Urla, lanci di ortaggi e monetine: l’indignazione popolare
copre di insulti e parolacce il Palazzo
Circa 400 persone hanno affollato
via IV Novembre dove per un paio di ore scarse questa mattina cittadini di
orientamento trasversale hanno protestato contro i costi della politica.
Cancelli chiusi e assenza di dialogo con gli “indignados”
invitati anche dagli organizzatori ad abbassare i toni. I lavori sono partiti
solo quando il sit-in si è sciolto e dentro l’aula non una parola è stata
spesa per i manifestanti che non sono stati ricevuti da nessun consigliere.
“Questo è solo il primo passo, continueremo a raccogliere firme per la
proposta di legge d’iniziativa popolare che porta a 5500 euro le indennità.
Per tutti”
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Insalata e pomodori, fette di
mortadella e monetine sono il “red carpet” che ha accolto oggi i consiglieri regionale. A
palazzo Moffa circa
250 persone (secondo le forze dell’ordine, ma almeno il doppio secondo gli
organizzatori) hanno protestato contro la “casta” che non è uscita a
confrontarsi con l’indignazione popolare.
Toni accesi, lancio di ortaggi, parole forti, cori da stadio e finanche
mazurche e tarantelle hanno animato per un paio d’ore via IV Novembre. Solo
al termine della protesta la seduta consiliare è iniziata e nemmeno una
sillaba è stata pronunciata dal presidente del Consiglio regionale, Vincenzo
Niro, oggetto – forse anche più del governatore Paolo Frattura – dell’ira
popolare che non gli ha risparmiato commenti decisamente poco edificanti come
«avanzo di galera» «ladro» e «delinquente».
Nel sit-in c’erano tante facce comuni. Tante storie di persone che afferrato
il microfono hanno urlato la loro rabbia sotto i cancelli sbarrati del
Palazzo.
C’è chi in tasca ha l’Unità (come in quella famosa canzone di Guccini) e
chi invece il Giornale della famiglia Berlusconi. Ci sono gli studenti
che non sperano nemmeno più per il loro futuro, gli operai, quelli che un
lavoro non ce l’hanno più. Ci sono i pensionati che guadagnano 450 euro al
mese «e possa Dio castigarmi se ho detto una bugia», chi credeva nel partito
««ma ora non ci credo più». C’è Luigia che oggi ha chiuso il suo negozio
per stare sotto il Consiglio regionale perdendo eventuali e già risicatissimi guadagni, c’è il medico dell’ospedale
Cardarelli arrabbiatissimo per quella rotonda assurda e incompiuta, ma
c’è anche chi il “sistema” lo ha alimentato per anni. Votando quando doveva
per l’amico in cambio del favore e solo oggi si accorge che quello scambio,
quel voto di scambio, ha danneggiato anche lui. E urla.
L’unico consigliere regionale che per qualche minuto si è mischiato con la
folla è stato Antonio Federico che con il Movimento 5 Stelle poche
settimane fa ha organizzato una manifestazione identica per finalità, ma
molto diversa nelle modalità organizzative.
Tutti gli altri politici incrociati nella bolgia sono quelli che a palazzo
Moffa non ci sono ancora entrati o che ci sono stati ma ora non ci sono più.
Domenico Di Lisa, ad esempio, contestato ieri da Nico Ioffredi (Sel) che riteneva
inopportuna la sua presenza alla protesta «perché lui il vitalizio lo prende
tutti i mesi» ha precisato che «sì è vero, lo intasco, ma io sono stato
l’unico che nel 2004, ben prima di maturarlo, ha presentato una proposta di
legge per abolirlo.
Sebbene non sia stata mai presa in considerazione. E
poi anche loro hanno fatto un passo indietro, voglio ricordare a Ioffredi e a tutti gli altri di centrosinistra che la
legge 10 del 2013 ha ripristinato il fondo di previdenza, a me sembra un
controsenso, anche se la regolamentazione deve passare per un atto della
Giunta».
A parte Di Lisa, a protestare c’era anche chi qualche soldino per pagare
il battage politico l’ha messo. Dall’ex sindaco Augusto Massa (Pd) al
consigliere comunale del Pdl, Maurizio Tiberio,
passando per Michele Coralbo (Costruire
Democrazia), Adriana Izzi (Citt@dinoi),
Italo Di Sabato (Rifondazione Comunista). Diversi anche i sindaci: da Letizia
Di Iorio (Pizzone) a Emilio Venditti (Gambatesa) passando per Gigino
D’Angelo (Mntefalcone) a Enrico Fratangelo
(Castellino).
Saranno loro, assieme al variegato e trasversale comitato promotore (più o
meno coordinato da Giuseppe Martucci che ha
invitato alla calma i manifestanti più scalmanati che ad un certo punto hanno
“imbracciato” uova e carta igienica) a portare nei loro Comuni, in primis, la
raccolta firme per la proposta d’iniziativa popolare con cui si chiede la
riduzione delle indennità: 5500 euro per tutti (esclusa indennità di
funzione).
di Assunta Domeneghetti (primonumero.it)
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