• 04/15/2025

Restauri fatti per aggiunte e sottrazioni

Sono state fatte aggiunte quando gli spazi interni dell’edificio sono stati ritenuti insufficienti allo svolgimento della funzione cui esso è destinato, sottrazioni quando si è inteso “liberare” il monumento da corpi sovrapposti

di Francesco Manfredi Selvaggi

15 Aprile 2025

 

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Aggiunte sono state fatte quando gli spazi interni dell’edificio sono stati ritenuti insufficienti allo svolgimento della funzione cui esso è destinato, prendi il Municipio di Campobasso, sottrazione quando si è inteso “liberare” il monumento da corpi sovrapposti come è accaduto per la chiesa di S. Mercurio sempre nel capoluogo regionale 

Le tematiche del restauro sono tante, qui ci limitiamo a vederne alcune. La prima è quella dell’aggiunta o, viceversa, della sottrazione di parti al bene architettonico. È aggiungere quello che si fa quando si affiancano all’immobile scale metalliche ai fini della prevenzione incendi; ciò è quanto si intendeva fare in un fronte secondario che volge sul giardino al Museo della Fauna Appenninica di Castelsanvincenzo, un edificio tradizionale, e poi non è stato fatto. È un corpo, anche se minimo, aggiunto la rampa che si deve affiancare al supermercato allorché esso sia rialzato da terra per il superamento delle barriere architettoniche, un’altra normativa recente come quella sull’antincendio; ben riuscito è lo “scivolo” realizzato all’entrata del Tribunale di Campobasso con la sua bella balaustra in pietra istoriata.

Sono disposizioni cogenti entrambe al cui rispetto si devono piegare le esigenze di conservazione dell’integrità dell’architettura e anche del paesaggio urbano a volte, qualora non si riesca a minimizzarne la visibilità, collocando rampe o scalinate sul retro dello stabile. Va, comunque, considerato per tranquillizzare i “puristi” della tutela che si tratta, di nuovo rampe o scalinate, di manufatti facilmente rimovibili e la possibilità di rimozione è uno dei principi del restauro. Di minore impatto ma di una certa difficoltà di gestione trattandosi di un macchinario è il servoscala apposto all’esterno della sala convegni ricavata nel sottotetto della chiesa del Beato Stefano a Riccia per superare i gradini di una gradinata urbana.

Una simile attrezzatura è ricoverata, quando non è in funzione, in uno stipo ricavato nel basamento della chiesa di S. Leonardo di Campobasso. Quando è stato possibile, è il caso della chiesa di S. Silvestro a Civitanova, si è installato un ascensore in un vano del piano terraneo che permette ai disabili di raggiungere dalla strada il piano della chiesa. È bene precisare che se gli ausili per i portatori di handicap possono essere collocati all’interno di un fabbricato le scale antincendio devono stare necessariamente all’esterno. Un diverso tipo di aggiunta è quello connesso al bisogno di ingrandimento del volume esistente che può verificarsi in un edificio a uso pubblico; nel capoluogo regionale ne sono stati interessati il Municipio con un allargamento in pianta per ciascuno dei suoi livelli e il Presidio Ospedaliero con una sopraelevazione.

È da dire per quanto riguarda la sede municipale che in seguito con l’emersione di nuovo bisogno di superficie per le attività amministrative si è optato invece che ad un nuovo ampliamento del palazzo comunale alla dislocazione altrove, prendi l’Anagrafe a corso Umberto, di reparti che erano in sofferenza di spazi idonei. A proposito adesso dell’ex Cardarelli che si è trovato a ospitare l’Arpa si segnala che mentre la Direzione di quest’ultima è rimasta in centro, a via Petrella, per i suoi laboratori d’analisi è stata costruita a Selvapiana una struttura adeguata a tale funzione. È chiaro che con tali autentiche protesi si è modificata in maniera forte l’immagine di queste architetture peraltro entrambe di notevole valenza estetica poiché espressioni dello stile dell’ecclettismo storicistico affermatosi nel XIX secolo.

La scelta compositiva che adottarono i progettisti di tali espansioni dei manufatti architettonici storici fu quella di differenziare in modo drastico in vecchio dal nuovo, forse pure eccessivamente perché il risultato ottenuto è quello di una dissonanza accentuata. Da un lato è giusto, secondo le regole del restauro, distinguere l’antico dal moderno, ma dall’altro lato, sempre sulla base dei decaloghi del restauro, è opportuno che non vi sia una contrapposizione troppo stridente. Ambedue i corpi di fabbrica che si accostano fra loro, l’originario e l’integrazione, devono, ulteriore principio del restauro, essere testimonianze del proprio tempo, per la seconda allo scopo di denunciarne la modernità, tanto nel Municipio quanto nel Presidio Ospedaliero, si è puntato su materiali, vetro e metallo, innovativi.

Finora si è parlato di aggiunte e ora, invece, tocca alle sottrazioni le quali sono in numero più limitato, di seguito ne citeremo due solamente. La prima è la demolizione del serbatoio idrico che si sovrapponeva ad un pezzo del castello di Vastogirardi la cui forma rimandava alla Torre Velasca di Milano; esso era diventato un “segno” caratteristico di questo centro altomolisano. La seconda è quella della cosiddetta liberazione di un monumento il quale, nel caso in ispecie, è la campobassana chiesa di S. Mercurio con la rimozione del volume soprastante; l’intervento allo stato attuale risulta monco in quanto la copertura dello spazio sacro è ancora allo stadio di opera provvisoria.

Rientra nelle sottrazioni l’abbattimento di case effettuato nel centro storico di Campodipietra, l’eliminazione della schiera edilizia fronteggiante la chiesa parrocchiale per metterne in evidenza la facciata baroccheggiante; effetto secondario di questa demolizione del fronte edificato è stato quello di far emergere alla vista il “vuoto” dentro l’isolato antistante la struttura religiosa, che da corte è diventato una specie di piazza. Una sottrazione che si potrebbe definire a fin di bene e che, però, ha alterato la visione della “faccia” dell’architettura ecclesiastica, molto mossa con le sue sporgenze e rientranze le quali danno vita ad effetti chiaroscurali che si apprezzano meglio con una visione “radente”, quella cui obbligava lo stretto vicolo preesistente e che invece si appiattiscono guardandola frontalmente, dallo slargo che si è venuto a determinare. Rientra tra le sottrazioni, infine, un episodio doloroso, non di certo esito di una volontà progettuale il “buco” di piazza X Settembre nel nucleo antico di Isernia causato dai bombardamenti del 1944.

(Foto: F. Morgillo-Veduta di scorcio di piazza X Settembre a Isernia)

di Francesco Manfredi Selvaggi

 

15 Aprile 2025

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