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Intervento

                   

 

 

 

Un altro welfare è possibile

 

La crisi economica nel mezzo della quale ci troviamo è più grave della "grande depressione" del 1929 dopo il crollo della Borsa di Wall Street; lo dicono gli economisti più avveduti, le cui previsioni contrastano platealmente con quelle di rassicurazione claudicante e un cialtrona di Monti e dei suoi Ministri che a turno, come in una litania poco convinta, si lasciano scappare che si vede una luce (flebile s'intende, flebile), in fondo al tunnel della nostra condizione.

 

Il fatto è, ha commentato Bruno Amoroso, allievo di Federico Caffè e docente di economia all'Università di Hanoi, che noi non stiamo attraversando una galleria come vorrebbero farci credere a reti unificate, ma stiamo piuttosto precipitando in un pozzo, al fondo del quale c'è un buco nero che rischia d'inghiottire questo mondo e il suo scellerato e claudicante equilibrio, in mano a un'oligarchia finanziaria impersonale, potentissima e spregiudicata. Nel corso di questa rovinosa caduta due vittime e di non poco conto sono già state sacrificate.

La prima è la democrazia; il debito pubblico e le strategie messe in atto per (far finta di ) contenerlo, hanno finito per mettere fuori gioco la politica e la sua dialettica. Si è fatto strada, favorito dall'informazione mainstream, una sorta di pensiero unico di quello che c'è da fare, e per farlo è bene che il compito sia affidato a tecnici (eccolo l'aggettivo chiave), differenti per linguaggio e per mentalità dai rappresentanti immorali e corrotti della rappresentanza politica (e con Berlusconi è stato un gioco da ragazzi). La seconda vittima sacrificata sull'altare della remissione del debito a tappe forzate è lo Stato sociale, il welfare che si è consolidato nel corso del XIX e XX secolo, in concomitanza con l'affermazione della civiltà industriale. Ormai si punta dichiaratamente a una sorta di darwinismo sociale che considera malcelatamente uno spreco la Sanità pubblica, l'assistenza sociale, la Scuola per tutti e naturalmente la Cultura (che non da pane secondo Tremonti).

Il sistema dei servizi, nel nostro sfortunato Paese, è fatto oggetto di un inverecondo processo di polarizzazione; da una parte maggiore efficienza, maggiori comfort e naturalmente costi enormemente maggiorati, dall'altra nessun investimento e dequalificazione delle prestazioni endemicamente mediocri. Per le ferrovie per esempio, aumenta il costo e la qualità del servizio offerto per i treni ad alta velocità che vengono presentati come la metropolitana d'Italia, mentre vengono abbandonate le linee regionali utilizzate dai pendolari e dalle fasce di popolazione meno abbienti. In questo scenario fosco e inquietante sotto diversi profili, un'iniziativa strategica e in controtendenza è rappresentata dall'Università della terza età e del tempo libero del Molise. Totalmente auto finanziata, essa ha saputo diventare un servizio d'eccellenza per la formazione continua, incrociando saperi, competenze, culture e generazioni; rappresenta un esempio significativo di come si possa ristrutturare il welfare basandolo sulla partecipazione attiva e responsabile dei cittadini, che diventano i protagonisti del servizio del quale sono anche gli utenti.

Quest'anno, quando l'Onu celebra l'anziano attivo, ricorrono i vent'anni del sodalizio ospitato in uno stabile del Comune di Campobasso per comodato d'uso gratutito; Italo Testa che presiede l'U.Mo.T.E.Te.L. da un decennio, nell'intervento che volentieri ospitiamo e che introduce gli altri di Franco Novelli, di Umberto Di Muzio e di Maria Concetta Barone, sia pur velatamente, lancia un allarme: che l'Amministrazione del Capoluogo, ottemperando a una tendenza populista e grossolana della cosiddetta spending review che si è fatta definitivo e tragico intervento dei nostri governanti sulle nostre vite, voglia revocare la concessione della sede all'Università della terza età, alle sue lezioni e ai suoi numerosi allievi. Noi ci auguriamo che questa preoccupazione di Italo Testa e della rete colta e civile che sostiene il servizio sia ingiustificata e che anzi le istituzioni facciano quello che è nelle loro possibilità per favorire le strategie d'irradiamento di un'iniziativa così importante e particolare, ma se invece dovesse trovare fondamento, dichiariamo di mettere la nostra passione civile e la nostra competenza tecnica (qui ci sta bene) a disposizione di una protesta che rivendica la qualità culturale e sociale della comunità alla quale si appartiene.

 

di Antonio Ruggieri

Campobasso, li 05 Novembre 2012

 

 

 

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