Archeologia
Nel 1848
comparve sul “Bullettino dell’Istituto di Corrispondenza Archeologica” di Roma,
esattamente nel numero di ottobre, la notizia del ritrovamento di una tavoletta
di bronzo, incisa su ambedue le facciate, recante scritte in lingua osca, la
lingua dei Sanniti Pentri. La notizia proveniva da un
agnonese, il “dottore fisico” Francesco Saverio
Cremonese, che risulta essere stato anche sindaco della fiorente cittadina altomolisana dal 1841 al 1846, ed era corredata da molti
elementi descrittivi del luogo e delle condizioni del ritrovamento, ma non
dell’autore.
Prendendo
spunto da questi elementi, due attenti studiosi della storia molisana,
principalmente di quella sannitica, hanno voluto approfondire le conoscenze su
quella che da sempre viene chiamata la “Tavola di Agnone” ed hanno raccolto
tanti elementi da pubblicare in un libro che hanno intitolato: “Gli enigma –
La tavola osca e Pietrabbondante”; gli autori
sono Paolo Nuvoli e Bruno Paglione. Nuvoli, laureato in giurisprudenza e
docente di materie giuridiche ed economiche, ha scritto vari libri sulla storia
sannitica, oltre ad aver fatto una brillante carriera politica; Paglione,
profondo conoscitore del territorio molisano, ha collaborato con le università
del Molise, di Roma e di Ferrara ed è stato negli anni scorsi Ispettore
Onorario per i beni archeologici della Provincia di Isernia.
In occasione
della interessantissima ed affollata presentazione del libro, che si è tenuta
ad Isernia nell’aula magna dell’ITIS, gli autori hanno premesso che hanno
voluto guardare alla storia del nostro territorio con occhi diversi da quelli
ormai entrati nella consuetudine. “Scopo del libro – ha spiegato Nuvoli
– non è quello di imporre una diversa “verità”, ma di sollecitare altre
ricerche ed approfondimenti partendo da elementi che contrastano con quanto è
stato detto e scritto finora”.
L’aspetto più
eclatante che è emerso riguarda la “Tavola Osca”: gli autori hanno avanzato
il sospetto che non sia stata trovata tra Agnone e Capracotta, in contrada “Macchia”
ed esattamente nel luogo chiamato “Fonte del Romito”, come vuole la tradizione,
ma che provenga da Pietrabbondante e varie vicende
confermano questa conclusione.
In particolare
gli autori del libro analizzando le descrizioni del luogo del ritrovamento e
perlustrando attentamente il terreno hanno trovato che quanto scritto a suo
tempo dal Cremonese risulta in gran parte fantasioso e non rispondente alla
realtà. Nessun tempio è mai esistito in quel luogo, nessun muro al quale avrebbe
dovuto essere appesa la Tavola, nessuna pietra concava particolare all’interno
della quale si conservasse perfettamente. Inoltre, le ricerche in molte
biblioteche, tra cui quella di Agnone, hanno fatto scoprire che anche molti
altri studiosi avevano maturato gli stessi dubbi senza che questo riuscisse a
modificare l’opinione corrente ormai radicata. Insomma il mistero circonda la
Tavola Osca, mistero che si scioglierebbe se venisse indicato come luogo del
ritrovamento Pietrabbondante, cioè il luogo dove sorge
il grande centro religioso e politico dei Sanniti.
Ma non si
fermano qui le convinzioni degli autori, essi ritengono che, poco dopo il
ritrovamento, della Tavola sia stata fatta una copia perfetta da qualcuno dei
raffinatissimi artigiani di Agnone e che questa, non l’originale, sia stata
venduta nel 1867 all’antiquario di Roma, Castellani, e da questi nel 1873 al British Museum di Londra.
Nel libro si
parla anche diffusamente del sito archeologico di Pietrabbondante,
in proposito l’architetto Alberto Sposito,
docente presso l’Università di Palermo, ha sollevato forti perplessità sulla
ricostruzione del luogo suggerendo che “la ricerca archeologica continui, ma
con un approccio interdisciplinare che aiuti a ricostruire la storia del
territorio ed eviti irrimediabili errori interpretativi”. In effetti Nuvoli e
Paglione presentano un’attenta ricostruzione storica, valutando gli avvenimenti
che si sono succeduti negli anni, ed arrivano a concludere che il sito
religioso di Pietrabbondante in realtà fosse l’antica
Herculaneum, perché lì era particolarmente
attiva la devozione nei confronti di Ercole, come dimostrano i ritrovamenti di
una grande statua in pietra e di molte statuette votive in bronzo raffiguranti
quel dio. Inoltre ritengono che si possa dimostrare che la mitica Bovianum Vetus si
trovasse nel territorio che oggi è del comune di Campochiaro,
dove sono presenti i resti di un grande edificio di culto e di un importante
insediamento sannitico con numerose sepolture.
Lo storico, Natalino
Paone, ha sollecitato un grande sviluppo
dell’archeologia orientata ad ampliare le conoscenze sulla storia dei Sanniti.
“Non possiamo accontentarci – ha dichiarato Paone –
delle poche cose che ha scritto Tito Livio perché questi era romano ed ha
raccontato i fatti da vincitore. E’ indispensabile, inoltre, un museo nazionale
sannitico che raccolga tutti i reperti riguardanti quel grande popolo oggi
distribuiti in modo disorganico in tante città”.
Le conclusioni
del Prof. Nuvoli sono amare: egli parla di una vera e propria
colonizzazione culturale attuata dallo Stato. “Lo Stato nulla depreda –
sostiene – anzi tutela e conserva, e lo fa tanto bene che gran parte del
materiale resta invisibile, ben riposto in vere e proprie arche la cui
stessa ubicazione è misteriosa”. “Per i cittadini, per i fruitori, molisani e
non – aggiunge – Pietrabbondante rimane un luogo
irrisolto, pressoché sconosciuto e desolato. I Giornali di scavo, gli
inventari, la documentazione topografica, fotografica e progettuale non
risultano pubblicati, solo qualche lavoro monografico non sempre reperibile”.
di Luciano Scarpitti (da ecoaltomolise.net)
Isernia, li 29 Gennaio 2015