La presidenza del Consiglio
dei Ministri si è costituita parte civile nel processo che vede come indagati
l’attuale sindaco di Guardialfiera Remo Grande,
Giuseppe Bellini, all’epoca dei fatti suo vice, l’ex assessore ai Lavori
pubblici Osvaldo Catalano e il progettista Lorenzo Tanzilli,
nell’ambito dell’inchiesta su presunte false attestazioni di danni a immobili
e falsi nello stilare la graduatoria dei progetti da ricostruire dopo il
sisma. Il governo chiede un milione di indennizzi per i finanziamenti richiesti
e per i «danni all’immagine del presidente Michele Iorio», per la vicenda
giudiziaria e mediatica resa nota a livello nazionale dalla trasmissione
televisiva "Report". Quello che è stato ribattezzato "sistema
Iorio" diventa "vittima Iorio": per il governo il
"caso" di Guardialfiera avrebbe nuociuto
al presidente molisano, incaricato come commissario della gestione dei fondi
per la ricostruzione e indagato per aver allargato il cratere, esteso tra gli
altri anche allo stesso piccolo centro in riva al lago.
All’inchiesta sul
“falso terremoto” nel piccolo centro bassomolisano
in riva al lago si aggiunge un nuovo capitolo, che coinvolge
direttamente il governo
nazionale e ha il sapore di un paradosso, l’ennesimo della lunga storia
dell’allegra gestione dei fondi post sisma. Un capitolo che
in Molise echeggia come un colpo di scena: la presidenza del Consiglio dei
Ministri si è costituita parte civile attraverso l’avvocatura dello Stato
nell’ambito del procedimento penale che vede come indagati l’attuale sindaco
Remo Grande, ormai al suo terzo mandato, l’ex primo cittadino e all’epoca dei fatti contestati
numero due in Giunta Giuseppe Bellini, l’ex assessore ai Lavori pubblici
Osvaldo Catalano, e il progettista Lorenzo Tanzilli.
A loro carico accuse che vanno a vario titolo dal falso fino all’abuso
d’ufficio. L’inchiesta è partita dopo che la ricostruzione a Guardialfiera divenne "caso" nazionale, al
centro di una puntata del programma di approfondimenti giornalistici
"Report" di Rai Tre. Il servizio fece molto rumore, soprattutto per
le dichiarazioni rilasciate da Remo Grande sui progetti e i lavori in paese:
«Se ci sono soldi disponibili, perché non usarli per mettere a posto le
case?», il succo del discorso.
Anche da lì
l’inchiesta giudiziaria incentrata su presunte false attestazioni di danni a
immobili che gli inquirenti hanno accertato essere lesionati
da prima del sisma, e falsi nello stilare la graduatoria dei progetti da
ricostruire e su un Peu che la ex Giunta di Grande
ha approvato nel 2003 con un’apposita delibera.
La presidenza del
Consiglio dei Ministri ora presenta il conto, e chiede un risarcimento di un
milione di euro, per i finanziamenti richiesti e per i “danni all’immagine
del presidente della Regione Michele Iorio”. Motivazione che
ha tutto il sapore di un controsenso, l’ultimo della lunga storia della
gestione dissennata dei contributi post sisma. Il Governo chiede un
indennizzo perché la vicenda, giudiziaria e mediatica, avrebbe nuociuto con
una cattiva pubblicità al presidente della Regione, per una vicenda
rimbalzata sul piccolo schermo a livello nazionale.
Che c’entra Iorio? Come può trasformarsi nella vittima, lui che in altre inchieste
giudiziarie è considerato il promotore di operazioni al limite della legalità
e a sfondo di interesse elettorale? Per il Governo Iorio c’entra eccome,
perché l’allora premier Silvio Berlusconi gli ha conferito tutti i poteri,
ordinari e straordinari, nominandolo commissario
delegato alla ricostruzione, con funzione di sovrintendere a tutte le
operazioni per l’erogazione dei finanziamenti. Dunque con questa richiesta di
risarcimento del danno si perfeziona un paradosso: quello ribattezzato
“sistema Iorio” diventa “vittima Iorio”. La stessa “vittima” finita sotto
inchiesta per avere allargato il cratere, passato da 14 a 84 comuni,
«per fini elettorali». E proprio tra i centri a cui è stata estesa l’area
del sisma c’è anche Guardialfiera, che non
faceva parte inizialmente della “zona rossa”.
La costituzione della parte civile da parte della presidenza del Consiglio
dei Ministri è stata formalizzata nel corso dell’udienza di martedì 22
gennaio, che si è tenuta nel tribunale di Larino. Gli indagati erano inizialmente sette, e nel giugno del 2010
sei di loro - compresi Remo Grande e Giuseppe Bellini e il progettista –
erano stati prosciolti in primo grado dal Gup
Veneziano.
La Procura si è opposta alla
decisione del giudice del tribunale, presentando un ricorso in Cassazione, ed
e’ stata fissata una nuova udienza preliminare. Per l’accusa i tre amministratori
avrebbero adottato le delibere di giunta con le quali veniva approvata una
graduatoria per il riconoscimento degli aventi diritto ai finanziamenti
pubblici per la ricostruzione post sisma, alterando criteri e modalità
dell’attribuzione del punteggio a ciascun progetto in violazione
dell’ordinanza commissariale.
Tra gli atti
contestati, il Peu da 528mila euro (Progetto
Edilizio Unitario) che contempla, tra le altre, la ricostruzione di
un’abitazione di proprietà dell’allora assessore Catalano,
progetto affidato come gli altri al pubblico e non ai privati. L’ex componente della giunta è stato assolto a maggio del
2011 dal reato di abuso d’ufficio: il giudice Aldo Aceto non gli ha
riconosciuto alcuna responsabilità legata alla sua presenza in Giunta
quando si era trattato di votare l’assegnazione del Peu
finalizzato a ristrutturare anche la sua abitazione.
Nell’udienza del 22
gennaio l’attuale sindaco Remo Grande e Giuseppe Bellini hanno reso
dichiarazioni spontanee al giudice, che ha anche ascoltato l’ultimo testimone.
Il 12 marzo si svolgerà l’udienza finale, nella quale sarà emanata la
sentenza. «La nostra è stata solo una presa d’atto, in qualità di
amministratori, e non abbiamo alterato i punteggi – commenta Giuseppe Bellini
– la Regione aveva
comunicato che era necessario approvare l’elenco dei Peu,
altrimenti non era possibile accedere ai fondi. Non abbiamo avuto neanche un
centesimo dei finanziamenti, i contributi non sono mai stati erogati».
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