CAMMINARE E' CULTURA
(a cura di CLAUDIO DI CERBO
Segretario di Italia Nostra, sez. Molise)
PAZZI!
(a cura di PIERGIORGIO ACQUISTAPACE)
È Agosto e lungo le strade del Molise centrale si è
potuto osservare una nutrita schiera di appassionati "marciatori",
un gruppo consistente, non frequente per le nostre zone dove
tale tipo di attività non è sviluppata, con alla
testa l'amico Giovanni Germano e i lettori de "la
vianova".
È il "cammina, Molise!"
una manifestazione di camminatori in prevalenza non locali,
che, toccando i centri storici della zona centrale del Molise,
da Duronia a Carpinone, da Castelpetroso a Campobasso e Castropignano
e tanti altri piccoli centri fuori dai circuiti preferenziali
del turismo nostrano, ha voluto far conoscere il territorio
e suscitare stimoli per interventi di valorizzazione.
In quattro giornate di faticose ma piacevoli marce, il "cammina,
Molise!"ha unito al diletto di percorrere
itinerari insoliti la riscoperta di alcune testimonianze minori
ed una serie di incontri e dibattiti inerenti la utilizzazione
delle risorse naturali e dei beni culturali in generale.
È questo un modo, probabilmente il migliore, per poter
capire costumi e mentalità perchè ci permette
di entrare in contatto con le genti del posto, di scoprire o
di riscoprire testimonianze di vita passata, di frequentare
posti sconosciuti e di conoscere reperti spesso in stato di
abbandono.
Leggevo su uno dei tanti depliants che, utilizzando quintali
di carta patinata, raggiungono ogni recapito, una frase che
mi ha colpito: che per un buon camminatore "occorrono...
buoni occhi", che cioè bisogna essere dei buoni
osservatori per essere interessati all'ambiente che si attraversa,
alle caratteristiche naturali, agli elementi architettonici,
ai tanti e piccoli segni che l'uomo ha discretamente lasciato.
Anche in un opuscoletto di una Associazione ambientalista si
può leggere che per camminare bisogna osservare, osservare
per conoscere, conoscere per amare, amare per tutelare; insomma
il camminare deve essere inteso anche come un avvenimento culturale
perchè utilizzando sentieri, piste, stradine, attraversando
zone dal paesaggio spettacolare, luoghi dalla natura integra
o ancora poco compromessa, ambienti di notevoli valori naturali
e storici si arricchisce il proprio bagaglio culturale; ugualmente
per tale attività diventa un mezzo per rilanciare il
turismo in zone poco conosciute e ricche di significati rimarcandone
la funzione ai fini dello sviluppo economico di zone cosiddette
"marginali".
Questo metodo in effetti fu applicato dai viaggiatori culturali
di qualche secolo addietro, soprattutto stranieri; Lord Hamilton,
il marchese De Salis Marschlins, l'inglese Kraven, nonchè
lo stesso napoletano Francesco di Borbone, nei loro resoconti
o diari di viaggio con cura osservavano, annotavano, ricostruivano
i collegamenti con il passato e quindi traevano conclusioni
e riflessioni anche sui modi e mezzi per migliorare lo sviluppo
socio-economico delle popolazioni.
Soffermiamoci un poco sulle funzioni e sulla validità
del camminare che non viene spesso evidenziata: ribadendo che
il camminare deve essere inteso anche come un fatto culturale
al pari del godimento estetico che si trova nel percorrere sentieri,
l'attività ricreativa svolta in compagnia numerosa quindi
permette la possibilità di una socializzazione schietta
e genuina o "girando" da soli di avere momenti di
riflessione in completo relax e in entrambi i casi la funzione
sociale del camminare con le pedule.
Ci si forma anche una coscienza ecologica perchè
si impara a conoscere ed apprezzare gli elementi naturali, soprattutto
per i giovani, a riscoprire i collegamenti e le interazioni
e le trasformazioni dell'ambiente camminando in un laboratorio
all'aperto cui i fenomeni vengono presentati senza imposizioni
come sui libri scolastici....
La Regione Molise sembra che sia sulla buona strada, almeno
a livello programmatico, includendo nei P.O.P. (i programmi
operativi plurifondo che dovrebbero pianificare lo sviluppo
sino alle soglie del 2000) la valorizzazione della sentieristica,
per la sua possibile fruizione nell'ambito di uno sviluppo socio-economico
della regione.
Senza dubbio è stato importante per tale indirizzo la
spinta della associazioni che hanno intensificato e pubblicizzato
il camminare e di gruppi di appassionati, quali quelli de la
vianova, a cui va riconosciuto il merito di aver organizzato
e svolto una delle prime manifestazioni di marcia "integrata"
nel territorio molisano.
Un territorio che ben si presta a questa pratica e che presenta
tutti gli elementi necessari: è poco abitato con appena
75 ab\Kmq.; è quindi una delle regioni con più
bassa densità, che dispone di ampi spazi territoriali
poco antropizzati, che presenta una grande varietà di
ambienti in pochi chilometri, con zone paesaggistiche notevoli
e punti panoramici che permettono di abbracciare con sguardo
contemporaneamente i due mari.
Con tali prerogative non siamo preparati a incentivare la pratica
del "camminare", e non lo saremo ancora se ci si adopera
per accogliere questo tipo di turismo fatto di escursionismo
così valido ed adatto per le nostre zone e che può
richiamare chi, come gli stranieri, che da tempo lo praticano.
Leggo su un articolo, nella pagina locale di un quotidiano,
che risulta che "fra chi ha deciso di rilassarsi fra la
frescura delle montagne" vi sono solo 260 presenze di stranieri
nel mese di giugno per la provincia -quella di Isernia- che
con un'attenta promozione potrebbe incrementare le presenze
come nel confinante Abruzzo.
Tale dato vuole dire che la maggioranza dei turisti o villeggianti
è dovuta dal rientro dei locali; e se chi viene sono
i tassisti di Bagnoli del Trigno e Pietrabbondante, gli artigiani
capracottesi di Roma, i commercianti di Sant'Elena e Frosolone,
non è possibile nemmeno risolvere i problemi occupazionali,
richiamando gente che non ha alcuna intenzione di lasciare un
posto di lavoro sicuro soprattutto nell'attuale periodo di ristrettezze.
Allora bisogna fare attenzione a conservare il patrimonio ambientale
e le risorse naturali. Non potremo fare un turismo sia agrituristico,
sia rurale, o naturalistico, perchè senza accorgercene
e senza attenzione da parte dei politici stiamo ormai distruggendo,
nella regione, non solo i grandi ambienti ma anche i piccoli
segni dell'attività umana, le poco conosciute testimonianze
e non sappiamo offrire altro che risorse già note, per
poca conoscenza o scarsa sensibilità verso le altre risorse.
Se prendiamo un depliant per scopi turistici della nostra regione
vediamo che gli unici itinerari trattati sono i soliti posti
di confluenza; mentre possiamo offrire altro, diversificando
le richieste, con la realizzazione di attrezzature per l'ospitalità
e la ricreazione, con itinerari insoliti, affascinanti ed alla
portata di diverse esigenze e interessi, alla riscoperta degli
antichi tracciati abbandonati dopo che per secoli gli abitanti
li avevano utilizzati per i loro scambi, per la pastorizia,
attrezzandoli con una serie di manufatti: fontanili, chiesette,
cappelle, edicole, ricoveri, ecc.
La proposta de la vianova,
con questo "cammina, Molise! 1996",
ha riscoperto le tradizioni popolari, ha fatto conoscere ai
marciatori, con mostre allestite per lo scopo, gli oggetti delle
civiltà contadina e le tradizioni popolari, ha fatto
visitare luoghi di cultura e religiosi, ha dato la possibilità
di visitare centri storici e percorrere il tratturo; e con convegni,
relazioni e tavole rotonde ha cercato di sensibilizzare soprattutto
amministratori ed enti, ma anche i singoli cittadini, a valorizzare
un patrimonio, per conservarlo, tutelarlo ma anche per utilizzarlo
come mezzo di sviluppo economico.
"cammina, Molise! 1996"
ha riunito i pazzi che camminano o corrono a piedi per 40-50
km al giorno, i pazzi fissati con la "robba antica",
i "merciuni" da conservare e restaurare, le pietre
e le case vecchie, e i pazzi fissati con l' ambiente naturale.
A pensarci bene queste forme di pazzia non sono peggiori di
molte altre a cui non si fa più caso: correre in moto,
muoversi sempre in auto (ho visto gitanti domenicali che anche
nei più bei posti di montagna non sanno allontanarsi
di un metro fuori dall' auto; ho visto auto percorrere interi
viali e tornare indietro, per ore e ore, senza scopo); la televisione;
la musica tutto il giorno nelle orecchie; le vacanze nelle località
gremite di gente con code estenuanti in autostrada; stare svegli
in piena notte per una partita di calcio; ecc.
Non sono dunque pazzie ma diversi modi di pensare, diverse mentalità.
La più diffusa è certo quella che ci spinge a
essere sempre più veloci, più in alto, più
forti, ad avere sempre di più. E' il motto olimpico,
che è alla base anche del modello di società in
cui viviamo, fortemente competitiva, al punto di giustificare
anche la guerra. Non metto in dubbio i benèfici effetti
di questo modello sulla nostra vita; ma, diciamolo pure, ha
portato anche disoccupazione, inquinamento, perdita per sempre
di territorio, modifica degli equilibri ambientali e addirittura
del clima; e poi aumento dei mali incurabili, malesseri sociali
e forme di imbarbarimento. E' un modello di cui conosciamo bene
pregi e difetti.
Conosciamo poco invece, e quindi sottovalutiamo, l' altro modo
di pensare: andare più piano (a piedi!), guardare più
in profondità ed essere più sensibili verso il
prossimo e verso la natura; guardare alle cose che a prima vista
sembrano inutili. E non ci accorgiamo che forse questa seconda
mentalità può convivere con la prima.
A mio parere, è l' unica via di uscita dalle tante crisi
in cui viviamo. Se parliamo di soldi e lavoro, la nostra pazzia
di marciatori è un'alternativa ad un concetto di sviluppo
ormai superato, anche se molti ci credono ancora e gli hanno
cambiato nome: lo chiamano "sviluppo compatibile ed equilibrato".
Tutti sanno che la moderna tecnologia consente, oggi, in tutti
i settori, di fare le stesse cose di ieri (dal grano, alla lavatrice,
ai buchi nel muro) ma in un tempo dieci-cento-mille volte minore,
oppure di fare un lavoro dieci-cento-mille volte maggiore nello
stesso tempo. Dunque, moltissimi lavoratori devono fare altro,
ma che cosa? Più auto? Più case? Più grano?
Più maiali? Più scamorse? Ma siamo già
pieni di ogni sorta di oggetti, e alla fine di RIFIUTI (con
i loro costi di smaltimento). Quanto al cibo, ci concediamo
il vergognoso lusso di distruggerne le "eccedenze"
e poi vendiamo le mucche pazze ai paesi affamati!
Dunque: 1) l' agroindustria o l' industria in genere avrà
sempre meno manodopera; 2) produrre di più non serve
perché il mercato è quasi saturo. E allora, escludendo
l' idea fraudolenta di costruire macchine o oggetti che si rompono
sempre più spesso, o l' idea assassina di scatenare una
guerra ogni tanto per poter ricostruire, a parte l' industria
del recupero e riciclo e la produzione di merci non inquinanti,
il grosso rilancio dell' occupazione può avvenire solo
vendendo un altro tipo di "merce": il turismo ambientale,
le vacanze in tranquillità, le passeggiate a piedi, o
in bicicletta, la cultura, l' arte, la storia da conoscere non
solo sui libri di scuola ma anche grazie all' immenso patrimonio
di reperti che il Molise possiede (come tutta l' Italia); le
meraviglie della natura e del paesaggio. Questa è "merce"
continuamente rinnovabile, a condizione di non distruggerne
la materia prima e di saper accogliere i visitatori: quante
volte possiamo visitare Monte Vairano o S. Maria della Strada?
Purtruppo non vedremo più le gole di Chiauci, distrutte
per fare una diga. Quanti turisti arrivano al Parco Nazionale
d' Abruzzo, versante abruzzese? Un milione all' anno! E sul
versante molisano delle Mainarde? Pochissimi perché,
a sei anni dall' allargamento del Parco, è ancora quasi
impossibile pernottare ed è difficile arrivarci senza
auto, dato che Regione e comuni non si sono mossi.
Al di là delle belle parole e delle buone intenzioni,
una buona programmazione economica e politica fondata sul valore
ambiente è ancora di là da venire; prevale ancora
l' atteggiamento di chi dice "siete bravi ma purtroppo...
ci vuole anche lo sviluppo, ovviamente quello compatibile".
E' così che le gole di Chiauci sono scomparse; che Monte
Vairano, dopo vari scempi di cosiddetta "valorizzazione",
dopo il Centro Biomedico dell' Università Cattolica,
sembra avrà anche la Casa dello Studente, mentre del
rimboschimento previsto dal progetto del Centro Biomedico non
si parla nemmeno. E' così che si pensa al raddoppio della
Bifernina, alla fantomatica autostrada molisana e, di nuovo,
al progetto di superstrada Atina-Isernia, che sarebbe la morte
delle Mainarde e del Parco (ma siamo la regione con la maggior
lunghezza complessiva di rete stradale in rapporto al numero
degli abitanti e al numero dei veicoli circolanti). E' così
che si trascurano le potenzialità offerte dal turismo
dei pazzi come noi, che ha bisogno di opere e servizi molto
più semplici e diffusi sul territorio, non di "grandi
lavori".
C' è un dato che circola da tempo: un posto di lavoro
nelle grandi opere pubbliche o nella grande industria costa
dai 500 ai 900 milioni all' anno: dieci volte di più
di un posto di lavoro nel recupero e restauro dei centri storici,
molto più ancora di un posto di lavoro nel risanamento
ambientale (rimboschimenti, ecc.). Ebbene, un crescente numero
di italiani e stranieri vuole visitare i centri storici di tutti
i piccoli comuni, vuole imparare la storia dei Sanniti, vuole
godersi il nostro paesaggio, vuole riposarsi mentre cammina
per i tratturi, o rifornirsi o pernottare, vuole accamparsi
durante il tragitto in bicicletta o a cavallo, vuole mangiare
prodotti naturali non inquinati, e tante altre cose che nessuna
autostrada può dargli.
Se nei nostri paesi sapremo attrezzarci
per offrire queste cose avremo un futuro, altrimenti continueremo
ad avere strade sempre più larghe, veloci e pericolose,
per emigrare meglio e per ricostruirle ogni volta che franano.
E il Molise non cammina.
IL
PROFESSORE, I SINDACI E...NOI ALTRI (a cura di GIOVANI
GERMANO)
L PROFESSORE
Ore 7,45. Puntuale. Puntualissimo il
prof. Lucarelli all'appuntamento.
Alle 8,30, al concentramento sul campo sportivo di Duronia
ci siamo tutti, o meglio, quasi tutti: mancano i "Romani".
Preoccupati, stiamo aspettando il pullman, che da Roma, per
quello che sappiamo , è partito in orario.
"Sempre i soliti, questi Romani - sbotta Lucarelli -
io mi sono alzato alle quattro questa mattina, per venire
da Vasto fin qui!"
Sono già le nove, ma dei Romani neppure l'ombra.
"Non mi era mai capitata una cosa del genere. Un po'
di rispetto per chi viene in orario agli appuntamenti"
continua Lucarelli, ormai in preda ad un'ira incontenibile.
Poi rivolto agli altri professori della sua Associazione,
intima: "Torniamocene a casa! non possiamo rimanere in
balìa di 'questi organizzatori' per quattro giorni."
La reazione giustificata del Professore crea scompiglio all'interno
del gruppo organizzatore. Tanti mesi di duro lavoro potrebbero
andare in fumo nello spazio di pochissimi minuti!
Alle 10,00 in punto arrivano i Romani. Finalmente. Mille scuse.
Ma Lucarelli, infuriato vieppiù, prende di petto tutti.
Lo sconcerto aumenta.
Alle dieci e trenta, con due ore e mezza di ritardo, però
si parte. Gli applausi un po' smorzati, non convinti, dei
pochi amici rimasti, le note smesse della banda, l'ironia
facile di qualche spettatore occasionale fanno da cornice
un po' malinconica a quella che doveva essere invece una "festosa
Partenza".
Sul Tratturo, in discesa (meno male!) verso Civitanova, Lucarelli
ancora 'rumoreggia', ma a Faito, dopo appena due chilometri,
c'è la prima sosta di ristoro, organizzata dagli amici
della borgata. Scorre vino e il Professore ride. Ride? Allora
aveva ragione Rocco (n.d.r.:
il prof. Rocco Cirino è il Presidente dell'Associazione
Italiana Insegnanti di Geografia, sez. Molise, che ha collaborato
alla realizzazione del 'Cammina Molise'): "Vedrai,
Giovanni, - continuava a dirmi prima della partenza - si calmerà.
Lui è fatto così. In questi giorni avrai modo
di conoscerlo. E' una persona eccezionale".
Domenico Lucarelli, settanta anni suonati, "ru
pruf'ssore", come veniva chiamato in ogni paese
attraversato (lo conoscevano dappertutto!), si è rivelato,
già dopo i primi chilometri, il compagno ideale di
questa lunga marcia. Instancabile camminatore. I più
giovani lo 'sfottevano' quando rimaneva indietro o quando
(ma questo non lo raccontate in giro!), spossato dalla calura
delle prime ore pomeridiane, saliva sul pullman per riposare: "Pruf'ssò, e mò!". Tanto
prezioso e dotto nelle sue lezioni di conoscenza "globale"
del territorio, quanto ardito e divertito nell'incassare gli
scherzi camerateschi dell'allegra brigata dei marciatori. "Guagliù, mò m'eta p'rdunà
p' chella matina, ma m'eva 'ncazzate brùtt." Si
ti perdoniamo, Professore, e ti diciamo grazie per aver scelto
di trascorrere quattro giorni insieme a noi.
I ROMANI E GLI ALTRI
E i Romani? Bè, si erano alzati prestissimo anche loro
quella mattina del sette agosto. Molti problemi durante il
viaggio, ma infine presenti alla partenza, pronti per l'avventura.
A Roma avevano avuto modo di sapere della marcia, leggendo
i nostri manifesti a Villa Panphili, dove loro vanno abitualmente
ad allenarsi per le gare podistiche. Si son lasciati tentare
dalla curiosità ed hanno deciso di venire a conoscere
il Molise in questa maniera così insolita.
"E' stata una lezione di vita - è arrivata a dire
Antonietta - Non potete immaginare quanto voi ed il Molise
siete riusciti a darci in questi quattro giorni!".
Nell'asprezza della fatica (40 km. al giorno erano davvero
tanti, anche per i podisti romani) e nel desiderio inappagabile
di vedere e conoscere, abbiamo trovato lo spirito giusto,
gioviale e pacato, per stare bene insieme , tutti.
I Romani con i Bergamaschi e con i Milanesi, molti i Molisani
residenti e non, e tanti, tantissimi giovani. Alessandro,
diciannove anni, studente universitario di Roma, "Un'esperienza
unica, forse irripetibile!" continuava a ripetere al
padre il giorno dell'arrivo. Il figlio col padre, lo studente
con il professore, l'operaio con l'imprenditore, l'artigiano
ed il professionista, l'animalista, il cacciatore: varia umanità,
varia socialità, varie culture. Tutti insieme, il sudore
alla fronte, per scoprire o riscoprire le terre molisane.
La fatica fisica del camminare, intesa come proposta del "fare"
attivo, contrapposto alla staticità passiva dell'attesa;
la fatica culturale del conoscere, contrapposta alla requie
insipiente della "chiacchiera"; la riscoperta della
"piazza", intesa come punto d'incontro e di confronto,
contrapposta agli steccati dell'"orticello", coltivato
con la cultura dell'assistenzialismo. Questi sono stati i
messaggi che gli organizzatori del "cammina,
Molise!" hanno
voluto lanciare in funzione di un risveglio fecondo della
propria terra e che i partecipanti alla marcia, specie i più
giovani, hanno dimostrato di assimilare, con le verifiche
quotidiane sul "campo" dei percorsi e delle tappe.
I SINDACI
Sulle lettere, spedite per posta e
via fax ai sindaci dei paesi attraversati, erano messe ben
in evidenza le motivazioni naturalistiche, ma anche sociali
e culturali, di questa lunga camminata. Traspariva chiaro
l'intento di coinvolgere attivamente gli amministratori.
Ad essi veniva offerta la possibilità (non credo
ce ne siano tante altre di occasioni del genere nel Molise)
di far conoscere meglio, ovviamente nei limiti logistici
della manifestazione stessa, i loro paesi e le loro problematiche.
Avevamo per questo previsto degli incontri con i marciatori
negli stessi centri attraversati, ma anche, a conclusione
di ogni tappa, dei dibattiti più allargati alle varie
realtà locali. La risposta di alcuni nostri lungimiranti
politici qual'è stata? "Guagliù,
s' scete m'nute p' sòld, nu n'n t'nèmm na
lira!". Bè, questa litania ce la siamo
sentita ripetere più volte e devo dire anche con
un certo fastidio. No, egregi Signori, noi non siamo venuti
"per soldi", non ci reputiamo mendicanti (col
dovuto rispetto per i mendicanti), nè intendiamo
attaccarci ad alcun carro, nella flebile speranza di ottenere
qualche "favore". Credevamo di essere stati chiari,
...o forse lo siamo stati fin troppo? Ma quali messaggi
siete capaci di recepire, voi, cari sindaci? Vi abbiamo
portata tanta gente nei vostri paesi, e voi l'avete ignorata.
L'ospitalità è sacra, dovreste saperlo, i
nostri padri ce l'hanno insegnato, ma voi nemmeno quella
siete riusciti a rispettare. "Ma chia suò s' quàtt p'll'grine!".
Risposte dialettali, si, ma certamente significative. Bè,
sicuramente non siamo "pellegrini" che portano
voti a qualcuno e questo dalle nostre parti (e non solo)
crea barriere insormontabili. I nostri sindaci conoscono
bene la politica del "do ut des", hanno fiutato
bene e per questo non hanno visto l'"affare" nella
nostra manifestazione.
Fermiamoci qui, sarebbe troppo increscioso proseguire. D'altronde
queste considerazioni potrebbero rivelarsi altamente offensive
nei confronti di quei sindaci che invece hanno dimostrato
alta sensibilità verso questa "fatica",
enorme, perchè promossa da volontari, carichi d'amore
verso la propria terra, che oltretutto i "soldi"
per finanziare questo tipo di iniziative li vedono uscire
solo dalle proprie tasche e dalle tasche di quegli sponsor
illuminati, pubblici e privati, capaci di cogliere messaggi
nuovi e fruttuosi per l'interesse comune.
L'architetto Lerza, sindaco di Forlì del Sannio,
lo scorso anno è riuscito a dare un grosso esempio
ai suoi colleghi, organizzando nel suo paese, nell'ambito
della marcia Roma-Duronia, il seguitissimo incontro sul
tema dei Tratturi ed accogliendo, in segno di rispetto,
i marciatori nelle aule municipali. Disponibilità
e "senso di ospitalità", quest'anno, sono
stati dimostrati innanzitutto dal sindaco di Macchiagodena,
Maria Teresa Perrella, che è riuscita ad ingraziarsi
le simpatie di tutti, con l'accoglienza calorosa preparata
in collaborazione con le cassintegrate locali, e dal sindaco
di Montagano, Antonio Trivisonno, che è venuto personalmente
a prelevarci sugli impervi sentieri alle pendici del paese,
per poi accompagnarci in una dotta visita cittadina. A Chiauci,
per via degli imprevisti della mattinata, siamo arrivati
con quasi due ore di ritardo, ma abbiamo comunque trovato
giovani pazienti ad aspettarci per offrirci qualcosa da
bere. A Fossalto abbiamo addirittura ballato in piazza,
con il sindaco in abito blu, perchè in contemporanea
aveva una festa di matrimonio. A Torella e a Pietracupa,
dopo il ristoro, gli amministratori ci hanno guidato all'interno
del centro storico (a Pietracupa, interessantissima è
stata la lezione tenuta da Don Orlando all'interno della
cripta della chiesa parrocchiale). A Matrice il sindaco
siamo andati a stanarlo direttamente nel municipio, mentre
a S. Giovanni in Galdo è venuto a trovarci al Tempietto
italico. Il sindaco di Campobasso, Augusto Massa, nell'aula
consiliare del suo comune ha presenziato l'incontro-dibattito,
previsto in programma, sul tema "Campobasso, dalla
città giardino alla città attuale", i
cui relatori sono stati l'urbanista Manfredi Selvaggi ed
il prof. Rocco Cirino, e a Castropignano il sindaco, dopo
la relazione dell'arch. Di Cerbo di "Italia Nostra",
ha discusso animatamente del problema dei centri storici
con i cittadini e con gli amministratori di alcuni paesi
vicini. All'incontro di Castelpetroso, tenutosi in un albergo
locale, in cui si è discusso della sentieristica
nella provincia di Isernia, relatore l'arch. Di Cerbo, presente
il sindaco di Civitanova, anche in rappresentanza del consiglio
provinciale, è venuto a farci visita il Presidente
della Regione, Marcello Veneziale, a testimonianza dell'interesse
dei nuovi amministratori regionali verso queste iniziative
"cosi strettamente legate al territorio molisano".
I CITTADINI DI DURONIA
Qualche lacrima è sfuggita
a più di qualcuno, la sera, a Duronia, sul campo
sportivo, quando è arrivato per i marciatori il momento
di salutarsi. Era finita per davvero! Stanchi, lo sguardo
rivolto all'indietro, dispiace lasciarsi.
Gli ultimi chilometri, poi, in una crescente, fastosa ed
affettuosa accoglienza, che ha lasciato il segno in ognuno
di noi.
Hanno iniziato gli amici della borgata Valloni: ogni gruppo
di case una festa. Poi Casale: la tappa del raccoglimento
prima dell'ingresso a Duronia. Casale-Duronia, tre chilometri
appena: gli ultimi. L'ansia di arrivare. Le prime case di
Duronia, così lontane ancora, così in alto.
Il gruppo si compatta gioioso, intonando cori improvvisati,
sgolandosi nella ripetizione ritmata di slogan divenuti
"mitici" da Macchiagodena in poi, sventolando
fazzoletti e cappelli: davanti a tutti, lui, Lucarelli.
Ci avviciniamo. Le note della banda cittadina incominciano
a confondersi col frastuono dei marciatori. Siamo, alla
fine, alle porte di Duronia. Le note della banda sovrastano
ed azzittiscono in maniera solenne le voci ormai rauche.
I bambini ci vengono incontro a frotte, centinaia di persone
festanti fanno da cornice al nostro ingresso in paese. La
fatica fatta ci fa apprezzare enormemente questa calorosa
accoglienza, che continuerà poi la sera, fino a tardi,
in una festa coinvolgente fatta di suoni, di balli e degustazioni
tipiche locali.
Tante
energie si sono unite in questa "fatica". Il frutto
che ne è venuto fuori noi cercheremo di farvelo assaporare
su queste pagine.
A voi che ci leggete, per ultimo, un invito a ricordare che la vianova è nata e continua ad esistere perchè
voi la usiate: esponete i vostri problemi e fate proposte;
attraverso il giornale avrete così la possibilità
di conoscervi, di confrontarvi e quindi di "fare".
"Fare"! unico modo per contribuire ad indicare altre
possibili strade su cui "far camminare" il nuovo
sviluppo del Molise.
Copyright: A.C. "La Terra"
Editrice de la vianova, periodico molisano di informazione, ed organizzatrice
della manifestazione naturalistica e socio-culturale cammina, Molise!