• 07/07/2016

”Tua moglie è una scimmia”

Poi lo picchiano a morte. E’ successo a Fermo nelle Marche

di Laura Eduati (da uffingtonpost.it)

07 luglio 2016

“Che questo sia avvenuto nelle Marche, una terra che sto imparando ad amare insieme a mia moglie e mia figlia per la sua bellezza, è una cosa che mi rattrista molto ma mi da ancora di più la carica per dire che episodi come questi non devono più accadere e lotterò ogni giorno per quello che posso. Che la giustizia faccia il suo corso veloce ma il lavoro più profondo è quello culturale e di fortissima solidarietà verso quei parroci coraggiosi o verso quelle strutture di volontariato laico, che molto stanno facendo per ospitare ed accogliere i fratelli migranti. Lo dico da sempre, gli episodi di razzismo, anche quelli più velati e che sembrano sciocchezze di ragazzi, vanno condannati e fermati sul nascere. Sono loro che devono essere isolati e non chi fugge dalla disperazione. UN ABBRACCIO INFINITO ALLA MOGLIE DI EMANUEL. Mi piacerebbe vedere il volto di chi ha commesso questa follia, guardarlo negli occhi per capire cosa può spingere una persona ad odiare in modo gratuito.!!!!

di Paolo Piacentini (Presidente Federtrek – fb) 


 

(da uffingtonpost.it)

Fermo, richiedente asilo morto dopo l’aggressione a sfondo razzista di due ultrà

E’ stato dichiarato morto Emmanuel Chidi Namdi, il 36enne nigeriano aggredito selvaggiamente nel pomeriggio di martedì a Fermo mentre passeggiava con la moglie Chimiary. 

La coppia ha incontrato due ultrà della squadra locale che hanno apostrofato la donna con un insulto razzista: “Tua moglie è una scimmia africana”. Secondo le prime ricostruzioni, l’uomo ha reagito ma ha avuto la peggio. I due ultrà lo hanno colpito con calci e pugni. Poi sono fuggiti, abbandonandolo sanguinante sul selciato. Non è ancora chiaro se, come riportano alcune testate locali, Chidi abbia cercato di difendersi usando il palo divelto di una insegna stradale.

Trasportato già in coma all’ospedale, mercoledì il richiedente asilo è stato dichiarato in coma irreversibile. In serata è deceduto. Anche Chimiary è stata malmenata, ha una prognosi di 5 giorni. 

Sulla terribile vicenda stanno indagando i carabinieri che hanno già individuato un sospettato: si tratta di un ultras italiano di 35 anni conosciuto alle forze dell’ordine. Il secondo aggressore per il momento rimane come testimone.

Emanuel e Chimiary erano ospiti del seminario arcivescovile di Fermo e stavano attendendo l’esito della domanda di asilo in Italia dopo essere fuggiti dalla Nigeria e dal terrore di Boko Haram. 

Sull’omicidio è intervenuto don Vinicio Albanesi, presidente della comunità di Capodarco, convinto che i responsabili siano due e non uno come invece sostengono gli inquirenti. Don Albanesi è anche sicuro che gli aggressori siano in qualche modo coinvolti in una trama più ampia che prende di mira le chiese di Fermo: in pochi mesi sono stati piazzati quattro ordigni in altrettanti luoghi di culto della città.

“E’ stata una provocazione gratuita e a freddo, ritengo che si tratti dello stesso giro delle bombe davanti alle chiese”, ha dichiarato il sacerdote che ha annunciato di volersi costituire parte civile nel processo per la morte di Emanuel.

Don Vinicio ha dato alla stampa una sua ricostruzione dei fatti, secondo quanto raccontato anche dalla moglie del profugo ucciso:

“Stavano camminando verso il centro della città, dovevano vedersi con altri connazionali per avere una crema per la pelle che di questi tempi soffre molto, per loro che sono scuri. All’altezza del tunnel hanno incontrato due persone che hanno cominciato a insultarli pesantemente, si sono avvicinati per chiedere il perché di tanta violenza e sono cominciate anche le aggressioni vere e proprie. Il ragazzo italiano più grande se l’è presa con Chini, il più piccolo con la donna che pure ha avuto cinque giorni di prognosi. La donna ha anche testimoniato che è stato l’italiano a prendere il segnale rimovibile e scagliarlo in testa al suo compagno. Per poi continuare a calciarlo e picchiarlo anche quando era a terra”.

Le chiese prese di mira da febbraio a maggio sono: il Duomo di Fermo, la chiesa di san Tommaso nel quartiere ad alto tasso di immigrati di Lido Tre Archi, San Michele alle Paludi e, infine, la chiesa di San Gabriele dell’Addolorata nel quartiere di Campiglione, dove l’ordigno non è esploso probabilmente per un puro caso. 

Quattro anche i parroci presi di mira, tutti impegnati nel sociale e nell’assistenza a emarginati, tossicodipendenti e migranti: oltre a mons. Vinicio Albanesi, presidente della Comunita’ di Capodarco, dell’Inrca e della Fondazione Caritas in veritate, alla guida di San Michele alle Paludi, tra gli altri don Luigi Traini di San Gabriele dell’Addolorata, vicino a Comunione e Liberazione e animatore del Banco alimentare. 

Per don Albanesi, convinto che i bombaroli siano “almeno due” obiettivo degli attentati è intimidire parroci e sacerdoti impegnati nel sociale, a fianco di emarginati, tossicodipendenti, migranti. Le indagini sono condotte dai carabinieri, che seguono un ampio ventaglio di ipotesi, compresa quella della volontà di colpire la chiesa in quanto istituzione.

Lo scorso gennaio Emanuel e Chimiary si erano sposati a Fermo nella chiesa di San Marco alle Paludi con il solo rito religioso, la cerimonia era stata celebrata proprio da don Albanesi. Un matrimonio che non poteva avere effetti civili poiché entrambi sono sbarcati in Italia senza documenti validi.

La storia dei due promessi sposi era già difficile in partenza: a due settimane dalle nozze in Nigeria avevano deciso di fuggire dalle violenze di Boko Haram dopo che la chiesa locale era stata fatta esplodere. Nell’attentato erano morti i genitori della coppia e la figlia piccola. La donna aspettava un secondo figlio, perso in Libia a causa delle botte dei trafficanti. Poi la traversata del Canale di Sicilia e infine l’ospitalità trovata a Fermo al seminario arcivescovile. Martedì le speranze di Emanuel e Chimiary si sono interrotte per sempre. 

di Laura Eduati (da uffingtonpost.it)