Centrodestra,
uno Iorio 'depotenziato' lotta per la sopravvivenza
Michele Iorio non è più lo
stesso. Non nel senso che finalmente il presidente ha cambiato il suo modo di
governare e di fare politica che tante critiche ed accuse ha provocato in
questi anni.
Iorio non è più lo stesso perché
non riesce più, ormai, a controllare come una volta tutto ciò che si muove
nel centrodestra, non riesce più a garantire quella compattezza che in questi
anni ha reso la sua coalizione granitica e inaffondabile. Le crepe ormai sono
sempre più numerose e sempre più grandi e plateali. E gli eventi politici di
questo ultimo anno ci hanno consegnato un governatore che, a pochi mesi dalla
nuova consultazione elettorale regionale, è più debole e più vulnerabile. Lo
scontro di questi ultimi giorni con il coordinatore regionale del PDL, Ulisse
Di Giacomo, rappresenta solo l'ultimo capitolo di una storia che va avanti
almeno dal mese di ottobre dello scorso anno. Quando i molisani furono
chiamati alle urne e Michele Iorio uscì vincitore. La grande novità (e
l'inaspettata sorpresa) rispetto al passato, anche recente, è stata
rappresentata dal vantaggio risicatissimo con il
quale Iorio ha vinto le elezioni. Cose mai viste in passato, quando il
presidente e la coalizione da lui guidata umiliavano il centrosinistra
staccandolo di migliaia di voti. Quel risultato, quella manciata di voti che
ha consentito a Iorio di rimanere al suo posto, ha rappresentato un primo
campanello d'allarme ed ha indotto molti esponenti della sua maggioranza ad iniziare
una riflessione. Già dal momento in cui il centrosinistra, subito dopo il
voto, ha presentato il ricorso per l'annullamento delle elezioni, molti
esponenti del centrodestra hanno visto materializzarsi il disastro. Poi è
arrivata la condannna per abuso d'ufficio del
presidente, che al di là dell'entità della pena e dei fatti contestati, ha
costituito un'altra novità negativa. Iorio, fino a quel momento, era sempre
riuscito a scansare, dribblare e ad uscire "pulito" dalle vicende
giudiziarie in qui era rimasto coinvolto. Un brutto colpo a cui si sono
aggiunti gli attacchi duri e devastanti per la sua immagine pubblica che sono
arrivati da diverse testate giornalistiche nazionali che nel giro di poco
tempo lo hanno fatto diventare uno dei simboli della "casta" e del
malcostume amministrativo e politico. Poi è arrivata la batosta patita alle
elezioni comunali di Isernia della scorsa primavera dove la sorella del
governatore Rosetta ha perso malamente il ballottaggio con Ugo De Vivo. Un
risultato che, analizzato con attenzione, ha portato ulteriori elementi di
preoccupazione. Perché innanzitutto è stato un affronto proprio per il
governatore, sconfitto nella sua città, nel suo feudo. Sconfitto direttamente
perché lui aveva fortemente voluto la candidatura a sindaco della sorella e
perché gli elettori, bocciando Rosetta hanno voluto bocciare lui. Una cosa
impensabile fino a pochi giorni prima anche perché per la prima volta un
candidato di cognome Iorio ha preso meno voti della coalizione che lo ha
sostenuto. Quel cognome aveva sempre rappresentato un "valore
aggiunto", le elezioni di Isernia hanno dimostrato che si stava
trasformando in un "fardello". Nel frattempo è arrivata la sentenza
del Tar, che ha annullato le elezioni regionali a maggio e poi la conferma
pochi giorni fa dal Consiglio di Stato che azzera tutto e affida nuovamente
la parola agli elettori. Ultimo colpo quello subito, ancora dal Tar, che ha
annullato il provvedimento con cui era stato sciolto il Consiglio comunale di
Isernia. Scioglimento determinato da una strategia portata avanti dallo
stesso Iorio attraverso il segretario provinciale del Pdl,
Mazzuto e la sorella Rosetta che avevano convinto
17 consiglieri comunali di centrodestra a dimettersi per far cadere il
sindaco per riportare subito Isernia alle urne. Già all'epoca - era il mese
di giugno scorso - ci furono diverse resistenze nell'eseguire gli
"ordini" del capo (tanto è vero che alcuni si rifiutarono di
dimettersi), oggi che il Tar ha detto che quei consiglieri non potevano far
sciogliere il consiglio comunale, Iorio e i suoi uomini hanno dovuto
accantonare, anzi eliminare la parola "dimissioni". Perché gran
parte dei 17 dimissionari di giugno hanno fatto sapere che loro questa volta
di dimettersi non hanno alcuna intenzione. E i quattro consiglieri eletti nel
movimento che fa capo a Di Sandro hanno già preso posizione confermando che
loro rimarranno in Consiglio a fare opposizione e che sono pronti anche a
valutare qualche forma di collaborazione con il sindaco. Certo, la coerenza
vorrebbe che se i 17 rimanessero in carica, dopo la convalida in Consiglio
dovrebbero tornare dal notaio e dimettersi di nuovo. Ma non accadrà e Iorio e
Mazzuto sanno che non sono più in grado di chiedere
questo. Molti dei dimissionari, che oggi rischiano addirittura la surroga,
hanno puntato l'indice proprio contro Iorio che ha avallato se non
addirittura suggerito a Mazzuto di imporre ai
consiglieri del centrodestra le dimissioni e hanno fatto sapere che da ora in
poi, se dovessero rimanere in carica, non prenderanno più ordini né da Mazzuto né da Iorio. C'è poi la questione dell'Udc che
dimostra come i tempi stiano cambiando. Una volta gli uomini di Casini in
Molise non avrebbero avuto alcun dubbio nel dichiarare la loro fedeltà e il
loro appoggio a Iorio anche per motivi di gratitudine personale visto che
Iorio li ha gratificati con incarichi e prebende. Oggi invece non si
pronunciano. Non hanno ancora detto con chi si schiereranno nelle nuove
elezioni regionali ed hanno lasciato intendere che l'alleanza con Iorio è
tutt'altro che scontata.
Queste sono le cose che si sanno, o meglio che si vedono. Poi ce ne
sono altre che non si vedono e non si dicono, almeno pubblicamente. Come il malcontento
diffuso tra i consiglieri e gli assessori regionali a cui non piace una
ricandidatura di Michele Iorio perché sono convinti che li porterebbe alla
sconfitta. Qualcuno in passato ha anche criticato lo "iorismo", come l'assessore Vitagliano
che però è stato il primo a schierarsi per la ricandidatura di Iorio. Tutto
questo ha fortemente indebolito Iorio che sa bene di vivere un momento di
grande difficoltà. Dimostrato dal fatto che il governatore oggi è costretto a
rivendicare e ad affermare ad alta voce, sbattendo quasi i pugni sul tavolo,
una cosa sulla quale in altri tempi non ci sarebbe stata alcuna discussione.
Parliamo della sua ricandidatura alla presidenza della Regione alla guida del
centrodestra. Un fatto che fino a pochi mesi fa era considerato naturale,
scontato. Oggi non è più così. E perciò Iorio ha deciso di forzare la mano,
perché se facesse un passo indietro, accettando anche le primarie,
rischierebbe di alimentare le speranze dei suoi ormai sempre più numerosi
avversari interni. Che non si sono lasciati convincere nemmeno dalla presa di
posizione di Angelino Alfano che ha dato il via
libera alla ricandidatura di Iorio. Una dichiarazione, quella del segretario
nazionale, che non ha scalfito minimamente quelli che nello schieramento vogliono
la testa di Iorio. A partire da Ulisse Di Giacomo che, come avrebbe confidato
ad alcuni suoi collaboratori, è intenzionato a combattere la sua battaglia
con Iorio fino in fondo. Perché è convinto che soltanto senza Iorio si può
costruire un centrodestra forte e largo in Molise. Anche se si dovessero
perdere le elezioni regionali ci sarebbero cinque anni per ricostruire
qualcosa. Perdendo con Iorio, invece, si bloccherebbe ogni possibilità di
rinnovamento lasciando nelle mani del governatore una posizione di
leadership, seppure dimezzata, nello schieramento moderato. Il "no"
di Di Giacomo alla ricandidatura di Iorio è stato
definito da quest'ultimo come una "posizione personale" visto che,
a suo dire, il partito è tutto dalla sua parte. Di diverso avviso Di Giacomo,
secondo il quale il Pdl sulla ricandidatura di
Iorio non ha deciso un bel niente. Il coordinatore punta sulle primarie con
l'obiettivo di portare il presidente sul terreno dello scontro con altri
candidati e sminuendone così il ruolo di guida. Per Iorio, presidente
uscente, accettare le primarie sarebbe una mortificazione politica e, anche
se dovesse vincerle, ne uscirebbe ulteriormente indebolito. La situazione è
ingarbugliata e Di Giacomo sa di poter alzare la voce perché nel partito e nel
centrodestra, come dimostrano i silenzi imbarazzati di questi giorni, molti
la pensano come lui anche se ancora non escono allo scoperto. Già il fatto
che oggi tra i big dello schieramento pochissimi si siano schierati con Iorio
è una prima vittoria per Di Giacomo. Le prossime saranno settimane decisive.
Il centrosinistra, se non sbaglia e rimane unito, ha davvero la possibilità
di riconquistare, dopo 11 anni, la Regione. Ma Michele Iorio ha sette vite,
come i gatti. Ed è uno in grado sempre di inventarsi qualcosa per uscire dal
pantano in cui si ritrova. Nella negatività della situazione c'è un elemento
a suo favore. Lui, a differenza di molti dei suoi avversari, lotta per la
sopravvivenza. La sopravvivenza politica, quella che può dare una marcia in
più.
|
|