• 06/01/2022

San Pardo, la grande Festa

La festa del santo Patrono è tornata dopo due anni di silenzio causato dal Covid ed ha riportato, con l’allegria, la speranza in un domani diverso

di Pasquale Di Lena 

1 giugno 2022

Back

Si è chiusa il 28 maggio la tre giorni dei carri trainati da vacche e buoi che, con i loro proprietari diventati amici, si raccontano storie di un passato che trova la continuità nel presente delle tre sfilate programmate da secoli. Senza questo racconto la festa perderebbe di significato e finirebbe con il diventare semplicemente una ricorrenza priva dei suoi odori e suoni; dei rimproveri degli animali ad ogni sosta; dei salti e dei sorrisi dei bambini che sentono la festa più dei grandi; del canto in onore del santo patrono; della musica della banda che apre la processione; delle preghiere dei sacerdoti e della devozione; del parlare delle persone festanti, e, non ultimo ma primo, dello sguardo silente delle donne per i loro ricami e i loro fiori di carta, che sembrano appena raccolti. La festa del santo Patrono è tornata dopo due anni di silenzio causato dal Covid ed ha riportato, con l’allegria, la speranza in un domani diverso che l’antica città merita per essere – oggi più che mai e tutto grazie al suo territorio argentato dal sacro gentile olivo – storia, cultura, paesaggio, ambiente, tradizione, luogo di incontri e di scambi, agricoltura e, con essa, cibo, convivialità, culto dell’ospitalità. Due giorni prima alcuni segnali, tutti farciti di cultura, mi hanno riportato a vivere la speranza persa, in questi anni, per mancanza di cultura e di politica, due vuoti che stanno facendo soffrire la Larino che ci appartiene e che tanto ha dato e, ancor più, può dare al Molise perché non venga cancellato dall’ingordigia di individui non all’altezza del compito, che è quello di renderlo laboratorio, esempio per le altre Regioni, il Paese intero. Ha poco, ma tutto per farlo ed esserlo. 

Dicevo dei segnali, tutti all’insegna della cultura, quali l’inaugurazione della nuova sede di quel centro di cultura che è “Afra”, voluto da Caterina Franceschini in ricordo di sua sorella Antonella, che di cultura,si è nutrita, e animato dall’entusiasmo dei Venditti, suo marito Pardino, e i tre figli, Teresa, Gianluca e Andrea, che donano sorrisi. Un centro di cultura in vico delle Fate, la stradina che mi appartiene, per essere lì la casa di mio padre, e, cosa ancora più bella, di fronte alla casa dove sono nato, in via Circonvallazione. La grande strada, nel tempo della mia infanzia, che portava al Biferno e al Liscione. Il ponte che collegava (llà ddà ‘hiume) i campanili dei paesi di origine croata che guardano da vicino il Trigno. Un centro di cultura e il luogo, Larino. La combinazione di grande attualità sapendo che questo luogo, come tutt’i luoghi belli del Molise, oggi abbandonati, possono rinascere solo con la cultura e la buona politica. Quella che serve per governare il territorio e proiettarlo nel domani, e non per distruggerlo con il cemento e l’asfalto, pannelli solari a terra e pali di pale eoliche gigantesche che servono solo a rendere ancora più onnipotente il dio denaro e, con esso, le mafie e il malaffare. Altri segnali ricevuti dall’incontro al centro “Afra”, che, alla fine, è diventato conviviale: Un giovane poeta, cantante, paroliere e musicista, Antonio Mastrogiorgio, di origine di Pietracatella (il paese di una salsiccia particolare), davvero bravo che ha presentato una raccolta, davvero interessante, di poesie “E’ finita la gioventù”e offerto emozioni, insieme a un chitarrista,con la “Suonata balorda”. Ad ascoltarlo e applaudirlo c’era un larinese illustre, Paolo Di Paolo, il grande fotografo che ha ancora molto da raccontare dei suoi 97 anni. E, infine, il dono, da parte dell’autore, di un libricino, “Strenna Pardiana”, ben stampato dalla tipografia Rossi per conto del Parroco della Cattedrale san Pardo di Larino, don Claudio Cianfaglioni, che, con una presentazione illuminata introduce alla lettura di due poesie in dialetto larinese, tradotte in Italiano, che Lorenzo Di Maia, il giovane che ha scelto di tornare nella sua città e non di scappare dopo la laurea, ha dedicato a san Pardo e alla sua festa, segnata dalla Carrese. Scintille di un nuovo fuoco di speranza; semi che avranno il tempo per germogliare sogni, idee, progetti di cui ha bisogno Larino per tornare ad essere quel punto di riferimento che oggi non è più. A partire dalla sua Festa, che è tale se, insieme con le rose, i papaveri, i fiori di sulla e di lupinella, i profumi di una cucina, continuano ad essere protagonisti gli animali che, oggi, dopo il rientro di san Primiano nella sua cappella, si sentono, con le loro campane al collo e le voci dei carrieri, tornare dopo la bella scampagnata con i familiari e gli amici invitati.

Non mi meraviglia la notizia che alcuni carri non sono usciti per l’impossibilità di avere una coppia di buoi o di vacche. Non mi meraviglia vedere un carro con il timone poggiato su una ruota e tirato da persone. Mi fa solo paura pensarlo, così com’è successo alla fine degli anni ’80 quando ho visto, a Montreal la città per eccellenza dei larinesi in Canada e nel mondo, il carro di san Pardo allestito come quello che anima la festa a Larino, tirato da una Cadillac della General Motors. Una scena che mi ha colpito e fatto subito pensare al rischio che correva la festa a Larino con il sempre più accanito consumismo di un sistema, il neoliberismo, che depreda e distrugge ovunque. Ed è da allora che continuo a pensare a una grande stalla dedicata alla biodiversità della razza italiana bovina, e non solo, necessaria per dare continuità alla tradizione. Una stalla sociale che vede tutti i proprietari dei carri soci, e tutti i larinesi sostenitori. Un progetto all’insegna della biodiversità animale, un valore che è sempre più a rischio con gli allevamenti super intensivi, che sono il segno più evidente della perdita di identità della Natura, nel momento in cui non c’è più l’armonia che serve per farla vivere. L’armonia espressa dal rapporto fra gli esseri viventi e non dalla divisione e, ciò che è peggio, dalla distruzione dei legami (valori) voluta dall’uomo sempre più schiavo del dio denaro.

Non c’è più tempo, bisogna trasformare quel “di Larino il popolo” in un grande protagonista che ha nelle sue mani la possibilità di progettare il suo futuro, utilizzando le risorse enormi che il territorio ancora ha e che sta regalando ad avventurieri che si appropriano della terra fertile per coprirla di cemento ed asfalto, che, come la realtà insegna, non apre al domani. La biodiversità bovina e, anche, degli animali in via di estinzione, espressione di una grande stalla aperta al consumatore e, ancor più, ai ricercatori, agli studenti di istituti agrari e università, agli amanti degli animali, ai bambini e ai ragazzi delle città che gli animali li vedono solo guardando i cartoni animati. Una grande attrazione, a livello mondiale, la stalla di san Pardo che produce – con la biodiversità – la carne, il latte, il letame, e diventa fonte di turismo e, con esso, di altre attività legate alla gastronomia, all’artigianato, al commercio. Una fonte enorme di servizi e di occupazione, la rinascita che apre ad altri sogni, altre idee, altri progetti, tutti utili a non far scappare i giovani, ma a renderli i protagonisti del nuovo domani, utilizzando e non distruggendo i beni comunali, primi fra tutti quelli del cosiddetto nucleo industriale. La cultura e la politica essenziali per la rinascita del Luogo, dei Luoghi.

di Pasquale Di Lena 

Back