• 04/26/2017

Tokai

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BREVE PREMESSA. Protagonisti del racconto sono due ragazzi. Il tokai è Shahin, che, come si rivela dal nome, è musulmano; Babul, come indica il nome, è hindu e, alla fine del racconto, risulta essere il figlio del sindaco del luogo. Tra i due ragazzi, di estrazione e di religione diversa, da un casuale incontro sulla strada, scaturisce un interessante dialogo, che poi si trasforma in fattiva collaborazione: tanto da imparare! Tokai è il nome bengalese per “ragazzi di strada” o, come dicono in inglese, “streetchildren”. E’ l’equivalente di “sciuscià” di antica memoria. Per saperne di più, basta entrare in internet e digitare “tokai bangladesh”. Ne verrà fuori un’ampia documentazione e tanti video. Tra noi Saveriani p. Riccardo Tobanelli da più di 20 anni lavora con i tokai: dapprima a Khulna e successivamente a Dhaka e Mymensing. Nel racconto si parla anche di due giochi: Ganguli, di cui già ho parlato in un altro racconto e HA-DU-DU. Anche qui basta digitare in internet per saperne di più. Compare di nuovo il Banyantree, albero sacro per gli hindu.
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Shahin era seduto sul marciapiede. Vedendo Babul che andava a scuola, gli disse: “Fratello, tu passi sempre per questa strada, puoi dirmi come ti chiami?” “Mi chiamo Babul. Perché?” “Hai 5 take (=5 centesimi) da darmi? Te le restituirò domani”. “Prendile, non è necessario restituirmele”. “Allora non le prendo! Io non chiedo l’elemosina”. “D’accordo. Me le darai domani. E tu come ti chiami?” “Mi chiamo Shahin. In questa strada mi conoscono tutti. Se qualche volta hai bisogno di me, mi troverai a quel crocicchio”. “Che lavoro fai? Non vai a scuola? Io devo andarci ogni giorno”. “Questo è un altro discorso. Un giorno te lo dirò”:
Il giorno dopo era venerdì (giorno di vacanza in Bangladesh). Shahin era seduto al crocicchio indicato, quando arrivò Babul. Shahin gli disse: “Eccoti le 5 take. Oggi è il tuo giorno di vacanza, vieni e vedrai che lavoro faccio. Vedi, in quell’officina lì, Belal ripara biciclette e rikshaw . Io lavoro con lui. Quando riparo una camera d’aria, prendo 5 take”. Shahin si mise subito all’opera lavorando con destrezza. Le sue mani nel movimento sembravano le mani di un mago. Praticando per tre anni questo lavoro, ha superato in destrezza e abilità il padrone. Babul guarda sorpreso. Shahin dice: “Invece di stare lì seduto a guardare, apri quel cerchione.” Babul risponde: “Ma io non sono capace di farlo”. “Due anni fa neppure io ero capace, a forza di guardare ho imparato”. Due ore dopo Babul disse: “Vedi, da solo sono riuscito ad estrarre questa camera d’aria! … Ma… adesso ho una gran fame”.
I due si recarono al ristorantino sul lato della strada e con 5 take mangiarono un piatto di riso alle lenticchie. Poi Babul disse: “Adesso andiamo a casa tua!” Dopo mezz’ora di cammino verso la periferia della città, arrivarono ai piedi di un immenso Banyantree. Lì erano seduti tre ragazzi. Shahin disse: “Questi sono i miei amici. Essi, come me, non hanno né papà né mamma e questa è la nostra casa. Se vuoi vederla, vieni e arrampicati”. Detto fatto, Shahin, afferrata una liana, salì sull’albero come uno scoiattolo. Babul disse: “Io voglio venire, ma in che modo? Non son capace di arrampicarmi”. I ragazzi scoppiarono tutti a ridere. “Ma allora che cosa sai fare? Sai giocare a danguli, ad ha-du-du? Sai suonare il flauto?” Babul rispose: “No”. Tutti risero. Babul rimase a lungo in silenzio. Alla fine disse: “Io so leggere”. A quel punto tutti smisero di ridere.
Shahin scese dall’albero e disse: “Babul, noi ti insegneremo tante cose: riparare le biciclette, salire sugli alberi, suonare il flauto, giocare a danguli… e tu ci insegnerai a leggere”. Babul disse: “D’accordo! Adesso vado a prendere un libro”. Da quel giorno tutti, alla scuola di Babul, incominciarono ad imparare a leggere. Nove mesi dopo, il signor sindaco chiese al direttore didattico: “Mio figlio ha fatto grandi progressi durante quest’anno. Chi dovrò ringraziare?” Il direttore rispose: “Non me! Vede quel ragazzo? Si chiama Shahin. E’ stato lui a dare una svolta alla vita di tuo figlio!”

Chuknagar, 25 aprile 2017: 40° anniversario del mio arrivo in Bangladesh

 di  P. Antonio  Germano Das, sx

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