Scandalo a Termoli
Il saggio, di Francesco De Lellis e Roberto De Lena, un racconto “di quelle settimane di fuoco in Basso Molise a partire dalle testimonianze e dai protagonisti dell’epoca”
di Roberto De Lena (da lafonte.tv)
17 Febbraio 2025
Scandalo a Termoli, così titolava a tutta pagina Il Manifesto del 6 dicembre 1994. Il riferimento era agli operai della Fiat che avevano rifiutato di lavorare il sabato, divenendo uno scandalo nazionale, accusati di egoismo da tutti.
Pochi giorni prima, infatti, in fabbrica si sottopose a referendum una proposta dell’azienda, frutto di un’intesa con i sindacati di categoria CGIL, CISL e UIL: la proposta di FIAT era di investire 400 miliardi di lire nello stabilimento di Termoli per la costruzione del nuovo motore Fire a 16 valvole, il “motore del futuro” come veniva chiamato all’epoca, con la promessa di 400 nuove assunzioni. In cambio, gli operai avrebbero dovuto iniziare a lavorare stabilmente sei giorni a settimana e fare il triplo turno anziché il doppio. Il monte ore non cambiava, ma l’organizzazione del tempo in fabbrica e del tempo libero sì. A sorpresa, il 2 dicembre 1994, il 65% degli operai si espresse per il NO alla proposta: presero parte alla votazione 2.502 lavoratori (il 91% degli aventi diritto) e i NO furono 1612!
Gli operai rifiutarono quello che definirono un “ricatto”, ma vennero demonizzati come “egoisti” e corporativi. Il centrosinistra locale e buona parte della politica, i sindacati confederali, il governo Berlusconi, il vescovo e la maggioranza della chiesa locale, persino il Vaticano, una parte degli studenti e dei disoccupati di Termoli, tutti si schierarono contro di loro. Nel frattempo, nel resto d’Italia, altre fabbriche presero coraggio e l’esempio da Termoli, rifiutando accordi simili. Dopo due settimane, tuttavia, il voto venne ripetuto, stavolta per alzata di mano, e vinse il SI: così la batosta di Termoli aprì la strada, e anche altre industrie in Italia introdussero il sabato lavorativo.
Le vicende dello “scandalo a Termoli” sono state recentemente ripercorse in un saggio pubblicato da primonumero.it il 15 dicembre 2024 dal titolo Termoli 1994. Quando gli operai sfidarono la FIAT, ma (quasi) tutti si schierarono contro di loro. Il saggio, di Francesco De Lellis e Roberto De Lena, si propone di essere un racconto “di quelle settimane di fuoco in Basso Molise a partire dalle testimonianze e dai protagonisti dell’epoca”. Ma perché tornare oggi a una vicenda locale di oltre trent’anni fa?
Perché, a ben vedere, si tratta di un caso paradigmatico. In quella storia sembrano condensate alcune contraddizioni che hanno poi caratterizzato in modo sempre più evidente la società italiana, fino all’acuirsi di quelle stesse tensioni di allora nei tempi attuali. Innanzitutto il mantra ideologico della flessibilità scaricato sulla pelle dei lavoratori, in nome della modernizzazione dell’azienda e sotto il ricatto delle delocalizzazioni, in un quadro di internazionalizzazione dei processi produttivi. Poi, l’inadeguatezza dei sindacati confederali, incapaci di comprendere le ragioni e prendere le parti dei lavoratori nei confronti dell’azienda: e lo sgretolamento conseguente della funzione rappresentativa dei sindacati stessi, la rottura tra la loro base sociale e le delegazioni. Da cui la perdita di fiducia generalizzata della classe lavoratrice nella possibilità di arginare o invertire il corso di un capitalismo senza limiti, che tanta parte ha nell’arretramento complessivo della democrazia oggi. O ancora: l’autoritarismo dell’azienda, con- vinta a tirare dritto ad ogni costo, incurante delle legittime rivendicazioni degli operai; e poi, correlato a tutto questo, la solitudine dei lavoratori, infine costretti ad arrendersi ai ‘diktat’ aziendali, il fatto di non essere stati compresi.
E, non da ultimo, il rapporto tra la fabbrica e la città: la marginalizzazione della fabbrica dal tessuto sociale, il prevalere dei poteri forti a difesa dell’ordine imposto, costituito e ormai consolidato. E questo, è forse superfluo dire, quanta influenza e quante ripercussioni ha avuto (ed ha) sullo stato malandato della democrazia locale, di Termoli e del Molise! La sostanziale indifferenza, la non curanza, l’inazione della città, oggi, rispetto al futuro dello stabilimento Stellantis, che si prospetta cupo, potrebbero forse avere origine, tra le varie cose, anche lì, in quel 1994 quando la città non comprese (non volle comprendere!) la lotta coraggiosa di quegli operai?
Come scrisse Gabriele Polo il 17 dicembre 1994, poco dopo la seconda ‘votazione farsa’: “ ‘hanno fatto quanto è dato fare a uomini in carne ed ossa; togliamoci il cappello dinanzi alla loro umiliazione, perché anche in essa è qualcosa di grande che si impone ai sinceri e agli onesti’. Fatte le debite proporzioni, queste parole scritte da Antonio Gramsci dopo la sconfitta alla Fiat negli anni Venti, potrebbero essere l’epitaffio dello scontro che ha contrapposto gli operai di Termoli alla Fiat. Invece, ora, dopo le assemblee di ieri, tutti parleranno di senso di responsabilità o di schizofrenia. In realtà i lavoratori molisani non sono né pazzi, né hanno cambiato idea sull’accordo. Semplicemente si sono misurati con qualcosa che è più grande di loro. E hanno dovuto farlo in perfetta solitudine; per questo hanno chinato la testa”.
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Sarebbe bello se questo giornale potesse ospitare altri interventi riguardanti i fatti del ‘94 in FIAT. Anche a tal fine, ma a beneficio di chiunque fosse in- teressato/a ad approfondire, è possibile richiedere il saggio a cui si fa riferimento nell’articolo scrivendo una email al seguente indirizzo:
di Roberto De Lena (da lafonte.tv)
17 Febbraio 2025