PADRE
ANTONIO GERMANO
CRONACHE QUOTIDIANE DALLA MISSIONE
Archivio:
Chuknagar, 13.11.13
Eccellenza Rev.ma Mons.
Domenico Angelo Scotti
Vescovo di Trivento –Campobasso
Carissimo
Padre e Pastore della mia Diocesi di origine,
Permettimi
che, saltando etichette e rituali convenienze, ti dia del tu. Questo mi
consente di esprimermi col cuore in mano con te, a cui mi lega una lunga e
profonda amicizia. Ci conosciamo fin dagli anni del Seminario Regionale di
Chieti, anche se, per via dell’età, io ero qualche anno più avanti di te. Dopo
il secondo anno di teologia io lasciai il Seminario Regionale per entrare dai Saveriani e seguire la mia vocazione missionaria. Poi si
persero le tracce. In uno dei miei rientri dal Bangladesh ti ritrovai nel
Seminario Regionale prima come Direttore Spirituale e successivamente come
Rettore.
La
nostra amicizia trovò una tappa significativa a Torino Di Sangro,
dove tu eri succeduto come parroco a Don Giovanni Renzetti,
mio compagno di classe e amico carissimo, scomparso così prematuramente. La
notizia della tua nomina a Vescovo di Trivento mi
riempì l’animo di gioia, pensando al dono grande che il Signore faceva alla
nostra Diocesi.
Perdonami
questo breve excursus nella memoria, che mi permette però di esprimere con
maggiore sincerità la gratitudine mia e della mia gente per quello che la
Diocesi di Trivento fa per la mia missione tra i
fuori-casta. La Diocesi di Trivento, attraverso la
Caritas Diocesana, in questi ultimi anni, mi è venuta incontro a più riprese
per progetti di sviluppo e di riabilitazione; mi è stata vicina soprattutto
nella costruzione della chiesa, intitolata a Maria, Regina dei Poveri, e del
Centro Comunitario, intitolato a S. Guido M. Conforti, fondatore dei Missionari
Saveriani.
Nell’ultimo
gesto, quello di aver accreditato alla missione di Chuknagar
10 mila Euro, vi ho visto un chiaro segno della Provvidenza in questo periodo
di profonda crisi economica. Ero con l’acqua alla gola. L’appello fatto ha trovato
la risposta puntuale e generosa della Caritas Diocesana. La somma mi permette
di portare avanti per circa 6 mesi tutte le attività della missione, in
particolare la gestione delle scuolette in 13
villaggi con 800 alunni e 40 insegnanti e mi consente di venire incontro ai
tanti ammalati che bussano alle porte della missione.
Grazie,
dunque, a te Padre e pastore della Diocesi, che ti sei fatto tramite di tanta
generosità. Su questo splendido gemellaggio scenderà senz’altro la benedizione
di Dio, che non si lascia mai vincere in generosità. Mentre fraternamente ti
abbraccio e ti saluto, ti chiedo anche di benedire il mio piccolo gregge.
P. Antonio Germano Das, S. X. antoniogermano2@gmail.com
1. Barca con tronchi di banana. |
2. I ragazzi vengono comunque a scuola. |
3. Il-gruppo-degli-insegnanti. |
4. Incontro formativo con i nostri insegnanti |
5. Momenti-di-esami-nel-nuovo-edificio. |
6. Nostra scuola nel villaggio di Khampur sotto acqua. |
Chuknagar, 24. 09. 13
DA
UN SETTEMBRE ALL’ALTRO.
Cari amici,
Andando indietro con i
ricordi, in data 30.9.1979, trovo annotato in una pagina dei miei vecchi diari:
“Questo fine settembre se ne va e si porta via il mio 40mo compleanno:
coscienza di debolezza in questo punto di guardia al limite del coraggio e
della umana possibilità. Può Dio colmare sempre questa solare solitudine? Mio
Dio, tu sei tutto per me e il mio timore è soltanto per la mia debolezza e non
certo per te”.
Eravamo nel secolo
scorso ed era il mio secondo anno di missione a Borodol,
un’isola fluviale al margine della foresta tropicale, a quell’epoca ancora
regno sovrano della tigre del Bengala. Vi ero approdato su una barca a remi nel
maggio del 1978 dopo una traversata di 11 ore. Mi era stato chiesto di andare a
riaprire quella missione fondata dai Padri Gesuiti nel 1937 e ricevuta in
eredità dai Padri Saveriani nel 1952. Dopo la guerra
di liberazione del 1971, in seguito alla quale il Pakistan Orientale diventava
Bangladesh, la missione era rimasta chiusa per 7 anni, perché nessun padre era
disposto a rimanervi in maniera stabile.
Il posto infatti era
considerato pericoloso sia per la posizione geografica, che lo rendeva
difficilmente raggiungibile, sia per il tipo di gente, intoccabili, designati
col titolo dispregiativo di Muci. La sola pronuncia
del nome provocava disgusto in chi lo sentiva. Sentendo il nome, la gente
“altra” sputava per terra in segno di disprezzo e per paura di essere
contaminata. In pratica è la stessa reazione che si ha quando giunge al naso un puzzo di merda
(mi scuso per il termine, che però rende bene l’idea).
La missione di Borodol si trovava (dico si trovava, perché, purtroppo, col
tempo tutti i fiumi del Bangladesh tendono a insabbiarsi) al centro di un’isola
fluviale formata da un grande fiume, il Kopotokho, il fiume degli albori della mia vita
missionaria. Per 12 anni ho visto il flusso e riflusso delle sue acque,
fenomeno dovuto all’alta e bassa marea; l’ho visto tante volte gonfiarsi e
rompere gli argini, portando distruzione e, a volte, anche morte in occasione
dei ricorrenti cicloni. Proprio in quegli anni mi trovavo a leggere Shiddharta di H. Hesse, di cui, sulle pagine del diario
annotavo una citazione: “Ma dei segreti del fiume, per quest’oggi, non vedeva
che una cosa sola, tale da afferrare interamente l’anima sua. Ecco quel che
vedeva: questa acqua correva correva, eppure era
sempre lì, era sempre e in ogni tempo la stessa, eppure in ogni tempo
un’altra”.Cari amici, mi scuso con voi se mi sono lasciato travolgere dall’onda
dei ricordi. Il fatto è che per me Borodol è
un’epopea, scritta dentro e mai completamente narrata, se non a spizzico.
L’avventura di fede iniziata a Borodol nella
consapevolezza matura dei miei 38 anni di età continua ancora anche se questo
settembre si porta via il mio 74mo anno di età. La scelta degli ultimi, quelli
che Mahatma Gandhi definiva con le famose 4 elle: “THE LAST, THE LOWEST, THE
LEAST, THE LOST” (è un inglese semplice, ma efficace, che, tradotto in italiano
perde tutta la sua forza), questa scelta dunque rimane la mia scelta. Sono
tanti i nomi con cui i miei ultimi vengono designati. Uno dei più antichi è
quello di PARIA (trascritto in inglese pariah), la
cui spiegazione l’ho trovata leggendo il libro dell’ Abbè
J. A. Dubois, un francese, missionario in India dal
1792 al 1823. Il libro, oltre 700 pagine , è un classico, fondamentale per la
conoscenza del mondo Hindu. Il titolo in inglese è: “Hindu Manners,
Customs and Ceremonies”. A
pag. 49 della vecchia edizione che mi è capitata fra le mani trovo, in nota, la
spiegazione del termine PARIA. Testualmente dice: “Parayen means
one that beats the drum (=parai), che in italiano suona così: colui che percuote il
tamburo, chiamato appunto parai”.
LA SOFFERENZA DI DOVER DIRE TANTI NO. La missione tra i fuori-casta è una
missione globale, che va incontro a tutto l’uomo. Evangelizzazione e promozione
umana vanno di pari passo e non si dà un prima e un poi. In questa prospettiva,
l’educazione intesa come acquisizione e maturazione di quei valori che fanno dell’uomo
una persona, rimane una priorità nella nostra azione. Ovviamente occorrerà
anche l’aggancio politico, senza il quale tutto si ferma a livello di sogno.
Qualcosa è già cominciato, ma ci vorrà ancora qualche generazione prima che le
cose maturino fino allo stadio, in cui i nostri, non più stigmatizzati come
fuori-casta, ma uomini liberi tra uomini liberi gestiranno il loro destino. Io
morirò con dentro il sogno, qualche altro ne vedrà la realizzazione.
Tutti gli altri aspetti
della vita associata sono tenuti in considerazione in base alla disponibilità
finanziaria della missione. Uno dei settori che assorbe gran parte delle
risorse è quello sanitario. In questo campo la situazione è molto precaria, a
livello generale, qui in Bangladesh. Negli ultimi anni c’è stato un notevole
balzo in avanti: si sono moltiplicate le strutture ospedaliere, alcune delle
quali non hanno niente da invidiare a quelle più sofisticate del mondo
occidentale e così è cresciuta la schiera dei medici, ma è completamente
assente ogni previdenza o assistenza governativa. La cura degli ammalati è un
grosso business e può curarsi solo chi ha i soldi.
La missione, a riguardo,
è un punto di riferimento non solo per i fuori-casta ma per tutti i diseredati
della zona,che vengono a noi per i casi più disperati. Purtroppo in questi
ultimi tempi abbiamo dovuto dire tanti no perché le risorse si sono esaurite.
La crisi economica, che da vari anni travaglia il mondo occidentale, si è fatta
sentire in maniera molto forte da noi. Dover dire di no a tanti casi pietosi fa
piangere il cuore. E’ capitato qualche giorno fa. Una partoriente è venuta a
chiedere aiuto perché aveva bisogno dell’intervento cesareo. Per l’operazione
occorre l’equivalente di 120 euro, che, in Bangladesh, corrisponde a tre mesi
di lavoro di un operaio. Non siamo stati in grado di aiutarla. In seguito son
venuto a sapere che la donna è morta dando alla luce una bambina.Ecco
un elenco di possibili interventi:
-
CASETTE IN MURATURA: per sostituire
quelle di fango con copertura di foglie di palma. Queste casette costituiscono
un baluardo contro le frequenti inondazioni e i cicloni. Una casetta decente in
muratura viene a costare intorno ai mille euro.
-
DEEP TUBE-WELL: nella zona dove ci
troviamo ad operare la falda acquifera superficiale è inquinata da arsenico.
Per trovare acqua potabile bisogna scendere almeno a 200 metri di profondità.
Nel passato abbiamo fornito di pozzi profondi 15 villaggi. Abbiamo tante
richieste fatte da altri villaggi, che rimangono disattese. Il costo di un deep tube-well si aggira intorno
ai 500 euro.
- INIZIATIVE DI LAVORO: queste iniziative mirano a che la nostra gente attraverso il lavoro riesca a stare in piedi da sola:
-
a). FURGONCINI da trasporto merci e
persone. Tanta della nostra gente per questo tipo di lavoro usa i tricicli a
pedale, che sono molto faticosi e subiscono sempre più la concorrenza dei mezzi
motorizzati. Il costo di un furgoncino si aggira intorno ai mille euro.
-
b).APERTURA DI
PICCOLI NEGOZI O BOTTEGHINI: abbiamo gente che ha frequentato la scuola tecnica
o che ha imparato il mestiere di falegname, sarto, barbiere ma che non ha la
possibilità di affittare un locale al bazar o comprarsi gli strumenti di
lavoro. Un contributo di mille euro consentirebbe loro di partire e di
autogestirsi.
E mi fermo qui sperando
di non aver approfittato troppo della vostra pazienza. Eventualmente, chiedo
perdono e comprensione, promettendo che per qualche mese non vi importunerò.
Salutandovi cordialmente, vi chiederei per ultimo un ricordo nella preghiera.
P. Antonio Germano Das, S. X. antoniogermano2@gmail.com
1. borodol-1980.Visita-dell'allora-Sup.-Gen.-e-consultore. |
2. Sul-fiume-Kopotokho. |
3. La-missione-di-Borodol-come-la-trovai. |
4. La-missione-di-Borodol-come-la-lasciai-nel-1989. |
5. Borodol,scuola-costruita-nel-1984. |
6. Impalcatura-per-scavare-un-pozzo. |
7. La-pompa-dell'acqua-diventa-la-gioia-di-tutti. |
8. momenti-di-coscientizzazione. |
9. All'interno-di-una-delle-scuolette. |
10. Incontro-con-i-genitori-a-Khampur. |
11.Un-banyan-tree-gigante. |
12. Una-delle-casette-costruite-nel-passato |
13. Altro-esemplare-di-casa. |
|
Chuknagar, 18. 04. 13
INDIRIZZO DI SALUTO AGLI AMICI E BENEFATTORI
Carissimi amici,
E’ passato il Natale ed è passata anche la Pasqua! Fin dall’inizio della mia
missione in Bangladesh, via posta o via email, quasi
puntualmente vi facevo arrivare due righe di augurio in occasione di questi due
grandi eventi della storia della nostra salvezza. Quest’anno invece non mi è
riuscito e me ne rammarico con voi.
Siamo in aprile, il mese che scandisce gli anni della mia storia in Bangladesh.
Eravamo nel secolo scorso ed era il 25 aprile del 1977 quando, a bordo dell’Aerflot, un aereo di linea russo, lasciai l’Italia in volo
verso il Bangladesh, dove da 36 anni svolgo la missione che il Signore mi ha
affidato, carico sì dei miei ormai 74 anni di età e 50 anni di professione
religiosa, ma con dentro sempre la gioia di proclamare la Buona Novella.
Voi tutti siete a conoscenza di quello che il Signore mi ha dato di compiere in
tutti questi anni a servizio degli ultimi e per la causa del Vangelo. Cercherò
quindi di non ripetermi per non annoiarvi. Siamo ancora in pieno clima
pasquale. Il mistero di Gesù morto e risorto spiega e dà consistenza alla
missione: siamo in missione quali testimoni della sua Risurrezione. Lo abbiamo
sentito a più riprese in questo tempo post-pasquale rileggendo le pagine degli
Atti degli Apostoli.
Come saprete, sono rientrato in Bangladesh dopo aver trascorso 3 mesi in Italia
per il mio turno di riposo. Durante la mia assenza, P. Yulius,
un saveriano indonesiano, che da due anni condivide
con me la missione a Chuknagar, ha provveduto a
mandare avanti la variegata gamma delle attività della missione. Mi sono
reinserito ed il tempo non mi ha dato più tregua. Il 28 ottobre con la
partecipazione di alcuni Saveriani, legati alla
missione di Chuknagar, abbiamo celebrato il primo
anniversario della dedicazione della chiesa intitolata alla Vergine Maria,
Regina dei Poveri
L’attività scolastica si è conclusa a dicembre con gli esami finali per ogni
grado di scuola. Degno di nota è il fatto che quest’anno 66 studenti del nostro
programma, tutti fuori-casta, di cui metà ragazze, hanno concluso felicemente
l’High School con gli esami di SSC (Secondary School Certificate). Il
10 dicembre nel salone del nostro centro formativo, inaugurato nell’ottobre del
2011 e intitolato a S. Guido M. Conforti, abbiamo celebrato con una certa
enfasi e con larga partecipazione di popolo, in maggioranza giovani, la
giornata mondiale dei diritti umani. Quella del 10 dicembre è una data
particolarmente significativa per la nostra gente, a cui da secoli sono
stati negati i diritti fondamentali della persona umana.
Poi è arrivato il Natale con la sua nota tipica di gioia tutta famigliare,
innestata sulla speranza donataci dal Figlio di Dio fatto uomo. E’diventata
tradizione ormai nella breve storia cristiana di Chuknagar
la gara dei presepi. Quest’anno vi hanno partecipato ben 50 famiglie con 50
presepi diversi e con statuine di fango preparate da loro.
In gennaio è ripresa a pieno ritmo l’attività multipla della missione. A
livello diocesano si è celebrata l’annuale assemble
pastorale di tre giorni con il tema d’obbligo dell’anno della fede. A me è
stato chiesto di presentare “I Nuovi Orizzonti della Evangelizzazione”. Ho
avuto così modo di dire con una certa forza in presenza del vescovo, del clero
diocesano e dei rappresentanti dei vari organismi diocesani che gli orizzonti
ci sono già: per vederli occorrono occhi nuovi, gli occhi della fede!
A gennaio è ripresa anche l’attività scolastica. E’ tradizione ormai che
all’inizio e alla fine dell’anno scolastico incontriamo genitori e alunni nei
13 villaggi in cui siamo presenti con il nostro programma. Lo scopo di questi
incontri non è solo quello di coinvolgere i genitori nell’educazione dei figli,
ma anche quello di portare avanti con loro un cammino di liberazione dalle
varie forme di oppressione che ancora si fanno sentire pesantemente sui
fuori-casta.
Al termine di questa breve sintesi fatta nel tentativo di riallacciare i
rapporti con voi, cari amici, mi preme fare anche un piccolo accenno alla
precaria situazione economica in cui versa la missione. In questi ultimi anni
la crisi globale ha pesato e continua a pesare sulla gestione della missione.
Gli aiuti sono più che dimezzati e quindi siamo costretti a ridimensionare
tante attività legate alla vostra generosità. Spero mi perdoniate questa
conclusione che sembra venata di pessimismo. La fiducia nella Provvidenza è
immensa e la missione non è opera nostra, ma opera dello Spirito. Le difficoltà
ci aiuteranno a fare meglio la missione. Affidandomi alla vostra preghiera, vi
rinnovo il mio grazie con un cordiale saluto.
P. Antonio Germano Das, S. X. antoniogermano2@gmail.com
1. Due vecchi amici. P.Luigi Paggi,fondatore della missione di Chuknagar e originario di Como, P. Johon Fagan, scozzese.Tutti e due presenti allacelebrazione del primo anniversario. |
2. Ingresso all'interno della chiesa |