Se il Pd aggancia l’Udc e molla Frattura: ipotesi di terzo
tipo nel Molise che fa i conti con Roma
Moderati e progressisti
insieme, con un candidato diverso da Paolo Frattura, appannaggio di Idv, Sel e Federazione della
Sinistra? Ci si comincia a ragionare: la distanza ravvicinata tra le elezioni
regionali e le Politiche della prossima primavera impone accordi di “ampio
respiro” buoni per ricette sia generali che locali. E lo schematismo di un
anno fa appare ormai superato dai fatti, complici le dritte che arrivano
dalle sedi nazionali dei partiti. Così l’ipotesi di un’alleanza che unisce
Udc e Pd e altre ali moderate sia del centrodestra che del centrosinistra
acquista vigore. Sarebbe l’esperimento del terzo polo, separato sia da Idv che dalla sinistra più radicale che dal Pdl. Intanto in Sel maretta: il
consigliere regionale Filippo Monaco sarebbe fuori, i vendoliani
del Molise puntano su Ioffredi, cognato di
Frattura.
C’è chi se lo domanda
in silenzio da un pezzo, chi invece comincia a chiederselo a voce più alta: e
se alla fine l’alleanza tra il Partito Democratico e l’Unione di Centro si
dovesse fare davvero? Se in vista delle prossime elezioni regionali per
scegliere presidente e Consiglio (da 20 poltrone, non una di più) gli
equilibri ai quali il popolo molisano è abituato fossero rimessi radicalmente
in discussione?
La domanda, pur senza una risposta chiara e definitiva, è il “nodo”. La
questione, il punto dove incrociano manovre sotterranee, che fa (o farebbe)
la differenza. Centristi e riformisti, come amano farsi chiamare, sotto
un’unica bandiera. Udc e Pd, tradotto in sigle. Insomma, un’alleanza
trasversale, di “ampio respiro”, a voler citare i paroloni della classe
politica. Fino a pochi mesi fa, nella nostra regione, sembrava una suggestiva
ipotesi da scartare con un’alzata di spalle, magari un sorrisetto sarcastico.
Danilo Leva e Roberto Ruta con Luigi Velardi?
Michele Petraroia con Teresio Di Pietro? Poco credibile,
e poco praticabile.
Ma stavolta non si ragiona in solitaria. Il Molise non parla solo molisano,
bensì una lingua che è un compromesso tra l’idioma dei palazzi romani e il
vernacolo locale. La conseguenza, sul piano pratico, potrebbe essere un drastico
ripensamento dello scenario che fino a poche settimane fa, alla vigilia di
quella sentenza attesa tra ansie, ardori e timori, appariva l’unico
possibile. Il centrosinistra da una parte, con Paolo Di Laura Frattura e
tenere insieme malgrado i malpancisti le varie
anime della corrente; il centrodestra dall’altra, con al vertice il
Governatore decaduto, e le variabili – poche, anche se di peso come il 5
Stelle – tutt’attorno. A vederla così, adesso, c’è il rischio di fare
preistoria. La concomitanza tra le elezioni regionali e le Politiche della
primavera 2013 sta cambiando tutto. E i protagonisti della scena l’hanno
capito.
«Deciderà Roma» hanno tagliato corto Velardi e
Teresio Di Pietro, coordinatore e segretario Udc, che rivendicano con forza
il ruolo di “uomini di partito” quasi a voler mettere le mani avanti e
anticipare che se Cesa e Casini daranno indicazioni
precise c’è poco da fare. La formula siciliana è un esperimento dalle alte
possibilità di replica. E d’altronde lo stesso segretario del Pd Danilo Leva
ha evitato di nascondersi, istruito dai vertici nazionali. «Cerchiamo
un’alleanza con l’Udc e coi moderati» ha detto. Dichiarazione d’intenti
esplicita, cristallina.
Che sottende un concetto politico: l’alleanza è del Partito Democratico, non della
coalizione di centrosinistra. A riprova di quello che Pierferdinando Casini
ha già detto, senza troppe ambiguità: alleanza sì, ma senza le ali, vale a
dire senza Italia dei Valori nè Sel.
Il ragionamento, calato tra il Biferno e il Matese, ha una forza dirompente in grado di scompaginare
equilibri e trasformare la scena.
Come? Così: da un lato Udc e Pd, dall’altro Idv, Sel e Federazione della Sinistra. Due correnti, due
aspiranti presidente. Paolo Frattura ha la benedizione e il marchio, in
questi giorni più che mai, soprattutto dei dipietristi.
«E’ il nostro candidato» ha annunciato Di Pietro a poche ore dal verdetto del
Consiglio di Stato che ha rispedito a casa l’intero Consiglio annullando le
elezioni di un anno fa. La fotografia di Frattura con Di Pietro nei vari
appuntamenti del territorio rinsalda la vicinanza. Vicinanza che si estende
anche alla Federazione della Sinistra (Salvatore Ciocca, il consigliere in
quota Fds, e Frattura, vanno d’accordissimo e
l’architetto campobassano ha incassato anche il nulla osta di Comunisti
Italiani e Rifondazione) e a Sinistra Ecologia e Libertà. Dove, fra
parentesi, si registra un po’ di maretta e l’estromissione del consigliere
eletto con i vendoliani Filippo Monaco. Ruggini,
beghe interne, ma soprattutto punti di vista divergenti sulla scelta di
Frattura. Monaco, come ha avuto modo di dichiarare e dimostrare negli ultimi
mesi, non è affatto in linea con chi sostiene che Frattura sia il migliore
dei candidati possibili. Assai più vicino, in questo, a Massimo Romano di
Costruire Democrazia. E se da un lato Sel ha
lasciato intendere di voler puntare su Nico Ioffredi,
che di Paolo Frattura è anche il cognato, dall’altro l’ipotesi che Monaco
confluisca nel movimento di Romano acquista più credito. Anche da questo
punto di vista, va da sé, l’orientamento in caso di un’alleanza tra centristi
e Pd lascerebbe aperte alcune incognite. Non ultima quella che vedrebbe
Costruire Democrazia confluire nel “terzo polo” qualora il candidato
presidente fosse un “esponente della società civile” gradito e ci fosse
convergenza sul programma. E il matrimonio con il 5Stelle e i grillini nostrani, che fino a tre giorni fa sembrava cosa
fatta? «Nessun matrimonio – giurano i bene informati – quelle di questi
giorni sono semplici prove di dialogo».
La situazione, direbbero i politici, è “fluida”. In divenire. Aperta a
incognite, variabili, sorprese, cambio di uomini e alleanze. Molto dipende da
Roma, e Roma si sta facendo sentire. A tutti i livelli: con indicazioni che
partono dal Pdl per arrivare a toccare Udc e Pd.
Quest’ultimo partito, attraverso i suoi vertici, ha già fatto presente ai
leader regionali che la possibilità di un accordo con i centristi è alta. E
che la candidatura di Frattura non solo non è scontata, ma è messa in
discussione soprattutto perché marcata dalla pesante sponsorizzazione da
parte dell’Italia dei Valori.
Chi frequenta i palazzi campobassani e le stanze delle segreterie lo sa:
Danilo Leva è in difficoltà nei confronti dell’architetto campobassano. Non
può escludere, il segretario del Pd, che l’uomo da lui stesso acclamato solo
un anno fa come la persona giusta per fronteggiare e vincere Michele Iorio,
debba essere oggi sacrificato in favore di una logica superiore. Il fatto è
che ora non conta solo la “persona giusta”, ma c’è di mezzo anche il “momento
giusto”. Quale? Quello per unire sotto un’egida comune due sigle che in
Molise non vanno affatto a braccetto, per esempio.
Detta così sembra fantapolica, ma in Regione ci si
comincia a ragionare, seppure in astratto. Una cosa è certa il tempo dello
schematismo, al di là delle dichiarazioni di circostanza, è bell’e finito. E
le semplificazioni non trovano più terreno fertile. Al contrario: l’epoca
attuale è il tempo delle nuove convergenze e dei movimenti insospettabili,
come la simpatia che l’ex parlamentare Udc e sindaco di Termoli Remo Di
Giandomenico pare nutrire per il nome di Giovanni Di Stasi come possibile
candidato alla Presidenza.
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