Edizione 1996


CAMMINARE E' CULTURA
(a cura di CLAUDIO DI CERBO
Segretario di Italia Nostra, sez. Molise)

PAZZI!
(a cura di PIERGIORGIO ACQUISTAPACE)


È Agosto e lungo le strade del Molise centrale si è potuto osservare una nutrita schiera di appassionati "marciatori", un gruppo consistente, non frequente per le nostre zone dove tale tipo di attività non è sviluppata, con alla testa l'amico Giovanni Germano e i lettori de "la vianova".



È il "cammina, Molise!" una manifestazione di camminatori in prevalenza non locali, che, toccando i centri storici della zona centrale del Molise, da Duronia a Carpinone, da Castelpetroso a Campobasso e Castropignano e tanti altri piccoli centri fuori dai circuiti preferenziali del turismo nostrano, ha voluto far conoscere il territorio e suscitare stimoli per interventi di valorizzazione.

In quattro giornate di faticose ma piacevoli marce, il "cammina, Molise!"ha unito al diletto di percorrere itinerari insoliti la riscoperta di alcune testimonianze minori ed una serie di incontri e dibattiti inerenti la utilizzazione delle risorse naturali e dei beni culturali in generale.
È questo un modo, probabilmente il migliore, per poter capire costumi e mentalità perchè ci permette di entrare in contatto con le genti del posto, di scoprire o di riscoprire testimonianze di vita passata, di frequentare posti sconosciuti e di conoscere reperti spesso in stato di abbandono.

Leggevo su uno dei tanti depliants che, utilizzando quintali di carta patinata, raggiungono ogni recapito, una frase che mi ha colpito: che per un buon camminatore "occorrono... buoni occhi", che cioè bisogna essere dei buoni osservatori per essere interessati all'ambiente che si attraversa, alle caratteristiche naturali, agli elementi architettonici, ai tanti e piccoli segni che l'uomo ha discretamente lasciato.

Anche in un opuscoletto di una Associazione ambientalista si può leggere che per camminare bisogna osservare, osservare per conoscere, conoscere per amare, amare per tutelare; insomma il camminare deve essere inteso anche come un avvenimento culturale perchè utilizzando sentieri, piste, stradine, attraversando zone dal paesaggio spettacolare, luoghi dalla natura integra o ancora poco compromessa, ambienti di notevoli valori naturali e storici si arricchisce il proprio bagaglio culturale; ugualmente per tale attività diventa un mezzo per rilanciare il turismo in zone poco conosciute e ricche di significati rimarcandone la funzione ai fini dello sviluppo economico di zone cosiddette "marginali".

Questo metodo in effetti fu applicato dai viaggiatori culturali di qualche secolo addietro, soprattutto stranieri; Lord Hamilton, il marchese De Salis Marschlins, l'inglese Kraven, nonchè lo stesso napoletano Francesco di Borbone, nei loro resoconti o diari di viaggio con cura osservavano, annotavano, ricostruivano i collegamenti con il passato e quindi traevano conclusioni e riflessioni anche sui modi e mezzi per migliorare lo sviluppo socio-economico delle popolazioni.

Soffermiamoci un poco sulle funzioni e sulla validità del camminare che non viene spesso evidenziata: ribadendo che il camminare deve essere inteso anche come un fatto culturale al pari del godimento estetico che si trova nel percorrere sentieri, l'attività ricreativa svolta in compagnia numerosa quindi permette la possibilità di una socializzazione schietta e genuina o "girando" da soli di avere momenti di riflessione in completo relax e in entrambi i casi la funzione sociale del camminare con le pedule.

Ci si forma anche una coscienza ecologica perchè si impara a conoscere ed apprezzare gli elementi naturali, soprattutto per i giovani, a riscoprire i collegamenti e le interazioni e le trasformazioni dell'ambiente camminando in un laboratorio all'aperto cui i fenomeni vengono presentati senza imposizioni come sui libri scolastici....

La Regione Molise sembra che sia sulla buona strada, almeno a livello programmatico, includendo nei P.O.P. (i programmi operativi plurifondo che dovrebbero pianificare lo sviluppo sino alle soglie del 2000) la valorizzazione della sentieristica, per la sua possibile fruizione nell'ambito di uno sviluppo socio-economico della regione.

Senza dubbio è stato importante per tale indirizzo la spinta della associazioni che hanno intensificato e pubblicizzato il camminare e di gruppi di appassionati, quali quelli de la vianova, a cui va riconosciuto il merito di aver organizzato e svolto una delle prime manifestazioni di marcia "integrata" nel territorio molisano.

Un territorio che ben si presta a questa pratica e che presenta tutti gli elementi necessari: è poco abitato con appena 75 ab\Kmq.; è quindi una delle regioni con più bassa densità, che dispone di ampi spazi territoriali poco antropizzati, che presenta una grande varietà di ambienti in pochi chilometri, con zone paesaggistiche notevoli e punti panoramici che permettono di abbracciare con sguardo contemporaneamente i due mari.

Con tali prerogative non siamo preparati a incentivare la pratica del "camminare", e non lo saremo ancora se ci si adopera per accogliere questo tipo di turismo fatto di escursionismo così valido ed adatto per le nostre zone e che può richiamare chi, come gli stranieri, che da tempo lo praticano. Leggo su un articolo, nella pagina locale di un quotidiano, che risulta che "fra chi ha deciso di rilassarsi fra la frescura delle montagne" vi sono solo 260 presenze di stranieri nel mese di giugno per la provincia -quella di Isernia- che con un'attenta promozione potrebbe incrementare le presenze come nel confinante Abruzzo.

Tale dato vuole dire che la maggioranza dei turisti o villeggianti è dovuta dal rientro dei locali; e se chi viene sono i tassisti di Bagnoli del Trigno e Pietrabbondante, gli artigiani capracottesi di Roma, i commercianti di Sant'Elena e Frosolone, non è possibile nemmeno risolvere i problemi occupazionali, richiamando gente che non ha alcuna intenzione di lasciare un posto di lavoro sicuro soprattutto nell'attuale periodo di ristrettezze.

Allora bisogna fare attenzione a conservare il patrimonio ambientale e le risorse naturali. Non potremo fare un turismo sia agrituristico, sia rurale, o naturalistico, perchè senza accorgercene e senza attenzione da parte dei politici stiamo ormai distruggendo, nella regione, non solo i grandi ambienti ma anche i piccoli segni dell'attività umana, le poco conosciute testimonianze e non sappiamo offrire altro che risorse già note, per poca conoscenza o scarsa sensibilità verso le altre risorse.

Se prendiamo un depliant per scopi turistici della nostra regione vediamo che gli unici itinerari trattati sono i soliti posti di confluenza; mentre possiamo offrire altro, diversificando le richieste, con la realizzazione di attrezzature per l'ospitalità e la ricreazione, con itinerari insoliti, affascinanti ed alla portata di diverse esigenze e interessi, alla riscoperta degli antichi tracciati abbandonati dopo che per secoli gli abitanti li avevano utilizzati per i loro scambi, per la pastorizia, attrezzandoli con una serie di manufatti: fontanili, chiesette, cappelle, edicole, ricoveri, ecc.


La proposta de la vianova, con questo "cammina, Molise! 1996", ha riscoperto le tradizioni popolari, ha fatto conoscere ai marciatori, con mostre allestite per lo scopo, gli oggetti delle civiltà contadina e le tradizioni popolari, ha fatto visitare luoghi di cultura e religiosi, ha dato la possibilità di visitare centri storici e percorrere il tratturo; e con convegni, relazioni e tavole rotonde ha cercato di sensibilizzare soprattutto amministratori ed enti, ma anche i singoli cittadini, a valorizzare un patrimonio, per conservarlo, tutelarlo ma anche per utilizzarlo come mezzo di sviluppo economico.


"
cammina, Molise! 1996" ha riunito i pazzi che camminano o corrono a piedi per 40-50 km al giorno, i pazzi fissati con la "robba antica", i "merciuni" da conservare e restaurare, le pietre e le case vecchie, e i pazzi fissati con l' ambiente naturale.


A pensarci bene queste forme di pazzia non sono peggiori di molte altre a cui non si fa più caso: correre in moto, muoversi sempre in auto (ho visto gitanti domenicali che anche nei più bei posti di montagna non sanno allontanarsi di un metro fuori dall' auto; ho visto auto percorrere interi viali e tornare indietro, per ore e ore, senza scopo); la televisione; la musica tutto il giorno nelle orecchie; le vacanze nelle località gremite di gente con code estenuanti in autostrada; stare svegli in piena notte per una partita di calcio; ecc.

Non sono dunque pazzie ma diversi modi di pensare, diverse mentalità. La più diffusa è certo quella che ci spinge a essere sempre più veloci, più in alto, più forti, ad avere sempre di più. E' il motto olimpico, che è alla base anche del modello di società in cui viviamo, fortemente competitiva, al punto di giustificare anche la guerra. Non metto in dubbio i benèfici effetti di questo modello sulla nostra vita; ma, diciamolo pure, ha portato anche disoccupazione, inquinamento, perdita per sempre di territorio, modifica degli equilibri ambientali e addirittura del clima; e poi aumento dei mali incurabili, malesseri sociali e forme di imbarbarimento. E' un modello di cui conosciamo bene pregi e difetti.

Conosciamo poco invece, e quindi sottovalutiamo, l' altro modo di pensare: andare più piano (a piedi!), guardare più in profondità ed essere più sensibili verso il prossimo e verso la natura; guardare alle cose che a prima vista sembrano inutili. E non ci accorgiamo che forse questa seconda mentalità può convivere con la prima.

A mio parere, è l' unica via di uscita dalle tante crisi in cui viviamo. Se parliamo di soldi e lavoro, la nostra pazzia di marciatori è un'alternativa ad un concetto di sviluppo ormai superato, anche se molti ci credono ancora e gli hanno cambiato nome: lo chiamano "sviluppo compatibile ed equilibrato". Tutti sanno che la moderna tecnologia consente, oggi, in tutti i settori, di fare le stesse cose di ieri (dal grano, alla lavatrice, ai buchi nel muro) ma in un tempo dieci-cento-mille volte minore, oppure di fare un lavoro dieci-cento-mille volte maggiore nello stesso tempo. Dunque, moltissimi lavoratori devono fare altro, ma che cosa? Più auto? Più case? Più grano? Più maiali? Più scamorse? Ma siamo già pieni di ogni sorta di oggetti, e alla fine di RIFIUTI (con i loro costi di smaltimento). Quanto al cibo, ci concediamo il vergognoso lusso di distruggerne le "eccedenze" e poi vendiamo le mucche pazze ai paesi affamati!

Dunque: 1) l' agroindustria o l' industria in genere avrà sempre meno manodopera; 2) produrre di più non serve perché il mercato è quasi saturo. E allora, escludendo l' idea fraudolenta di costruire macchine o oggetti che si rompono sempre più spesso, o l' idea assassina di scatenare una guerra ogni tanto per poter ricostruire, a parte l' industria del recupero e riciclo e la produzione di merci non inquinanti, il grosso rilancio dell' occupazione può avvenire solo vendendo un altro tipo di "merce": il turismo ambientale, le vacanze in tranquillità, le passeggiate a piedi, o in bicicletta, la cultura, l' arte, la storia da conoscere non solo sui libri di scuola ma anche grazie all' immenso patrimonio di reperti che il Molise possiede (come tutta l' Italia); le meraviglie della natura e del paesaggio. Questa è "merce" continuamente rinnovabile, a condizione di non distruggerne la materia prima e di saper accogliere i visitatori: quante volte possiamo visitare Monte Vairano o S. Maria della Strada? Purtruppo non vedremo più le gole di Chiauci, distrutte per fare una diga. Quanti turisti arrivano al Parco Nazionale d' Abruzzo, versante abruzzese? Un milione all' anno! E sul versante molisano delle Mainarde? Pochissimi perché, a sei anni dall' allargamento del Parco, è ancora quasi impossibile pernottare ed è difficile arrivarci senza auto, dato che Regione e comuni non si sono mossi.

Al di là delle belle parole e delle buone intenzioni, una buona programmazione economica e politica fondata sul valore ambiente è ancora di là da venire; prevale ancora l' atteggiamento di chi dice "siete bravi ma purtroppo... ci vuole anche lo sviluppo, ovviamente quello compatibile". E' così che le gole di Chiauci sono scomparse; che Monte Vairano, dopo vari scempi di cosiddetta "valorizzazione", dopo il Centro Biomedico dell' Università Cattolica, sembra avrà anche la Casa dello Studente, mentre del rimboschimento previsto dal progetto del Centro Biomedico non si parla nemmeno. E' così che si pensa al raddoppio della Bifernina, alla fantomatica autostrada molisana e, di nuovo, al progetto di superstrada Atina-Isernia, che sarebbe la morte delle Mainarde e del Parco (ma siamo la regione con la maggior lunghezza complessiva di rete stradale in rapporto al numero degli abitanti e al numero dei veicoli circolanti). E' così che si trascurano le potenzialità offerte dal turismo dei pazzi come noi, che ha bisogno di opere e servizi molto più semplici e diffusi sul territorio, non di "grandi lavori".

C' è un dato che circola da tempo: un posto di lavoro nelle grandi opere pubbliche o nella grande industria costa dai 500 ai 900 milioni all' anno: dieci volte di più di un posto di lavoro nel recupero e restauro dei centri storici, molto più ancora di un posto di lavoro nel risanamento ambientale (rimboschimenti, ecc.). Ebbene, un crescente numero di italiani e stranieri vuole visitare i centri storici di tutti i piccoli comuni, vuole imparare la storia dei Sanniti, vuole godersi il nostro paesaggio, vuole riposarsi mentre cammina per i tratturi, o rifornirsi o pernottare, vuole accamparsi durante il tragitto in bicicletta o a cavallo, vuole mangiare prodotti naturali non inquinati, e tante altre cose che nessuna autostrada può dargli.

Se nei nostri paesi sapremo attrezzarci per offrire queste cose avremo un futuro, altrimenti continueremo ad avere strade sempre più larghe, veloci e pericolose, per emigrare meglio e per ricostruirle ogni volta che franano. E il Molise non cammina.

IL PROFESSORE, I SINDACI E...NOI ALTRI
(a cura di GIOVANI GERMANO)

L PROFESSORE

Ore 7,45. Puntuale. Puntualissimo il prof. Lucarelli all'appuntamento.
Alle 8,30, al concentramento sul campo sportivo di Duronia ci siamo tutti, o meglio, quasi tutti: mancano i "Romani". Preoccupati, stiamo aspettando il pullman, che da Roma, per quello che sappiamo , è partito in orario.
"Sempre i soliti, questi Romani - sbotta Lucarelli - io mi sono alzato alle quattro questa mattina, per venire da Vasto fin qui!"
Sono già le nove, ma dei Romani neppure l'ombra.
"Non mi era mai capitata una cosa del genere. Un po' di rispetto per chi viene in orario agli appuntamenti" continua Lucarelli, ormai in preda ad un'ira incontenibile. Poi rivolto agli altri professori della sua Associazione, intima: "Torniamocene a casa! non possiamo rimanere in balìa di 'questi organizzatori' per quattro giorni."
La reazione giustificata del Professore crea scompiglio all'interno del gruppo organizzatore. Tanti mesi di duro lavoro potrebbero andare in fumo nello spazio di pochissimi minuti!
Alle 10,00 in punto arrivano i Romani. Finalmente. Mille scuse. Ma Lucarelli, infuriato vieppiù, prende di petto tutti. Lo sconcerto aumenta.
Alle dieci e trenta, con due ore e mezza di ritardo, però si parte. Gli applausi un po' smorzati, non convinti, dei pochi amici rimasti, le note smesse della banda, l'ironia facile di qualche spettatore occasionale fanno da cornice un po' malinconica a quella che doveva essere invece una "festosa Partenza".
Sul Tratturo, in discesa (meno male!) verso Civitanova, Lucarelli ancora 'rumoreggia', ma a Faito, dopo appena due chilometri, c'è la prima sosta di ristoro, organizzata dagli amici della borgata. Scorre vino e il Professore ride. Ride? Allora aveva ragione Rocco
(n.d.r.: il prof. Rocco Cirino è il Presidente dell'Associazione Italiana Insegnanti di Geografia, sez. Molise, che ha collaborato alla realizzazione del 'Cammina Molise'): "Vedrai, Giovanni, - continuava a dirmi prima della partenza - si calmerà. Lui è fatto così. In questi giorni avrai modo di conoscerlo. E' una persona eccezionale".
Domenico Lucarelli, settanta anni suonati,
"ru pruf'ssore", come veniva chiamato in ogni paese attraversato (lo conoscevano dappertutto!), si è rivelato, già dopo i primi chilometri, il compagno ideale di questa lunga marcia. Instancabile camminatore. I più giovani lo 'sfottevano' quando rimaneva indietro o quando (ma questo non lo raccontate in giro!), spossato dalla calura delle prime ore pomeridiane, saliva sul pullman per riposare: "Pruf'ssò, e mò!". Tanto prezioso e dotto nelle sue lezioni di conoscenza "globale" del territorio, quanto ardito e divertito nell'incassare gli scherzi camerateschi dell'allegra brigata dei marciatori. "Guagliù, mò m'eta p'rdunà p' chella matina, ma m'eva 'ncazzate brùtt." Si ti perdoniamo, Professore, e ti diciamo grazie per aver scelto di trascorrere quattro giorni insieme a noi.


I ROMANI E GLI ALTRI

E i Romani? Bè, si erano alzati prestissimo anche loro quella mattina del sette agosto. Molti problemi durante il viaggio, ma infine presenti alla partenza, pronti per l'avventura. A Roma avevano avuto modo di sapere della marcia, leggendo i nostri manifesti a Villa Panphili, dove loro vanno abitualmente ad allenarsi per le gare podistiche. Si son lasciati tentare dalla curiosità ed hanno deciso di venire a conoscere il Molise in questa maniera così insolita.
"E' stata una lezione di vita - è arrivata a dire Antonietta - Non potete immaginare quanto voi ed il Molise siete riusciti a darci in questi quattro giorni!".
Nell'asprezza della fatica (40 km. al giorno erano davvero tanti, anche per i podisti romani) e nel desiderio inappagabile di vedere e conoscere, abbiamo trovato lo spirito giusto, gioviale e pacato, per stare bene insieme , tutti.
I Romani con i Bergamaschi e con i Milanesi, molti i Molisani residenti e non, e tanti, tantissimi giovani. Alessandro, diciannove anni, studente universitario di Roma, "Un'esperienza unica, forse irripetibile!" continuava a ripetere al padre il giorno dell'arrivo. Il figlio col padre, lo studente con il professore, l'operaio con l'imprenditore, l'artigiano ed il professionista, l'animalista, il cacciatore: varia umanità, varia socialità, varie culture. Tutti insieme, il sudore alla fronte, per scoprire o riscoprire le terre molisane.
La fatica fisica del camminare, intesa come proposta del "fare" attivo, contrapposto alla staticità passiva dell'attesa; la fatica culturale del conoscere, contrapposta alla requie insipiente della "chiacchiera"; la riscoperta della "piazza", intesa come punto d'incontro e di confronto, contrapposta agli steccati dell'"orticello", coltivato con la cultura dell'assistenzialismo. Questi sono stati i messaggi che gli organizzatori del
"cammina, Molise!" hanno voluto lanciare in funzione di un risveglio fecondo della propria terra e che i partecipanti alla marcia, specie i più giovani, hanno dimostrato di assimilare, con le verifiche quotidiane sul "campo" dei percorsi e delle tappe.

I SINDACI

Sulle lettere, spedite per posta e via fax ai sindaci dei paesi attraversati, erano messe ben in evidenza le motivazioni naturalistiche, ma anche sociali e culturali, di questa lunga camminata. Traspariva chiaro l'intento di coinvolgere attivamente gli amministratori. Ad essi veniva offerta la possibilità (non credo ce ne siano tante altre di occasioni del genere nel Molise) di far conoscere meglio, ovviamente nei limiti logistici della manifestazione stessa, i loro paesi e le loro problematiche. Avevamo per questo previsto degli incontri con i marciatori negli stessi centri attraversati, ma anche, a conclusione di ogni tappa, dei dibattiti più allargati alle varie realtà locali. La risposta di alcuni nostri lungimiranti politici qual'è stata?
"Guagliù, s' scete m'nute p' sòld, nu n'n t'nèmm na lira!". Bè, questa litania ce la siamo sentita ripetere più volte e devo dire anche con un certo fastidio. No, egregi Signori, noi non siamo venuti "per soldi", non ci reputiamo mendicanti (col dovuto rispetto per i mendicanti), nè intendiamo attaccarci ad alcun carro, nella flebile speranza di ottenere qualche "favore". Credevamo di essere stati chiari, ...o forse lo siamo stati fin troppo? Ma quali messaggi siete capaci di recepire, voi, cari sindaci? Vi abbiamo portata tanta gente nei vostri paesi, e voi l'avete ignorata. L'ospitalità è sacra, dovreste saperlo, i nostri padri ce l'hanno insegnato, ma voi nemmeno quella siete riusciti a rispettare.
"Ma chia suò s' quàtt p'll'grine!". Risposte dialettali, si, ma certamente significative. Bè, sicuramente non siamo "pellegrini" che portano voti a qualcuno e questo dalle nostre parti (e non solo) crea barriere insormontabili. I nostri sindaci conoscono bene la politica del "do ut des", hanno fiutato bene e per questo non hanno visto l'"affare" nella nostra manifestazione.
Fermiamoci qui, sarebbe troppo increscioso proseguire. D'altronde queste considerazioni potrebbero rivelarsi altamente offensive nei confronti di quei sindaci che invece hanno dimostrato alta sensibilità verso questa "fatica", enorme, perchè promossa da volontari, carichi d'amore verso la propria terra, che oltretutto i "soldi" per finanziare questo tipo di iniziative li vedono uscire solo dalle proprie tasche e dalle tasche di quegli sponsor illuminati, pubblici e privati, capaci di cogliere messaggi nuovi e fruttuosi per l'interesse comune.
L'architetto Lerza, sindaco di Forlì del Sannio, lo scorso anno è riuscito a dare un grosso esempio ai suoi colleghi, organizzando nel suo paese, nell'ambito della marcia Roma-Duronia, il seguitissimo incontro sul tema dei Tratturi ed accogliendo, in segno di rispetto, i marciatori nelle aule municipali. Disponibilità e "senso di ospitalità", quest'anno, sono stati dimostrati innanzitutto dal sindaco di Macchiagodena, Maria Teresa Perrella, che è riuscita ad ingraziarsi le simpatie di tutti, con l'accoglienza calorosa preparata in collaborazione con le cassintegrate locali, e dal sindaco di Montagano, Antonio Trivisonno, che è venuto personalmente a prelevarci sugli impervi sentieri alle pendici del paese, per poi accompagnarci in una dotta visita cittadina. A Chiauci, per via degli imprevisti della mattinata, siamo arrivati con quasi due ore di ritardo, ma abbiamo comunque trovato giovani pazienti ad aspettarci per offrirci qualcosa da bere. A Fossalto abbiamo addirittura ballato in piazza, con il sindaco in abito blu, perchè in contemporanea aveva una festa di matrimonio. A Torella e a Pietracupa, dopo il ristoro, gli amministratori ci hanno guidato all'interno del centro storico (a Pietracupa, interessantissima è stata la lezione tenuta da Don Orlando all'interno della cripta della chiesa parrocchiale). A Matrice il sindaco siamo andati a stanarlo direttamente nel municipio, mentre a S. Giovanni in Galdo è venuto a trovarci al Tempietto italico. Il sindaco di Campobasso, Augusto Massa, nell'aula consiliare del suo comune ha presenziato l'incontro-dibattito, previsto in programma, sul tema "Campobasso, dalla città giardino alla città attuale", i cui relatori sono stati l'urbanista Manfredi Selvaggi ed il prof. Rocco Cirino, e a Castropignano il sindaco, dopo la relazione dell'arch. Di Cerbo di "Italia Nostra", ha discusso animatamente del problema dei centri storici con i cittadini e con gli amministratori di alcuni paesi vicini. All'incontro di Castelpetroso, tenutosi in un albergo locale, in cui si è discusso della sentieristica nella provincia di Isernia, relatore l'arch. Di Cerbo, presente il sindaco di Civitanova, anche in rappresentanza del consiglio provinciale, è venuto a farci visita il Presidente della Regione, Marcello Veneziale, a testimonianza dell'interesse dei nuovi amministratori regionali verso queste iniziative "cosi strettamente legate al territorio molisano".


I CITTADINI DI DURONIA

Qualche lacrima è sfuggita a più di qualcuno, la sera, a Duronia, sul campo sportivo, quando è arrivato per i marciatori il momento di salutarsi. Era finita per davvero! Stanchi, lo sguardo rivolto all'indietro, dispiace lasciarsi.
Gli ultimi chilometri, poi, in una crescente, fastosa ed affettuosa accoglienza, che ha lasciato il segno in ognuno di noi.
Hanno iniziato gli amici della borgata Valloni: ogni gruppo di case una festa. Poi Casale: la tappa del raccoglimento prima dell'ingresso a Duronia. Casale-Duronia, tre chilometri appena: gli ultimi. L'ansia di arrivare. Le prime case di Duronia, così lontane ancora, così in alto. Il gruppo si compatta gioioso, intonando cori improvvisati, sgolandosi nella ripetizione ritmata di slogan divenuti "mitici" da Macchiagodena in poi, sventolando fazzoletti e cappelli: davanti a tutti, lui, Lucarelli.
Ci avviciniamo. Le note della banda cittadina incominciano a confondersi col frastuono dei marciatori. Siamo, alla fine, alle porte di Duronia. Le note della banda sovrastano ed azzittiscono in maniera solenne le voci ormai rauche. I bambini ci vengono incontro a frotte, centinaia di persone festanti fanno da cornice al nostro ingresso in paese. La fatica fatta ci fa apprezzare enormemente questa calorosa accoglienza, che continuerà poi la sera, fino a tardi, in una festa coinvolgente fatta di suoni, di balli e degustazioni tipiche locali.

Tante energie si sono unite in questa "fatica". Il frutto che ne è venuto fuori noi cercheremo di farvelo assaporare su queste pagine.
A voi che ci leggete, per ultimo, un invito a ricordare che la vianova è nata e continua ad esistere perchè voi la usiate: esponete i vostri problemi e fate proposte; attraverso il giornale avrete così la possibilità di conoscervi, di confrontarvi e quindi di "fare". "Fare"! unico modo per contribuire ad indicare altre possibili strade su cui "far camminare" il nuovo sviluppo del Molise.

Copyright: A.C. "La Terra"


Editrice de la vianova, periodico molisano di informazione, ed organizzatrice
della manifestazione naturalistica e socio-culturale
cammina, Molise!


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