Rifai, una rete di giovani facilitatori
La rivincita delle aree interne richiede impegno, dedizione e un lavoro che rivoluzioni il modo di pensare a queste zone del paese, mettendo i giovani al centro. Nel 2020 è nata in Sicilia Rifai
di Salvina Elisa Cutuli (da italiachecambia.org)
30 Gennaio 2024
Fare rete, dare voce ai giovani e promuovere le aree interne e i territori marginali. Sono questi gli obiettivi di Rifai, la Rete Italiana dei Facilitatori delle Aree Interne, un gruppo di giovani tra i 18 e i 40 anni che intendono dare risalto alle esigenze, alle necessità e ai sogni di chi abita le aree interne della penisola, incoraggiando un lavoro di rete propositivo e innovativo. Una prospettiva in cui campagna e montagna diventano elementi fondamentali di un’evoluzione sostenibile globale, per un localismo cosmopolita in cui i piccoli paesi non sono entità isolate, ma nodi di un’unica rete che parla la stessa lingua al di là dei confini.
Tutto ha inizio nel settembre del 2020, in un piccolo paese della Valle Stura di Demonte, quando alcuni giovani piemontesi, friulani e siciliani si incontrano nel corso del festival Nuovi Mondi di Valloriate. Sono i giovani Facilitatori della Valle Stura, in Piemonte, della Carnia e delle Valli Friulane e del Distretto Rurale di qualità dei Monti Sicani.
NASCE LA RETE RIFAI PER UN FUTURO MIGLIORE ANCHE NELLE AREE INTERNE
All’indomani dell’incontro di Valloriate comincia uno scambio fitto di idee, opinioni, progetti e cresce la voglia di organizzarsi, consapevoli che la maggior parte delle aree interne italiane ha le stesse potenzialità, soffre degli stessi problemi e ha le medesime necessità. Nasce anche un manifesto video congiunto che dà vita a un racconto corale di visioni, desideri e possibilità. A dicembre 2020 Rifai, la prima Rete Italiana dei giovani Facilitatori delle Aree Interne, viene ufficialmente costituita con sede in Sicilia, a Santo Stefano Quisquina, e da allora sono stati diversi gli incontri annuali in presenza e incontri virtuali mensili di lavoro e progettazione.
«Nonostante la pandemia, oggi Rifai ha una sua identità, il numero di soci è aumentato con gruppi regionali in Lombardia, Marche e Abruzzo e siamo sempre più attivi a partire dal nostro sito e dalle attività che portiamo avanti. Se è vero che siamo frutto della nostra storia, siamo anche artefici del nostro futuro e del futuro della nostra terra. Abbiamo scelto di restare nei nostri territori, anche diversi ma con problematiche simili, e vogliamo farlo senza rinunciare ai sogni: vogliamo diventare le antenne del territorio che captano percezioni, ascoltano bisogni e propongono soluzioni», racconta Enza Macaluso, socia della rete Rifai.
Enza sa bene cosa vuol dire abitare in un’area interna: è cresciuta a Valledolmo, quasi al confine tra le Madonie e i Monti Sicani. Il nucleo originario siciliano della rete Rifai proviene proprio da queste due aree: ha preso piede sui Sicani per poi ampliarsi con un gruppo di ragazzi provenienti dalle Madonie.
Rifai, in Sicilia come nel resto della penisola, mette insieme realtà diverse con una propria indipendenza che si interfacciano e collaborano. È il caso, ad esempio, del progetto Sicani Rural Lab, approvato e finanziato dal GAL Sicani: all’azione Leadership, Coaching and Community catalysts, proposta all’interno del progetto del GAL per intercettare e connettere nuovi catalizzatori di comunità, si è associato anche il nucleo isolano della rete Rifai.
RIFAI UNISCE DAL NORD AL SUD TUTTA LA PENISOLA
«Siamo un territorio molto vasto che si estende dalla montagna al mare. L’idea è rafforzare il gruppo e la rete dei community catalyst che si è creata nei Sicani con una presenza stabile all’interno di un piano di lavoro che speriamo porti dei risultati anche in concomitanza con la nuova programmazione dei fondi europei abbinati a questo tipo di attività», sottolinea Enza. «Speriamo avvenga qualcosa di simile anche nelle Madonie, grazie anche al nascente Madonie Living Lab con cui ci auguriamo di avere collaborazioni in futuro».
Enza ha conosciuto la rete Rifai partecipando a Percorsi Spericolati – un programma promosso da Fondazione Pietro Pittini con l’obiettivo di favorire uno scambio generativo tra le attività imprenditoriali innovative presenti sul territorio del Friuli-Venezia Giulia e un gruppo di giovani – e subito ne ha colto i punti di forza. Ma sembra che non sia la sola ad averlo intuito.
I gruppi di giovani che aderiscono stanno crescendo così come le iniziative che ne rafforzano la presenza nei territori e nelle aree regionali, per una programmazione locale di ampio respiro. Giovani che studiano, si impegnano e vanno alla ricerca di strumenti utili, come la facilitazione, per armonizzare i gruppi e condurli ad un obiettivo comune. Una sfida che richiede impegno e voglia di partecipazione che va oltre l’attivismo e l’associazionismo.
LE DIFFICOLTÀ DI CHI VIVE IN UN’AREA INTERNA, SOPRATTUTTO IN SICILIA
Per un abitante delle aree interne, nel caso specifico di quelle siciliane, essere in rete significa avere la consapevolezza della condizione in cui si vive, trovare soluzioni e strategie per un immaginario rinnovato. Non basta puntare alla valorizzazione, alla promozione e alla “sponsorizzazione” dei territori, serve un piano d’azione condiviso.
«Sono molto d’accordo sul fatto che le problematiche delle aree interne siano simili in tutto il territorio, ma in Sicilia diventano ancora più profonde, più radicali. Questa condizione del vivere la sicilianità è incarnata nel neologismo dello scrittore Gesualdo Bufalino, “isolitudine”, sintesi perfetta di isola e solitudine. Un giovane siciliano che decide di rimanere nella propria terra per portare innovazione deve scontrarsi anche con un sostrato di credenze, cultura e tradizione che ci porta a pensare che inevitabilmente la nostra fortuna può essere solo altrove».
«Non solo ci ritroviamo a combattere contro noi stessi, perché talvolta certe scelte non sono semplici da riconoscere, ma dobbiamo scontrarci anche contro una stratificazione di idee e luoghi comuni che veramente rendono difficile quel lavoro, quella volontà di piantare dei semi in questi territori», continua Enza. È per questo che Rifai vuole coinvolgere giovani da tutta Italia per diventare un grande laboratorio di futuro improntato all’innovazione attraverso temi chiave come ambiente, restanza, giovani e turismo. Una maniera per riconoscere le aree interne in aree naturali, non più marginali ma connesse al resto del territorio in un’ottica di scambio reciproco.
«Solo insieme possiamo proporre nuove politiche giovanili che possano far rinascere i nostri territori, tanto peculiari e meravigliosi quanto troppo spesso ignorati. Con una consapevolezza maggiore da parte delle istituzioni e una volontà di interloquire con varie realtà, come Rifai, si possono fare grandi cose e trasformare l’intero territorio in un grande laboratorio in cui sperimentare novità e bellezza», conclude Enza.
di Salvina Elisa Cutuli (da italiachecambia.org)