Soldi con l’accoglienza dei profughi
Scoperchiata la ’Mafia capitale’ del Molise
da primonumero.it
07 novembre 2017
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Notificati cinque avvisi di garanzia ad altrettante persone responsabili a vario titolo di un’impresa dell’area matesina che aveva partecipato al bando per l’accoglienza dei rifugiati politici. Allo stato dell’intesa con la Prefettura, l’edificio non aveva nè gli spazi utili nè le certificazioni idonee al progetto ministeriale. Un sistema scoperto nell’indagine della squadra mobile su disposizione della Procura di Campobasso.
Il cubo di cemento ha due piani. Il piano terra adibito ad una sala ristorante e un primo piano con una decina di camere arrangiate da 25 posti letto. Solo che sulla domanda di partecipazione al bando, il centro diceva di poter accogliere 87 migranti.
D’altronde un richiedente asilo adulto vale 35 euro al giorno. Un minorenne 45. Per l’ex bar-ristorante avrebbe fruttato più di 130 mila euro al mese. Un milione e mezzo l’anno. Tutto regolare. Finché non è intervenuta la procura di Campobasso.
Il sostituto Nicola D’Angelo ha infatti atteso le risultanze delle indagini svolte dalla squadra mobile di Campobasso per notificare cinque avvisi di garanzia ad altrettante persone responsabili di una struttura nell’area matesina.
Queste, ognuna per il ruolo che ricopriva, avevano presentato istanza di partecipazione – alla Prefettura di Campobasso – per l’affidamento della gestione di servizi di accoglienza temporanea di cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale. Domanda accolta, subito dopo l’intesa con la Prefettura nata però su false attestazioni che la polizia ha spulciato e verificato tanto da quantificare l’assegno che la collettività molisana ha pagato per l’opera benemerita messa in piedi dai cinque indagati: 68mila euro. Questa è la somma percepita indebitamente in seguito a passaggi burocratici falsi e anomali che la Procura ha deciso di inquisire.
Il legale rappresentate dell’impresa (che è tra gli indagati) nell’istanza attestava “falsamente” che il centro matesino pronto ad ospitare i migranti richiedenti asilo era agibile, rispondente alle norme urbanistiche, edilizie, di impiantistica, igienico – sanitarie e di prevenzione incendi “con una capienza di 87 posti di cui tre donne e 84 uomini”.
Il 22 luglio dello scorso anno, quando il centro vicino a Bojano si apprestò a firmare la convenzione con la Prefettura di Campobasso, aveva un certificato di agibilità del 1983 soltanto per due piani e senza alcun certificato di collaudo.
C’era in ’pianta’ un terzo piano, bene illustrato nel progetto, che doveva essere completato per la realizzazione di altre 17 stanze ma i certificati per i lavori sono stati rilasciati quando nell’edificio erano i migranti ospiti. Ma a mancare nell’elenco delle documentazioni utili alla Procura è un’altra lunga serie di attestazioni per le quali gli inquirenti in questo sono stati perentori sostenendo che a tali condizioni “non vi erano le misure minime di sicurezza perché il centro di accoglienza (…) rimasse attivo”.
In nome del ’business’ che si presentava alle porte, i cinque hanno addirittura dichiarato nelle istanze i nomi di ditte che avrebbero realizzato lavori edili, elettrici, idrici e di conformità. Ma le imprese una volta sentite dagli investigatori per verificare la veridicità delle opere eseguite (ma di fatto non ravvisabili nelle struttura) e quindi per andare oltre ogni ragionevole dubbio, hanno affermato di non aver mai portato a termine nel vecchio ristorante in questione alcun lavoro del tipo descritto nelle domande inoltrate in Prefettura.
Per la Procura di viale Elena i cinque “in concorso tra loro e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso” turbavano, in sostanza, la gara a procedura aperta indetta dall’Ufficio territoriale di Governo per l’aggiudicazione “di contratti per la gestione del servizio di accoglienza in favore di cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale” determinando l’aggiudicazione della gara a loro stessi e quindi all’impresa che rappresentavano sebbene questa non avesse i requisiti per partecipare al bando.
Non solo. Nulla hanno fatto – sempre stando alle accuse – per rispettare gli impegni presi in fase di sottoscrizione dell’intesa. L’accoglienza, che prevede locali idonei sotto diversi aspetti, era stata espletata in “strutture potenzialmente pericolose o dannose per la salute e l’incolumità degli ospiti”. Dagli elementi raccolti dalla squadra mobile pare anche che i cinque fossero consapevoli di indurre in errore la Prefettura circa l’effettivo svolgimento del servizio di accoglienza.
Ma che il sistema va modificato in molti lo ’urlano’ da tempo. Più ammassi immigrati, più incassi. E destreggiarsi in mezzo agli obblighi imprecisi dei bandi pubblici è un gioco.
Falsità ideologica, frode, turbata libertà degli incanti, tutto in concorso, per un ’business’ senza scrupoli sono i reati contestati ai cinque molisani.
da primonumero.it