Precario
è termine contrapposto a stabile, ma normalmente la condizione di precario
è stabile. Ciò si verifica pure nel settore dell'ambiente dove i precari
sono, in genere, professionisti specializzati.
Si deve partire necessariamente da una considerazione generale sulla
pubblica amministrazione nella quale è ricompresa l'amministrazione
regionale. Essa è quella che più una società cresce, non solo
demograficamente, più aumentano i servizi amministrativi e così le
nazioni moderne si sono dotate di apparati complessi per gestire le
numerose funzioni che fanno capo alle istituzioni. Tutto ciò è iniziato
nel XIX secolo con le riforme napoleoniche che hanno previsto
l'abolizione del regime feudale i cui segni sono i tanti castelli che
costellano il Molise i quali stanno ad indicare una polverizzazione del
potere ed è proseguito con l'Unità d'Italia quando il governo diviene
accentrato e questa volta i simboli sono il Palazzo della Prefettura,
della Banca d'Italia, ecc. a Campobasso. Proprio queste sedi diverse
stanno ad indicare che l'apparato pubblico espandendosi si differenzia al
suo interno, articolandosi in uffici di polizia, finanziari, scolastici e
così via. Alla suddivisione dell'attività di governo in sottosistemi
specializzati per funzioni si accompagna la necessità di qualificazioni
distinte del personale che vi opera, fatto che richiama, lo si dice per
inciso, in qualche modo la divisione del lavoro, sia manuale sia
intellettuale, che si andava affermando nell'organizzazione produttiva.
La grande svolta avutasi nel 1970 con la nascita della Regione è stata
quella di un accorpamento a livello locale delle varie competenze
gestionali prima assegnate ad una pluralità di strutture periferiche
dello Stato. In verità, le amministrazioni regionali, compresa la nostra,
tendono a riprodurre il sistema preesistente con la creazione di
assessorati, uno per materia; si ricreano così i compartimenti stagni del
passato che neanche i tavoli di lavoro o le commissioni congiunte
riescono a superare. Mancando un'organizzazione di tipo compartimentale,
alla quale, di certo, non si assomiglia l'inclusione dei Servizi in Aree
decisa di recente in questa Regione, non vi sono efficaci forme di
integrazione tra i settori. Ciò contraddice lo spirito alla base della
regionalizzazione che era quello della interdisciplinarietà, oltre a
quello di apertura alla partecipazione di associazioni e gruppi di lavoro
nei procedimenti burocratici. Nonostante l'annotazione critica appena
esposta bisogna dire che l'auspicabile integrazione funzionale deve
coesistere comunque, con la permanenza di segmenti specializzati, anche
senza ricadere in quella spinta compartimentalizzazione che connotava
l'epoca precedente alle Regioni. In altri termini, non è pensabile che la
sicurezza sismica come la protezione dell'ambiente e come la
conservazione del paesaggio, per fare degli esempi, non abbiano una
configurazione dotata di un certo grado di autonomia rispetto al resto
dell'organizzazione regionale; si potrebbe obiettare che nel campo della
tutela ambientale e paesaggistica esistono organismi cosiddetti dedicati,
rispettivamente l'Arpa e la Soprintendenza, ma il rilascio delle
autorizzazioni spetta sempre, per legge, alla Regione.
Il problema è che l'amministrazione regionale da tempo non fa assunzioni
e ciò si riversa in maniera particolarmente negativa nel settore della
gestione ambientale che avendo avuto evoluzioni notevolissime e una forte
espansione negli ultimi anni, anche per via della maggiore attenzione che
ad esso dedicano i cittadini, richiede la presenza di figure
professionali aggiornate e di numero cospicuo. Di sicuro queste non è
facile reperirle all'interno dell'organico attuale il quale ha una storia
eterogenea, solo alcuni hanno un origine interna all'ente, essendo
confluiti negli uffici regionali dipendenti provenienti da Comuni,
Comunità Montane, ecc. nei quali è difficile rintracciare persone con
preparazione professionale specifica per l'ambiente; nessuno, ad ogni
modo, dall'Arpa. La pubblica amministrazione, in genere, risulta,
rispetto al comparto privato, abbastanza rigida dal punto di vista organizzativo
nei confronti dei cambiamenti delle funzioni. All'espansione dei compiti,
poiché nell'attuale congiuntura non si possono incrementare i posti di
lavoro, si risponde normalmente con spostamenti interni, ma ciò impone
processi di adattamento del personale che, in tema di ambiente, sono
necessariamente molto intensi. Va, poi, evidenziato che per il settore
ambiente siamo di fronte all'obiettivo di costituire quasi del tutto
l'ufficio per cui la mobilità di personale richiesta è alta, ben diversa,
per intenderci, da quella limitata che sarebbe sufficiente quando il fine
è quello solamente di irrobustirne le attività, quando, detto
diversamente, l'operato si routinizza e occorre semplicemente
consolidarlo.
Si ribadisce che è come se si dovesse creare una nuova struttura per
attuare i nuovi compiti in materia ambientale e questo è valido anche se
si volesse esplorare la strada di affidare a strutture esistenti alcuni
di questi compiti e se ne elencano alcuni: il Piano Nitrati, trattandosi
dello spargimento dei reflui degli allevamenti per fertilizzare campi,
all'assessorato all'agricoltura, le Valutazioni Ambientali Strategiche
per i piani regolatori all'assessorato all'urbanistica, il Piano Tutela
delle Acque così come la Direttiva sugli Scarichi alla struttura che si
occupa di risorse idriche, la Valutazione d'Incidenza relativa ai tagli
boschivi al settore forestale, le procedure per la realizzazione di
infrastrutture sanitarie e per opere di valorizzazione naturalistica
all'assessorato ai lavori pubblici, i Piani di Risanamento per
l'elettromagnetismo all'assessorato alla sanità al quale potrebbe
utilmente essere affidata, congiuntamente a quello all'agricoltura, pure
l'Autorizzazione Integrata Ambientale per le aziende zootecniche soggette
all'obbligo della sua acquisizione, l'educazione ambientale
all'assessorato all'istruzione. Non è possibile pensare di delegare
funzioni ad altri enti in quanto allo stato attuale il quadro dei
soggetti istituzionali è davvero povero per via della soppressione delle
Comunità Montane e dell'incerta sorte delle Province, anche se, in
verità, una iniezione di unità lavorative dentro il settore regionale
dell'ambiente potrebbe venire proprio da questi organi. Una
puntualizzazione doverosa è che la Regione ha, in effetti, decentrate
conferendole alle Province lo scorso anno le competenze in tema di
emissioni in atmosfera.
Si farà rilevare che in assenza di dipendenti di ruolo si ricorre ai
COCOCO, ma non è la stessa cosa: il funzionario emette o li controfirma
provvedimenti che interferiscono con diritti fondamentali quali la
proprietà privata e la libertà d'impresa che non possono essere assunti
dal collaboratore esterno. È nell'amministrazione regionale la quale è
preposta al rilascio in tanti campi di permessi, da quello per il
trattamento dei rifiuti fino a quello per l'AIA, che è essenziale la
figura del funzionario, mentre nei Comuni predominano gli impiegati in
quanto la legislazione ambientale stabilisce di regola che
l'autorizzazione, forse per la delicatezza della tematica in gioco, che è
quella dell'inquinamento, spetta alla Regione presupponendo che a tale
livello si rinvengano specializzazioni più elevate (il tecnico comunale,
di norma uno solo per Comune, è un generalista a causa di forza
maggiore). Il COCOCO è, sulla scorta delle disposizioni legislative, un
lavoratore a progetto ed, invece, egli viene a colmare, di frequente,
carenze nell'organico, ma ciò nonostante, almeno nel settore ambientale,
non è assimilabile al pubblico impiego perché viene a ricoprire una
mansione specifica per cui, ad esempio, egli non viene cambiato di posto,
gli spostamenti essendo connaturati con lo status di impiegato il quale
non è stato assunto per una determinata attività, ma per un ruolo.
Il COCOCO differisce pure dal dipendente, oltre che per la mobilità,
nella situazione specifica del settore ambiente, che si è sottolineato è
di impianto recente, dove ancora non si è formata una prassi
amministrativa collaudata la quale è la caratteristica saliente del
lavoro ordinario e che, del resto, è impossibile che si consolidi
nell'arco temporale del rapporto contrattuale del collaboratore che è di
1 anno, mentre occorrono almeno 10 anni.
di Francesco
Manfredi Selvaggi
Campobasso, lì 15 Gennaio 2013
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