali di rigenerazione territoriale.
Come si può reagire a questa situazione? Ripartendo dal basso e senza soldi, favorendo la partecipazione su strategie e programmi di rigenerazione socio-territoriale definiti a livello di aree omogenee, non tanto grandi, mettendo insieme sindaci, comuni, associazioni locali, ricreando fiducia e rispettando la natura, anteponendo al capitale finanziario il capitale sociale e ambientale di cui sono ancora ricche le aree interne italiane. Soprattutto ridando priorità alla visione, una visione condivisa e definita insieme alle comunità locali, nella consapevolezza che le soluzioni ai problemi principali del nostro tempo (da quelli ambientali alle disuguaglianze, dalla guerra all’arretramento dei diritti) non possono essere tecniche né economiche, ma innanzitutto filosofiche. C’è bisogno di una visione, prima di tutto. Solo da essa potrà discendere una strategia e quindi, infine, i progetti, cioè le azioni. Invece con il PNRR (e non solo) si continua ad andare alla rovescia: programmazione senza partecipazione e progetti senza visione. essa potrà discendere una strategia e quindi, infine, i progetti, cioè le azioni. Invece con il PNRR (e non solo) si continua ad andare alla rovescia: programmazione senza partecipazione e progetti senza visione.
di Rossano Pazzagli (da nautilusrivista.it)