• 01/21/2025

S. Sebastiano curato da Irene Gildone

Andando a Gildone nel Molise si scopre che un nome molto comune tra le donne è Irene

di APS La Terra

21 Gennaio 2025

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Se vogliamo capire il perché dobbiamo recarci nella Pinacoteca del Castello di Venafro, dove si conserva un quadro caravaggesco che proviene dalla chiesa di S. Sabino di Gildone.

20 gennaio, festa di S. Sebastiano.

“Quasi ericius ita esset irsutus ictibus sagittarum”,

(Era irsuto come un riccio per le frecce che lo avevano colpito)

SAN SEBASTIANO CURATO DA IRENE A GILDONE.

Tutti siamo convinti che il martirio di S. Sebastiano si sia concluso con la morte provocata dalle frecce che gli arcieri gli avevano scagliato su ordine dell’imperatore Diocleziano.

C’è un quadro caravaggesco di Gildone (ora si trova nella pinacoteca al Castello di Venafro) eseguito nel XVII secolo a Napoli che invece racconta che la storia del martirio è più complicata.

Sebastiano era stato legato a un albero e trafitto da tante frecce da farlo sembrare simile a un riccio.

“Quasi ericius ita esset irsutus ictibus sagittarum”, racconta la sua “Passio”.

Nel quadro di Gildone si vede San Sebastiano assistito da una donna che gli sta togliendo le frecce.

Si tratta di una nobile romana, che secondo la tradizione era la vedova di San Castulo, che di notte si recò insieme ad altri cristiani nel luogo del martirio e scoprì che Sebastiano era ancora vivo. Il corpo fu portato alla casa della matrona che lo curò fino a farlo guarire.

Dopodiché il santo, invece di fuggire da Roma, si presentò a Diocleziano che stava assistendo a una cerimonia religiosa davanti al tempio di Ercole.

A quella vista l’imperatore si infuriò e ordinò che Sebastiano venisse portato nell’ippodromo al Palatino.

I soldati a questo punto lo ammazzarono a bastonate e buttarono il corpo nella Cloaca Massima.

Alcuni cristiani individuarono il luogo in cui era il corpo del martire e lo trasferirono per la sepoltura in una catacomba sulla via Appia.

Gildone. S. Sebastiano e S. Irene.

“L’opera, è stata attribuita al “Maestro di Fontanarosa”, identificato in tempi recenti con Giuseppe Di Guido, e proviene dall’antica chiesa di San Sabino in Gildone. La sua figura appare tra le più originali nel panorama della pittura napoletana della prima metà del Seicento, ponendosi all’incrocio tra il primo caravaggismo di Battistello Caracciolo, la fase giovanile di Jusepe di Ribera e gli esordi di Andrea Vaccaro e Massimo Stanzione”. (Guida al castello Pandone di Valentina Serpe e Lidia Falcone)

di APS La Terra

21 Gennaio 2025

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