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Cultura 

 

 

L’emigrazione, la guerra, il cinema: l’artista molisano che ha fatto la storia senza parole

Tony Vaccaro, 92enne fotografo di fama mondiale, americano di nascita e cittadinanza, ma di origini bonefrane, parla con semplicità, nel ’suo’ Molise, lo spirito di quelle immagini note in tutto il mondo che hanno raccontato il Novecento senza menzogne, come sa e può fare la fotografia. "Ho sempre tenuto alla libertà del mio lavoro. Le mie fotografie sono frutto delle mie personali scelte, del mio modo di pensare e agire. Cioè della mia coscienza e della mia testa. Nel corso della vita non fatevi condizionare, ricordate di agire sempre con la vostra testa".

 

La speranza era fare un’intervista a Tony Vaccaro, novantaduenne fotografo di fama mondiale, americano di nascita e cittadinanza, ma di origini molisane. Più precisamente bonefrane. Le circostanze però non l’hanno consentito. In compenso ho assistito a una bella lezione, a tratti anche emotiva. Lezione di fotografia, certo, ma insieme di vita.

A beneficiarne col sottoscritto, una folta rappresentanza di studenti del Liceo G.M. Galanti, di Campobasso, accompagnati dal dirigente scolastico Anna Di Monaco e i loro insegnanti, promotori sabato 24 gennaiodell’incontro con l’illustre personaggio, patrocinato da Regione (assessorato all’Istruzione e ai molisani nel Mondo) e Provincia di Campobasso.

Le prime parole sono quelle della preside: «La vita e le opere di Vaccaro, hanno uno straordinario valore educativo. Testimoniano non solo le atrocità della guerra, le sofferenze delle popolazioni dei territori da essa attraversati, oltre che le angustie nei paesi interni del nostro Molise e dell’emigrazione, ma anche la speranza della pace, della ricostruzione materiale ed economica del Paese, la nascita del mondo dello spettacolo e del divismo. Tony Vaccaro ha raccontato tutto questo con l’intelligenza emotiva della sua arte». A ragione di ciò – aggiunge la professoressa Di Monaco – è volontà della dirigenza e degli organi rappresentativi dell’istituto intitolare all’illustre maestro l’aula magna».

Ai tanti riconoscimenti, premi e onorificenze raccolti in tutto il mondo, Vaccaro può aggiungere anche quest’altro sentito omaggio proveniente dalla terra dei suoi avi. L’emozione colta nelle sue parole di accettazione sta a dire quanto l’abbia apprezzato.

Lalectio, se così la si può chiamare, inizia con un timido «Buongiorno», alla maniera del «Buonasera» di papa Francesco la sera dell’elezione. Proseguendo poi in un buono italiano, con accento vagamente “Broccolino”, aggiunge: «ricordo la prima volta che ho visto questo mondo. Ero a casa di mio zio a Bonefro, anzi in braccio a lui. Avrò avuto due o tre anni, e nel vedere le stelle dissi: com’è bello tutto questo! Ragazzi, dobbiamo volergli bene al creato, proteggerlo, perché così salviamo la bellezza, indispensabile alla vita».

Sembrano le parole di un esteta, sia pure in fasce, a cui questo grande artista è rimasto sempre coerente. Al culto della bellezza si ispirano infatti le struggenti immagini di Bonefro e dei suoi abitanti all’indomani della guerra e quelle delle grandi dive del cinema, “belle più del sole”, come Anna Magnani, Sofia Loren, Marylin Monroe e altre.

Di una bellezza, indubbiamente dolorosa, sono però anche gli scatti di guerra, della morte dei soldati, delle distruzioni materiali. Belle ovviamente non solo in senso tecnico, quanto capaci di trasmettere il forte monito a non ripetere più simili orrori. Vaccaro lo lascia capire quando dice di preferire, tra le tante: «la foto dove si vede un G.I. americano che bacia una bambina mentre intorno ragazze più grandi fanno il girotondo. Due soldati tedeschi si erano da poco allontanati per sempre e così la fine delle sofferenze per quella gente, coinciso col nostro arrivo, restituiva loro immediatamente la gioia di vivere e di giocare, al punto da contagiare anche noi soldati».

Più oltre, rispondendo alla domanda di uno studente, così completa il concetto: «La fotografia, come sapete è un linguaggio attraverso il quale si comunica. A me interessa farlo senza le parole perché il messaggio in questo modo colpisce di più. Si può comunicare anche erroneamente con la fotografia, ma avviene di rado. A differenza dell’uomo, la cui tendenza è dire bugie. Non dimenticate nella vita di comunicare sempre la verità».

E ancora, parlando di libertà e autonomia nell’esercizio della professione, tiene a dire: «Ho scattato ciò che ho voluto e mi sembrava utile. Nessun direttore di giornale al quale ho collaborato o altri committenti mi hanno mai potuto ordinare di fotografare questo o quel personaggio o soggetto e come. Ho tenuto alla libertà del mio lavoro. Le mie fotografie sono frutto delle mie personali scelte, del mio modo di pensare e agire. Cioè della mia coscienza e della mia testa. Nel corso della vita non fatevi condizionare. Ricordate di agire sempre con la vostra testa».

Alcuni dettagli inediti della sua attività di fotografo li rivela allorché la preside Di Monaco gli parla della famosa foto fatta nel 1946 a Bonefro a un vecchio cencioso appoggiato con espressione tutt’altro che dimessa a un muraglione: «Di solito quando devo fare una fotografia non parlo con nessuno e desidero che nessuno mi rivolga la parola.

Semmai dopo. Quella volta accanto a me c’era una bambina che dopo avere contato le toppe ai vestiti dell’anziano mi fa: hai visto quante ne ha? Venticinque».
Lo scorrere delle immagini della processione del 1946 a Bonefro è per lui motivo per rammentare come all’epoca per evitare di organizzare la festa di Sant’Antonio in concorrenza con quelle dei paesi vicini di Santa Croce e San Giuliano di Puglia, tra le comunità e le parrocchie interessate s’era deciso di comune accordo di svolgerle in giorni diversi ma vicini: «Per Bonefro ricordo che il giorno stabilito era il 14 giugno. Quelle fotografie sono perciò del 14 giugno di quell’anno».
Prima di Vaccaro, il suo vecchio amico, lo storico professor Norberto Lombardi, ripercorre la vita del maestro, dalla nascita nel 1922 a Greensburg (Pensylvania), dove molti molisani sono emigrati, alla consacrazione di fotografo di fama internazionale.

«Tre sono stati gl’incontri decisivi di Tony col Novecento» - dice Lombardi - «Il primo crocevia è stato l’emigrazione. Il secondo incontro è rappresentato dalla guerra, di cui Tony non è stato solo testimone ma anche interprete. Il terzo impatto di Vaccaro col secolo passato è avvenuto, questa volta da reporter di grandi magazine americani, con la cinematografia, la moda, i grandi artisti e i progettisti da Le Corbusier e Frank Lloid Wright. Ogni volta, però, dopo avere fatto il giro del mondo Vaccaro torna in Molise, una terra che sente sua e dalla quale non riesce a staccarsi».

L’ultimo intervento è dell’assessore Pietraroia, che dopo avere ringraziato Vaccaro per il lustro che dà al Molise e il Liceo per avere promosso questo incontro, ricorda con parole sentite il dramma di questa nostra terra dissanguata dalla emigrazione tra l’Ottocento e il Novecento.

Il caldo abbraccio finale di Vaccaro con gli studenti suggella una giornata per loro sicuramente indimenticabile.

di Giovanni De Fanis (da primonumero.it)

 

Campobasso, li 26 Gennaio 2015

 

 

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