A Sant’Elena Sannita c’è una “casa blu”
1.300.000 firme già depositate presso la Corte di Cassazione che ora dovrà controllarne il numero e la legittimità
di Umberto Berardo
07 ottobre 2024
Il 5 luglio, dopo l’approvazione della legge sull’autonomia differenziata, è stato depositato presso la Corte di Cassazione di Roma il quesito referendario che recita testualmente “Volete voi che sia abrogata la legge 26 giugno 2024, n. 86, Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione?”.
Tra i promotori ci sono stati i partiti di opposizione al Governo Meloni a eccezione di Azione, la CGIL, la UIL, diversi comitati spontanei e associazioni culturali e sociali.
La raccolta delle adesioni si è chiusa con 1.300.000 firme già depositate presso la Corte di Cassazione che ora dovrà controllarne il numero e la legittimità.
Contestualmente sono stati presentati altri quesiti referendari dall’Associazione Monte Peglia per Unesco e da Campania, Emilia–Romagna, Toscana, Sardegna e Puglia, le cinque regioni amministrate da giunte del cosiddetto Centro-Sinistra, che chiedono sia un referendum per abrogare l’intera legge sull’autonomia differenziata, ma anche un altro per cancellarne solo alcune parti.
Intanto la Lega, il ministro Calderoli, il presidente della giunta regionale del Veneto Zaia e ovviamente il Governo Meloni si stanno attivando per definire i LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni) istituendo una Commissione tecnica sui fabbisogni standard nominata dalla presidenza del Consiglio dei Ministri che ha il compito di avanzare proposte attuative al Comitato Cassese.
Sono organismi composti da oltre sessanta membri che operano al riparo da qualsiasi controllo dell’opinione pubblica e dello stesso Parlamento mentre l’intero Paese è davanti a un’assenza completa di confronto pubblico su temi di così grande rilievo per l’organizzazione della vita sociale.
Tale marea di tecnici dovrebbe definire i LEP previsti appunto a livello “essenziale” secondo alcune variabili tra cui vi è il cosiddetto “costo della vita” che certamente riporterà il feticcio delle gabbie salariali permettendo alle regioni con maggiore gettito fiscale di rendere più elevata la qualità dei servizi e di avere contratti di prestazione più remunerativi per chi vi opera giungendo magari a forme di privatizzazione ormai tracciate anche in settori come la sanità e l’istruzione da gestire a livello regionale.
Sarà il sistema per cancellare il principio costituzionale dell’eguaglianza dei diritti accentuando la discriminazione a livello territoriale e sociale.
Le trattative tra le regioni e lo Stato per l’attuazione dell’autonomia differenziata sono rimaste fin qui abbastanza ferme per non dare slancio alla raccolta firme per il referendum, ma sicuramente ripartiranno dopo che la Commissione e il Comitato Cassese avranno definito i fabbisogni standard e la distribuzione delle risorse alle regioni.
I quattro quesiti diretti alla Corte Costituzionale dall’Associazione Monte Peglia e dalle cinque regioni chiedono che la legge n. 86 venga dichiarata incostituzionale nella sua interezza e in subordine in alcuni articoli.
La Corte ha deciso di anticipare a novembre la decisione su tali impugnazioni mentre dovrà esprimersi entro il 10 febbraio 2025 sull’ammissibilità del referendum chiesto dai cittadini che potrebbe saltare ove i ricorsi fossero accolti.
Intanto il Comitato Cassese nella più completa segretezza e dunque senza alcuna trasparenza verso i cittadini lavora sui LEP che rischiano di essere una vera truffa per la popolazione più disagiata mentre Calderoli sta cercando di accelerare il tavolo di confronto con Liguria, Veneto, Lombardia e Piemonte per avviare le intese in grado di attuare l’autonomia differenziata sulle materie non richiedenti la definizione di prestazione di servizi.
Sul referendum appena richiesto da più di un milione di cittadini rimane poi la questione relativa all’ammissibilità che secondo Calderoli non ci sarebbe per tre ragioni che riguardano la mancanza di omogeneità del quesito, il collegamento della legge sull’autonomia differenziata a quella di Bilancio per il 2024 e il fatto che la stessa legge posta a referendum sarebbe “costituzionalmente necessaria”.
Il dibattito su tali questioni è molto aperto e ovviamente non si può prevedere cosa deciderà in merito la Corte.
Rimane l’assenza d’informazione e di confronto su un problema così scottante per il futuro dei cittadini; pochi infatti sono gli organi di stampa e le emittenti radio-televisive che affrontano il tema dell’autonomia differenziata dando voce a esperti di diritto costituzionale.
Personalmente sono convinto che i vizi di legittimità della legge in questione siano tanti e vadano dalla negazione del principio di eguaglianza dei cittadini al pericolo di disgregazione dell’unità nazionale fino allo svilimento del ruolo del Parlamento che, estromesso dall’approvazione degli accordi tra Regioni e Governo su materie di così grande rilievo e delicatezza, potrà secondo l’articolo 2 della legge esprimersi solo con “atti di indirizzo”.
Questo progetto di autonomia fondato su una competizione egoistica e sulla discriminazione dei cittadini francamente è inaccettabile e dev’essere contrastato con ogni mezzo.
In tutte le regioni è stato fatto fin qui un lavoro molto utile che ha portato alla raccolta firme per indire il referendum.
In una piccola regione come il Molise ne sono state raccolte 11.882 di cui 8.316 sui moduli cartacei messi a disposizione da un movimento coordinato.
Adesso i promotori dell’iniziativa referendaria devono convincersi ancora di più a rafforzare la sensibilizzazione dei cittadini per confrontarsi su tutte le questioni aperte relative a questo pessimo provvedimento nato da logiche di scambio tra le forze politiche, promosso dalla Lega per iniziativa di Calderoli e voluto dal Governo Meloni.
Portare sul territorio esperti di diritto costituzionale per analizzare la legge 26 giugno 2024, n. 86 in tutti gli aspetti negativi e rintuzzare le argomentazioni truffaldine di Calderoli sull’inammissibilità del referendum dev’essere il compito di quanti non accettano che un Paese come l’Italia possa passare dal principio di solidarietà che aveva creato un welfare accettabile a quello di competizione concepito per far trionfare l’egoismo dei ricchi aumentando disuguaglianze e povertà.
Occorre moltiplicare le iniziative di coscientizzazione della popolazione sui pericoli che si correrebbero con la piena applicazione della legge in questione.
Credo che il futuro dell’Italia non possa più essere lasciato a un governo che oggi rappresenta una ristretta minoranza di elettori, ma vada riaffidato a un numero sempre più largo di cittadini.
La legge n.86 sull’autonomia differenziata, il disegno di riforma costituzionale già approvato al Senato che ha l’obiettivo d’introdurre il cosiddetto “premierato” e ora il DDL “sicurezza” 1660 varato dalla Camera sono parte di un unico progetto che mina alla base alcuni principi che rappresentano il fondamento di questo Stato in cui viviamo che dalle ceneri della dittatura fascista ha saputo costruire in Italia una Repubblica Democratica fondata su una Carta Costituzionale tra le più avanzate del mondo che abbiamo il diritto di difendere e soprattutto di attuare.
Ovviamente per questo chi ha a cuore la democrazia deve impegnarsi per pretendere una legge elettorale che dia rappresentanza reale e libertà di voto alla popolazione.
È solo in tal modo che si riuscirà a ridurre l’astensionismo!
Le proposte alternative a questo pessimo progetto sull’autonomia differenziata che pretende di disegnare una società competitiva, egoistica e settaria non possono che partire dalla responsabilità di sentire e costruire una vera unità di un Paese che non è mai riuscito a colmare i divari esistenti tra i territori a livello economico e sociale; occorre perciò guardare al principio di eguaglianza che solo può realizzare la giustizia sociale che certo non è nel programma di questo governo.
La solidarietà e la condivisione allora devono essere finalmente alla base del superamento delle difficoltà che certamente sono a volte da imputare alle inefficienze amministrative locali ma anche alla mancanza di volontà decisionale dei governi nazionali.
È evidente che per questo occorre che si evitino gli sprechi nella spesa e si facciano delle scelte negli interventi pubblici evitando di realizzare opere faraoniche come il ponte sullo stretto di Messina piuttosto che risolvere i problemi idrogeologici, ambientali o nella stessa viabilità ordinaria.
Se non si razionalizzano le uscite nel bilancio e non si mette mano a una seria riforma del fisco evitando ogni soggezione ai potentati economici e finanziari come a squallidi calcoli elettorali, non si riuscirà mai a ridurre il debito pubblico che ha sfiorato i 2.949 miliardi di euro né a ridare futuro allo sviluppo economico di un Paese che vive da anni una profonda stagflazione.
Per fare tutto ciò non c’è altra via che uscire dalle logiche egoistiche di una borghesia che dimostra sempre più la sua incapacità di disegnare un sistema economico solidale in grado di dare in ogni regione lo stesso livello di servizi per un’adeguata qualità della vita.
Vorrei sottolineare infine che il rifiuto per leggi come quella sull’autonomia differenziata non ha nulla di pregiudiziale, ma obbedisce unicamente alla volontà di consentire a tutti di accedere in maniera ottimale ai servizi, al lavoro, alle risorse economiche e quindi ai diritti attuando così in maniera corretta i principi di equità che una certa classe dirigente vorrebbe gettare alle ortiche.
di Umberto Berardo
lì 07 ottobre 2024