• 01/07/2025

Privato e pubblico

La pubblicizzazione per i beni culturali è più conveniente della privatizzazione

di Francesco Manfredi Selvaggi

7 Gennaio 2025

Back

I privati sono proprietari di una parte consistente del nostro patrimonio storico, dai palazzi nobiliari ai mulini agli opifici paleoindustriali. Non sempre possono garantire la conservazione in modo adeguato. Il pubblico ha immobili di maggior pregio di cui occuparsi per cui non riesce a intervenire finanziariamente per il recupero di manufatti in possesso di privati cittadini.

Di castelli che sono diventati abitazioni private nel Molise ve ne sono molti, da quello di Pettoranello a quella di S. Agapito, da quello di Trivento a quello di Torella, da quello di Cercepiccola a quello di Bonefro, da quello di Casacalenda a quello di Macchia d’Isernia e l’elencazione potrebbe continuare a lungo. Solitamente appartengono a più proprietari, vedi quello di Limosano, ma vi sono casi, quello di Cerro al Volturno, in cui la proprietà è di un’unica famiglia. Diversamente da quanto ci sarebbe da aspettarsi rare sono le strutture castellane in possesso dei Comuni, le più importanti sono quelle di Campobasso e di Monteroduni, quest’ultima un’acquisizione recente.

I castelli sono notoriamente “cose di interesse storico” per cui sono vincolati ope legis qualora siano di enti pubblici, mentre se privati occorre la procedura di notifica del vincolo per portare a conoscenza dei possessori dell’iscrizione del loro immobile nell’elenco dei beni tutelati. Dal momento dell’avvenuto riconoscimento del valore culturale da parte della soprintendenza scattano oneri e onori. Tra i secondi vi è innanzitutto la possibilità, un sostegno “diretto”, di ricevere un contributo statale per i lavori da eseguirsi e un sostegno “indiretto” che consiste in benefici fiscali quale quello dell’esenzione di alcune imposte nelle operazioni di mantenimento del manufatto.

Tra i primi vi sono l’obbligo di sottoporre al parere soprintendile qualsiasi modifica che si intende apportare all’organismo architettonico e, ma adesso il verso essere va coniugato non più all’indicativo bensì al condizionale perché è una condizione quella che si sta per esporre, la stipula di una convenzione con l’organo ministeriale preposto che si sarebbe tenuti ad accettare per permettere l’accesso di visitatori all’interno del maniero, un fastidio non da poco. Ritornando ai vantaggi economici tra i quali vi è l’abolizione dell’IVA per i lavori di restauro da eseguirsi è bene segnalare il pericolo, che però qui da noi non si è mai corso, che il proprietario rinunzi a fare la manutenzione ordinaria in quanto solo per quella straordinaria la quale viene assimilata al restauro non occorre corrispondere l’IVA.

Oltre ai castelli sono compresi nel patrimonio culturale di proprietà privati tutelato anche numerosi palazzotti signorili ottocenteschi come il palazzo Volpe a Boiano o il palazzo Selvaggi a Vastogirardi, il palazzo Gioia a S. Massimo è invece della parrocchia; mancano nel Molise invece i locali commerciali d’epoca, le botteghe di artigianato tradizionale o gli studi d’artisti (dello studio d’arte di Emilio Labbate scultore carovillense del XIX secolo si sa il vano in cui era ubicato dove, però, non ci sono più gli attrezzi adoperati dal maestro). L’ammodernamento dei negozi, delle barberie, delle sartorie, dei laboratori artigianali ha portato alla cancellazione dei vecchi arredi e per gli ultimi degli strumenti di lavoro di un tempo.

Concorre alla perdita delle tipiche attività del passato la trasformazione dell’economia, prendi il commercio minuto sopraffatto dalla grande distribuzione. Le farmacie, rimaste intatte come arredamento, del tempo che fu sono soggette a furti del mobilio e del vasellame di pregio che conteneva i farmaci. Sono in mano privata evidentemente i mulini tipici che numerosi costellano i corsi d’acqua i quali al giorno d’oggi non producono alcuna utilità economica per cui non vi sono incentivi che tengano capaci di invogliare alla loro conservazione, l’unica via da perseguire è, pertanto perlomeno degli esemplari più significativi, si pensi al mulino Corona a Baranello, l’acquisizione da parte di qualche ente.

Il mulino Giacchi a Sepino con il lungo canale di adduzione dell’acqua sorretto da arcate in pietra a mo’ di acquedotto romano per un periodo, limitato, è stato riattivato da un mugnaio di Matrice a scopo dimostrativo dell’industria molitoria antica, senza avere la pretesa di produrre reddito dallo stesso. Vi è, poi, il capitolo dell’archeologia industriale con gli opifici, ovviamente privati, ormai abbondantemente obsoleti, che sono destinati ad andare in malore come è avvenuto purtroppo per il lanificio Martino a Sepino. Unicamente l’ente pubblico si può accollare le spese per il recupero degli stabilimenti della protoindustria e, del resto, le società paleoindustriali che li gestivano sono ormai disciolte: a Cantalupo la regione ha finanziato la “ricostruzione” di una bellissima fabbrica di laterizi.

Privati, si avverte stiamo per parlare di grandi compagnie private nate come tali o in corso di privatizzazione, sono inoltre il palazzo delle Poste nel centro del capoluogo regionale la cui architettura è informata agli stilemi dell’ecclettismo storicistico e la sede di Banca Intesa già Banco di Napoli, anch’esso centrale a Campobasso la quale è in stile razionalista; queste società private hanno i mezzi finanziari per garantire la conservazione ai propri stabili. Si è appena nominata la parola banca e allora vengono in mente le meritorie iniziative della Banca Popolare del Molise a sostegno della divulgazione culturale con la stampa del volume di A. Trombetta sull’Arte Medievale nostrana, rilevando altresì che per i propri uffici aveva optato non per un immobile antico bensì per un edificio moderno progettato da P. Portoghesi.

(Foto: F. Morgillo – Immagini dei centri storici di Agnone e Ripalimosani)

di Francesco Manfredi Selvaggi

7 Gennaio 2025

Back