Cultura
Fondazione
Molise Cultura, annozero
L'impalcatura della Fondazione,
fin dal suo esordio, somiglia ad un carrozzone di compensazione
Della
Fondazione Molise Cultura io e Antonietta Caccia, sulle pagine de "il Bene
Comune", ci siamo occupati ancor prima che nascesse. Abbiamo denunciato
innanzitutto lo strappo democratico che essa rappresentava (e rappresenta). Lo
svolgimento della sua funzione, dichiaratamente "tecnica", svuotava
il fondamentale compito d'indirizzo dell'Assessorato alla Cultura che Iorio
subdolamente si era riservato, con la conseguenza che le strategie di politica
culturale, con un profilo basso e dissimulato, venivano stabilite da chi sulla
carta avrebbe dovuto svolgere solo una funzione operativa. Miseria dichiarata
della cattiva politica.
Arco approda alla direzione della Fondazione reduce dalla titolarità
dell'Assessorato regionale alla Cultura, che Iorio gli aveva tributato a
riscontro del suo passaggio dal centrosinistra al centrodestra, ispiratore e
guida, diciamo così, del movimento "Molise civile" (l'aggettivo è con
la minuscola per decenza). L'impalcatura della Fondazione, fin dal suo esordio,
somiglia ad un carrozzone di compensazione, retto da un Consiglio
d'amministrazione composto dal Presidente della Giunta facente funzioni
(Iorio), da uno dei suoi avvocati appassionato di musica classica (Arturo
Messere) e da una penna molisana che si spartisce fra il settimanale
"Extra" d'Isernia e "la Gazzetta del Molise" (Adalberto Cufari). Il comitato tecnico-scientifico, la cui
soprintendenza è passata quasi subito da Marotta a Canova, oltre al coinvolgimento dei molisani Nese e Gentile Lorusso, si è
allargato a Chiara Gamberale e a Rapetti
(Mogol) che, dalla nomina, della neonata Fondazione Molise Cultura si sono
disinteressati, come d'altronde la parte rimanente del comitato, esautorato
dalla vita e dalle scelte del sodalizio.
La Fondazione regionale, a differenza della provinciale "Teatro
Savoia" che si proponeva (si propone, si proporrebbe?) la partecipazione
alla sua compagine di altri soggetti pubblici e privati, è "in
house"; è cioè un ente strumentale della Regione (come l'Arsiam per capirci), che non prevede il contributo attivo
di altre rappresentanze nella sua compagine. Nel paio d'anni della sua attività
ha rastrellato le risorse destinate agli operatori e alle associazioni
culturali, minando oltretutto la certezza di finanziamento di iniziative
storiche e radicate sul nostro territorio, la cui sopravvivenza si vorrebbe far
dipendere dal vaglio "tecnico" e d'opportunità della Fondazione
Molise Cultura e del suo plenipotenziario direttore. Per migliore informazione
di chi legge, va detto che la l.r. n.5 del 2000, di sostegno
all'associazionismo culturale, agli Enti locali e agli eventi organizzati nel
Molise, nell'attuale bilancio regionale di previsione è rimasta senza un solo
euro di finanziamento. Intanto, la Fondazione è stata collocata nel palazzo
della ex Gil ristrutturato, che nel nome non ha
voluto stolidamente onorare l'anima antifascista della nostra Repubblica e che,
contrariamente a quanto scrive Pasquale Di Bello su "il Giornale del
Molise", non stava per essere demolito da vetero-comunisti, ma da palazzinari
in combutta con democristiani di lungo corso, che in quell'area volevano
edificare gli uffici della Giunta regionale.
L'edificio rimase parzialmente in piedi perché Gabriella D'Henry, persona laica
e progressista, che era all'epoca Soprintendente per i Beni Culturali del
Molise, fermò le ruspe mettendocisi davanti, a
rischio della sua incolumità. Delineato questo scenario fosco e inquietante per
una struttura che nei pochi anni della sua attività ha corroborato le necessità
clientelari del centrodestra e di quelli di bocca buona che se ne sono fatti
una ragione rivendicando "la qualità del loro progetto", quando non
addirittura quella asserita della loro statura artistica e/o intellettuale,
personalmente resto convinto che un Fondazione, naturalmente una sola per tutta
la regione e non assolutamente "in house" ma aperta al contributo di
altri Enti, di associazioni di categoria, di banche e di privati, possa
svolgere, in sintonia con l'Assessorato regionale alla Cultura, ambito nel
quale si deve esercitare l'indispensabile funzione della programmazione
strategica che in democrazia spetta alla politica, quattro indispensabili
funzioni: 1 – favorire l'armonizzazione delle politiche culturali che
s'irradiano sul territorio, concertandole con i diversi operatori pubblici e di
privato sociale; 2 – assicurare a questi ultimi una interlocuzione qualificata
e competente nei diversi settori d'attività con personale di livello; 3 –
imbastire, con le banche che operano sul nostro territorio, una vertenza che le
induca a devolvere la quota della loro circolazione monetaria che devono
destinare per legge ad iniziative benefiche, ad eventi e manifestazioni che
abbiano orizzonte, anima ed effetto nel Molise; 4 – lavorare per arricchire ed
ampliare la compagine societaria (e di conseguenza la sua dotazione
finanziaria) con le rappresentanze più qualificate della nostra comunità.
Come si vede, sono obiettivi di respiro strategico, che per essere realizzati
prevedono documentate competenze di settore. Per acquisirle, sarebbe opportuno
che fossero assegnate attraverso procedure d'evidenza pubblica, in modo da
mettere in condizione chiunque, magari giovane e con esperienza maturata anche
altrove in questo settore, di darci una mano a rompere il confine negletto del
"Molisolamento" che ci avvilisce e ad
utilizzare la cultura come un volano strategico, per il Molise aggiornato,
comunicativo, solidale e innovativo che ci piace.
di Antonio Ruggieri (da ilbenecomune.it)
Campobasso, lì 21 Marzo
2013