“Uscire dalla guerra, per un’economia di pace”
Il libro a cura di Antonio De Lellis, Rosetta Placido, Stefano Risso – Cittadella Editrice-Assisi – 1° edizione Novembre 2023
di Giovanni Petta (da ilbenecomune.it)
3 Gennaio 2025
In un articolo del “Corriere della Sera”, del 1885, si leggeva del «disgustoso spettacolo che dappertutto all’estero offrono quei poveri sciagurati fanciulli che vanno attorno rompendo gli orecchi e le tasche al pubblico col canto delle canzonette e col suono di qualche organetto (…) Interrogati di quale paese fossero, vi rispondono “di Roma”. E invece sono nativi del Molise, di quella derelitta provincia di Campobasso».
Di tale fenomeno − dell’emigrazione temporanea delle Mainarde e della Valle del Volturno dal 1860 al 1915 − tratta il saggio di Nicola Paolino, «Per le strade d’Europa», appena uscito per Cosmo Iannone Editore, nella collana “Quaderni sulle migrazioni” diretta da Norberto Lombardi.
Il fondo del “Corriere della Sera” rivelava all’opinione pubblica nazionale uno scandalo conosciuto bene solo nel territorio interessato. Chiedeva attenzione alla politica e interrogava le coscienze. Dava, inoltre, la possibilità agli intellettuali di altri luoghi d’Italia di sottolineare che c’erano in atto fenomeni migratori molto diversi tra loro per umanità e rispetto dei diritti fondamentali.
Pochi giorni dopo l’uscita dell’articolo, infatti, “L’Alpigiano”, giornale veneto, affermava che «I bambini tratti dal Molise in terra straniera, per farne degli strimpellatori, crescono viziosi, nemici della società, senza legami famigliari e si preparano a una vita di dolori, di delitti e di pene; i nostri invece, curati dai padri durante i mesi dell’emigrazione, tornano a casa con qualche sommetta che si traduce in benessere, crescono dignitosi, fieri di una indipendenza conquistata col lavoro e diventano cittadini utili e buoni padri di famiglia».
«La tratta dei fanciulli» era proprio il titolo di un altro saggio, uscito nel 2007, in cui Paolino affrontava e approfondiva il tema della migrazione dei minori da alcuni territori del Lazio e della provincia di Isernia. «Per le strade d’Europa» è la continuazione naturale del percorso di ricerca tracciato con evidenza dal lavoro precedente. Qui sono gli adulti ad essere i protagonisti di un girovagare da suonatori ambulanti nelle più lontani capitali europee.
La narrazione di Paolino è umana e scientifica insieme. L’autore considera fondamentali i documenti e i dati. Intano, però, racconta storie singolari, percorsi individuali nel tentativo di ricostruire una dignità vera agli attori di un fenomeno che sa di povertà e analfabetismo.
Così, possiamo leggere che nel circondario di Isernia, nel 1871, su oltre 72.000 donne solo 4.500 sapevano leggere; che nel 1881, su una popolazione di circa 130.000 abitanti, si avevano 43.351 maschi e 65.398 femmine privi di qualsiasi istruzione. Dati importanti su cui noi stessi, da lettori inesperti, possiamo basare una riflessione più solida. Parallelamente, possiamo leggere di storie tristi e poetiche insieme: di Annamaria Liberatore, per esempio, vedova, di San Polo Matese, che denuncia al Procuratore del Re di Isernia la scomparsa di suo figlio Giuseppe, rapito dal compaesano Liberato D’Egidio e costretto a suonare, picchiato e sfruttato, per le strade di molte città degli Stati Uniti d’America. Ma questo è solo un esempio delle tante vicende riportate da Nicola Paolino per dar conto alla storia e, insieme, alla dignità dell’uomo.
Il libro tiene in considerazioni i luoghi di partenza, soprattutto quei territori già scandagliati nel lavoro precedente: Castellone, Castelnuovo, Cerro, Filignano, Pizzone, Pozzilli, San Vincenzo, Rocchetta e Scapoli. Vengono analizzati dati relativi all’economia dei territori e alle differenze prodotte dai fenomeni migratori considerati. Un intero capitolo è dedicato ai filignanesi di Scozia.
Si tengono in considerazione anche le mete di arrivo, esotiche al massimo grado se si considerano le scarse esperienze di viaggio possedute dai migranti molisani: Anversa, Bruxelles, Bucarest, Costantinopoli, Francoforte, Leeds, Liegi, Liverpool, Madrid, Marsiglia, Mosca, Nizza, Parigi, Roubaix, San Pietroburgo, Vienna… persino Odessa. Proprio in questa città si perse per sempre una bambina di Castellone che un incettatore laziale aveva “comprato” dalla famiglia di appartenenza.
La Francia fu principale punto di arrivo nel periodo che va dal 1878 al 1890, circa 400 partenze all’anno, e fino alla Prima guerra mondiale. Con tutte le tensioni conseguenti tra popolazioni locali e migranti. Nel libro viene raccontato il massacro di Aigue Mortes, in Provenza, provocato da un contrasto forte tra i lavoratori francesi che volevano salari migliori e gli italiani che, invece, accettavano paghe misere pur di sopravvivere.
La vastità e la complessità dei percorsi migratori considerati dalla ricerca di Nicola Paolino, il loro intrecciarsi vicendevole, le distanze così grandi se si considera il sistema dei trasporti a cavallo tra XIX e XX secolo… quello molisano ancora più disastrato… la difficoltà di realizzare tali spostamenti sembra ribadire l’impossibilità ancora oggi reale di frenare qualsiasi processo migratorio quando lo spostamento lascia intravvedere la salvezza, l’emancipazione dalla miseria, la speranza.
Il libro di Nicola Paolino è un punto di riferimento ulteriore per la conoscenza di ciò che siamo stati, delle vicende di cui sono stati protagonisti i nostri antenati. Tuttavia, e non è questo il suo merito secondario, è uno strumento interessante e necessario per rivalutare i fenomeni contemporanei e rivedere così le proprie convinzioni a riguardo. È un’opera di scienza e umanità che bisogna leggere.
di Giovanni Petta (da ilbenecomune.it)
3 Gennaio 2025