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Impressioni
e Proposte
Giovanni!
Immagino che dalle nostre facce e dal nostro starti sempre attaccati avrai
capito che ti sei fatto due nuovi “adepti”. La tua trovata non solo è bella,
utile, socializzante, istruttiva, ma è anche geniale. Si: è piena di punti
geniali! Farsi ricevere dal Sindaco, che sta lì ad aspettare che noi si arrivi
è una situazione lusinghiera; perché è vero che al Sindaco non pare vero di
poter pubblicizzare il suo paesino a tante persone della più varia provenienza
( e che quindi parleranno del suo paese nelle più varie parti d’Italia), ma ai
marciatori lusinga essere ricevuti da quella che è comunque la massima autorità
del luogo.
Lo stesso vale per gli esponenti della cultura locale, ai quali non par vero di
poter far sfoggio delle loro conoscenze e delle loro ricerche, ma è parimenti
vero che noi abbiamo ricevuto elementi della cultura locale dalle migliori
anime di ogni paese!
La presentazione dei prodotti locali è poi un interesse ancora una volta comune
per entrambi: per noi che riceviamo e per loro che mostrano.
Ecco, questo è geniale: aver intuito che c’è una domanda a fronte di un
desiderio di offerta e mettere in collegamento le due cose, realizzando di
costruire cose belle ad un costo bassissimo, con soddisfazione degli uni e
degli altri. Geniale.
L’atmosfera poi che si respira è gradevole, dovunque si vada. Il che non è
male, anche se i panorami e i passaggi basterebbero a se stessi senza chiedere
altro.
Io, come t’ho accennato, ero sulle tracce delle mie radici: mia madre è
molisana e dopo sessantasei anni mi è presa la smania di riconnettermi alle mie
radici. Radici completamente ignorate, mai frequentate né viste. Silvia, la mia
compagna, mi ha aiutato nelle mie ricerche che se con te sono state visuali,
olfattive e gustative, nei giorni seguenti si son fatte documentali. A Guglionesi ho preso una grossa messe di informazioni al
punto da poter iniziare un riallacciamento col mio passato. Per ora è solo un
inizio, ma abbiamo conosciuto - credo - tutti quelli che sono in possesso di
dati e che si interessano di Molise e di Guglionesi
in particolare. La mia famiglia l’ho ritrovata, ho scoperto la cappella dove
sono sepolti molti dei miei parenti, ho trovato gli atti di nascita e scoperto
la casa di mia madre e dei suoi parenti. Ma ancora più interessante è stato
entrare in contatto con le persone che lavorano e si impegnano per mantenere viva
la cultura del paesino, da associazioni a privati, da pubblicisti a circoli.
Ma torniamo a noi. Io e Silvia già prepariamo le scarpe per il ventennale.
Conta su di noi per qualsiasi cosa possa tornare utile all’impresa. Ricordati
che quanto meno ho un circolo con 5.000 iscritti ai quali segnalerò per tempo
la prossima avventura.
E ora qualche riflessione. A caldo voglio darti delle idee che la
partecipazione al cammino mi ha suscitato:
1) ho sentito con quanto orgoglio hai detto che il prossimo anno cresceremo
ancora, cha saremo il doppio!
Io ho perplessità su questo. Un’impresa che mira ad un incontro intimo con i
luoghi e che si inserisce in un’idea di turismo ad “impatto moderato”, deve
avere un numero limitato di partecipanti, pena perdere le sue connotazioni. La
posta in gioco - stando a come la profili tu - è ambiziosa e doppia: da un lato
(per noi) un contatto intimo con luoghi e persone (del tutto differente da
quello dei tour commerciali); dall’altro (per i luoghi) la non alterazione
dello spirito degli abitanti e della destinazione dei luoghi. Soprattutto
questo secondo aspetto è quello più triste e per altro ampiamente già accaduto
e noto: da decenni piangiamo la perdita di panorami e paesaggi dopo la
devastazione di cemento e infrastrutture, inevitabile risposta allo sbarco
consolidato di orde di turisti che eleggono una località a meta “imperdibile”.
Ho esperienza diretta di quanto accaduto in Salento, dove a morire, soffocata
da oleografiche semplificazioni utili al mercato, è stata la cultura, la
complessa, profonda, misconosciuta cultura di questo “popolo di formiche”.
Ho allora riflettuto su come potrebbe conciliarsi questa esigenza di “intimità”
e di non alterazione dei luoghi (proprio al fine di conoscerli e lasciare che
altri dopo di noi li conoscano nella loro autenticità) con la finalità di
diffondere quegli stessi luoghi.
Dopo averci molto pensato, ho concluso che l’unico modo è la programmazione di
più partenze del “Cammina Molise!”, ciascuna a “basso impatto ambientale”. I
cinquecento che ti auguri partecipino il prossimo anno io vorrei che
fossero 1000! Ma distribuiti su più gruppi di massimo 150 persone, numero
massimo per garantire il contatto intimo con i luoghi, la possibilità di
scambio con le persone, l’ascolto attento delle “cattedre” e la non alterazione
degli ambienti e del sentimento dei locali.
Istituzionalizzare il “Cammina Molise!” aumenterebbe il potere di diffusione e
non credo sia troppo più oneroso dell’organizzare un’orda in una sola marcia,
orda per altro che rischia di mettere in crisi le capacità non solo di
ospitalità ma addirittura di contenimento di un troppo alto numero (già quast’anno se non ti stavamo “appiccicati” ci perdevamo
quello che veniva detto dalle nostre guide).
2) Più volte ho visto assalti alle tavole imbandite con i prodotti che “i
locali” avevano preparato per noi. Assalti da parte di persone che spesso
arrivavano a concepire di “immagazzinare” scorte non so se per il lungo inverno
o per l’eventualità di una guerra, senza minimamente curarsi di chi veniva dopo
di loro.
Ho poi anche sentito criticare a volte - e aspramente - la scarsa quantità
delle offerte alimentari. Come se l’accoglienza fosse dovuta. Mi è parso di
capire che voi date un contributo a chi ci accoglie. Non so a quanto ammonti,
ma penso non cambi il rapporto tra noi e loro; voglio dire che non credo arrivi
ad essere un mero contratto commerciale che cancelli del tutto lo slancio di
accoglienza che mi è sembrato leggere sui visi dei locali. Quindi - a quanto ne
so - almeno in parte si tratta di “doni”, nello spirito antico
dell’ospitalità. Pensarla “dovuta”, criticarne la copiosità o la qualità
mi sembra lontano dallo spirito di questi viaggi che dovrebbero essere più
viaggi nello spirito che turismo commerciale.
Ho anche sentito fremere l’impazienza di alcuni quando le lezioni dei locali o dei
nostri ambulanti si facevano troppo “lunghe”. Ma noi non si cammina passo passo per leggere con tempi lunghi gli ambienti? ascoltare
le parole, tesaurizzare le immagini? essere stimolati nelle idee?
Se lo spirito è questo e se in questo spirito non tutti si ritrovano
occorrerebbe:
o educare i partecipanti
o selezionarli.
Capisco e so che l’ascolto è un atteggiamento
oggi in disuso, un valore musealizzato, da lodare, ma
come valore di altri tempi, bello, ma da lasciare nel sempre rimpianto tempo antico! Oggi vige
l’efficienza e questa viene riconosciuta se le azioni sono veloci. L’ascolto è
un atteggiamento lento. L’ascolto non è veloce. Quindi - per moderno sillogismo
- non è efficiente. L’ascolto è una pausa appallante
nel correre veloce della vita: clicco su wikipedia e
sono certo di sapere. Che poi questo sapere sia mera informazione e non diventi
sapienza - appunto per mancanza di tempi di sedimentazione e riflessione - non
importa: ogni epoca ha le sue mode e le sue convinzioni.
Capire, capere, è contenere; un travaso dalla
situazione a te, un travaso tra contenitori; dal discorso di qualcuno alla
digestione nella tua mente. Capire, come ogni travaso, è un travaso lento.
Capire prevede l’ascolto. “Informarsi” è nell’ordine di idee di un coito che
corre all’orgasmo finale; l’ascolto è amore del percorso ancor più della
conclusione. Le situazioni mi parlano e mi insegnano come prenderle e se del
caso come trasformarle; i panorami mi evocano, mi suggeriscono, mi legano tra
loro idee già nella mia mente; le parole delle persone aprono risonanze con
parole già ascoltate altrove. E tutto si svolge con il dovuto tempo, con attese
umili, anche se con l’esperta certezza del risultato.
Ora: per conoscere Sant’Angelo del Pesco non è che ci debbo andare! basta che
consulto internet e ci trovo tante di quelle informazioni, tante di quelle
fotografie, che manco Cristo in croce. Invece tu dici: andiamoci di persona!
Per andarci posso farlo con la mia macchina. La mia macchina tiene bene la
strada anche a 190 all’ora! Ci arrivo in un attimo. Tu invece dici: andiamoci a
piedi!
Ma allora tu sei un fuori moda! sei un uomo d’altri tempi! Tu vuoi ascoltare le
cose, le strade, la gente, i panorami; tu vuoi annusare l’aria, capire le luci
e il loro trasformarsi nel volgere del giorno, vuoi strusciarti, camminando,
alle piante dei sentieri più stretti... Renditi conto: sono cose passate, per
gente fuori moda, obsoleta! Le cose che proponi - per l’uomo moderno - sono delle
palle allucinanti, di una lentezza allucinante, inefficienti. L’unico sprazzo
di luce moderna viene dalle tavole imbandite, da quel sano e moderno sgomitare
un po’, da quella concessione all’ansia che muove la nostra vita per la quale
ad esempio alle tavolate facciamo le scorte, ove mai un’invasione di marziani
ci tagliasse ulteriori approvvigionamenti. Arrenditi, Giovanni: perché le tue
cose appaiano belle (belle nel praticarle, no nel parlarne seduti ad un
aperitivo) perché le palle che proponi siano praticate con piacere, devi
selezionare chi ti viene dietro. O prenderti la briga di educere da loro
antichi ricordi dall’archeocervello, maxime la pratica dell’ascolto, del leggere la vita, leggere
le parole altrui, gli oggetti, i manufatti, le pietre... Allora il viaggio
diventa affascinante. Allora le tavole diventano un dono, uno scambio di
accoglienza, le “cattedre” un nastro trasportatore musicale.
Come fare? Mah! Forse si potrebbe cominciare con l’evidenziare gli aspetti
sopraindicati, esplicitando che il viaggio è soprattutto un viaggio dell’anima.
Sono cose che non si esplicitano mai abbastanza. Io organizzo una vacanza
studio in Salento da otto anni. Che sia qualcosa di diverso dal “fare” il
Salento (“quest’anno ho
fatto la Siria. Mi manca però da fare
la Giordania”) ho voluto esplicitarlo con un preciso monito, anche se si
evinceva da tutta la presentazione della proposta. Te lo riporto testualmente:
Si sconsiglia vivamente di scegliere questa vacanza solo perché a basso costo:
questa vacanza è il tentativo passare una settimana insieme per godere natura e
cultura, una settimana che lasci rinfrancati e arricchiti. Venire con altri
intenti rischia di essere profondamente deludente e di rovinare l'atmosfera
comunitaria e di studio anche agli altri.
Il testo è su http://www.arciarcobaleno.it/VacanzaStudio/stage/index.htm,
tutta la proposta su http://www.arciarcobaleno.it/VacanzaStudio/VillaPiccinna/index.htm
...Ma questa è solo un’idea.
Da qui al prossimo viaggio ce ne potranno essere tante! Però a mio avviso sarà
bene trovarne.
3) L’arricchimento culturale. Ho apprezzato tantissimo le “cattedre”, sia
quelle ambulanti che quelle trovate nei luoghi. Però ero convinto di incontrare
nelle tappe anche musiche locali e balli e poi qualche racconto sulle
tradizioni, sulle credenze, incontrare chi ci parlasse della lingua del luogo,
dei proverbi, dei modi di dire.
La musica, invece, l’abbiamo portata noi e nessuno ha fatto parola di riti o
tradizioni. Pensa che i musici di quest’anno avrebbero potuto insegnarci la
“spallata”; lo so perché hanno fatto un breve seminario nel mio circolo. Non
sarebbe interessante se dopo cena, una sera, tenessero una lezione? Il ballo
accomuna: hai visto quanto s’è divertita la gente sotto la guida di Silvio in
una semplice quadriglia! E se poi sui pullman distribuissimo fotocopie di canti
tradizionali e ne facessimo sentire le musiche con la radio di bordo?
Camminando per i tratturi potremmo allora cantarle, forti dei nostri musici che
ci accompagnano e dei testi che abbiamo in mano. Sarebbe un modo per entrare
nello spirito dei luoghi, perché non di soli panorami e di sole case sono
fatti.
Quanto alla lingua e ai modi di dire (proverbi, termini) e alle consuetudini
tipiche di una zona, c’è capitato per caso di confrontarci con Michele,
impagabile testimone di un passato che se non registriamo ci perdiamo. E’ stato
un momento del quale Silvia ancora parla ai suoi amici, uno dei momenti più
interessanti e divertenti: Michele leggeva delle tiritere assemblate da lui per
registrare termini in estinzione e modi di dire che riferivano usi passati. C’è
stata la fortuna di confrontarci con una esperta di molisano; ma anche uno
degli autisti, capitato anche lui nel dotto consesso per caso, ha detto la sua
contribuendo alla involontaria lezione di lingua e costume. Ti garantisco: uno
dei ricordi più divertenti e coinvolgenti del tuo imperdibile viaggio.
4) Ancora una riflessione di Silvia, anche lei come me entusiasta
dell’esperienza. “Ci deve essere il tempo di accostare e quindi comprare
prodotti locali, alimentari o di artigianato, un modo per conservare noi
qualcosa di quella cultura, ma ancor più per lasciare un qualche guadagno
immediato a quelli che ci hanno ospitato”.
E’ una bella riflessione: noi abbiamo comprato qualcosa solo una volta,
rinunciando a una parte delle “cattedre”. Abbiamo allora pensato a come si
potrebbe realizzare una cosa del genere. Abbiamo ipotizzato di dare più tempo
nelle tappe in modo da permettere acquisti, ma abbiamo pensato a quanto si
disperderebbe il gruppo alla ricerca delle botteghe e come quindi diventerebbe
ancora più difficile rammassarli col tuo fischio. E poi di tempo
già ne viene dato in abbondanza a mio avviso.
Mi è venuta allora l’idea di proporre alle pro-loco o comunque agli
organizzatori delle “accoglienze” di permettere a produttori locali di mettere
banchetti presso i luoghi di ristorazione. Il gruppo non si disperderebbe, non
ci sarebbe bisogno di altro tempo. E magari i “produttori” potrebbero diventare
“sponsor” dell’accoglienza, diminuendo così il carico economico agli
organizzatori (e magari anche a te...).
5) Un’ultima cosa e poi ti libero: le moderne “macchine” che ci hanno
assistito, protetto, rassicurato e... portato acqua, ci hanno - in parallelo -
interrotto, ad ogni loro passaggio, il silenzio (che è la rombante voce dei
luoghi) e gli odori ai quali sovrapponevano gli scarti del diesel, imponendoci
per altro il loro anacronismo fuori luogo (credo che questa sia una esatta
espressione: luoghi di milioni di anni e macchine spernacchianti, fastidiose parvenue
che di anni ne hanno una decina). Ma poi, perché rassicurarci?
rassicurarci di che? I luoghi sono contro di noi? La Natura ci insidia?
Rassicurarci che se non ce la facciamo più qualcuno ci raccoglie? Non basta
averlo detto? Se ti rompi una gamba ti prendiamo e ti portiamo all’ospedale.
Che altro serve? L’acqua? Ne hai nel sacco - e fresca! - quanta non ne avevano
i pastori dei quali siamo sulle tracce. Fattela bastare! Questo viaggio è così.
Non ti va bene? ...Fanne un altro.
Non ti sembri spocchiosa questa mia posizione. E’ che ogni cosa dovrebbe avere
una connotazione specifica. Anche questo non è moderno, lo so. La modernità
vuole sapori uguali, musiche uguali, vestiti uguali, ritualità uguali, dove la
diversità è una connotazione antica delle cose. Io sono per la modernità, ma
vedo la diversità come un grande e imperdibile valore. Questo viaggio è così.
E’ bello perché è così. E’ bello anche perché non è uguale agli altri.
Basta. Quanto ho detto spero ti faccia capire quanto abbiamo partecipato alla
tua iniziativa, quanto ci abbia entusiasmato e quanto ci abbia deciso a essere tuoi sostenitori.
Con stima e affetto
Mario
Casale e Silvia Fandavelli
01/09/2013