Il consiglio
regionale al femminile: l’irriducibile Angiolina
Fusco Perrella (71
anni, un consenso di cemento), la sorridente Nunzia Lattanzio (48) e la
36enne attivista del 5Stelle Patrizia Manzo, che fa le sue rivoluzioni
"col web" e in giacca a vento. Tre volti, tre generazioni, 3
pezzi di un Molise che cambia. Ironia della sorte: il consiglio regionale
più magro della storia (20 consiglieri) vede tre donne tra maggioranza e
opposizione. Diversissime, per età, storie e stile.
Chissà se in fondo in fondo le dispiace, di aver perso di botto quel
ruolo per anni incontrastato, di unica donna a sedere sui banchi di
Palazzo Moffa. Chissà cosa penserà, la professoressa Angiolina Fusco Perrella, 71 anni suonati, il primo giorno del
primo Consiglio sotto la presidenza di Paolo Frattura, quando dall’ala
riservata all’opposizione, nella sua impeccabile divisa d’ordinanza,
osserverà le chiome colorate e scompigliate delle sue nuove colleghe. Nunzia
Lattanzio, 48 anni, e Patrizia Manzo, 36 anni. Le hanno soffiato il
primato da sotto il naso, e con loro il Molise – che passerà alle
cronache rosa per aver avuto consigli improntati al maschilismo più
spinto – cambia proporzioni di genere e perfino look. Affianca le
collane di perle candide e la severità di giacche di sartoria a jeans slim e sciarponi da portare
con disinvoltura, la piega a prova di raffiche di vento a capelli effetto
“appena uscita dalla doccia”, in una sorta di minestrone di stili e acconciature.
Beffa del destino, o vendetta della storia? Fatto sta che fino a quando
il consiglio era generosamente allargato a 30 consiglieri, la
professoressa Angiolina era l’unica quota rosa.
Adesso, con solo 20 poltrone disponibili, è in più che buona
compagnia. Le colleghe sono Nunzia Lattanzio e Patrizia Manzo. La
prima è stata Tutore pubblico dei Minori, scelta dalla politica. E’
pugliese, ma s’è stabilita in Molise da un pezzo e vive a Campobasso.
S’era avvicinata a Fli, al movimento di Fini,
ma alla fine ha optato per l’Udeur di Vincenzo Niro e ha preso 673
preferenze.
Decisamente meno dei sorprendenti 1218 voti riportati dalla più
giovane e informale delle tre donne consigliere. Patrizia Manzo era
pressoché sconosciuta agli osservatori politici molisani fino a quando,
con un colpo di scena, il suo nominativo è stato estratto dal complicato
sistema che assegna i seggi su base proporzionale. Il risultato è che il
Consiglio di Frattura è più rosa che mai, laddove il colore però –
bisogna precisarlo – non è necessariamente indice né di gentilezza né,
tantomeno, di debolezza.
D’altra parte di debolezze la Fusco Perrella pare non averne mai avute. E’ entrata in
Regione nel 1994, proprio quando il Cavaliere s’affacciava sulla scena
politica nazionale, e non ne è più uscita. Ha attraversato indenne i
decenni, le fatiche titaniche delle campagne elettorali e i ruoli:
consigliera, presidente del Consiglio, assessora,
ora consigliera di minoranza. Ha incrementato man mano le sue preferenze,
ha costruito un impero senza sbavature, ha cementificato il consenso
anno dopo anno, elezione dopo elezione, senza perdere mai l’aplomb
dell’espressione e la piega perfetta del tailleur, arrivando a
prendere oltre 4000 preferenze candidandosi con quel Pdl che ha subito un tracollo. Ma lei no, la Fusco Perrella sembra
immune ai tracolli e alle sconfitte, e viene il dubbio che se anche si
fosse candidata con il partito della lotteria o con la lista dei piccoli
esploratori sarebbe risultata comunque in vetta alla classifica numerica.
Perciò chissà cosa penserà di quella Patrizia Manzo che s’è avvicinata al
Movimento 5 Stelle poco tempo fa, e che adesso, a sorpresa, entra a
Palazzo Moffa. Chissà se ha visto la fotografia di Patrizia stritolata
in un abbraccio da Beppe Grillo sul palco, durante un comizio di piazza
molisano, e se sa che la sua giovane collega – convivente, laureata
in scienze statistiche, impiegata presso l’Ufficio studio e ricerche di
Unioncamere – non ha mai fatto il “porta a porta” in vita sua, e di
essere stata eletta l’ha scoperto – figuriamoci – su internet.
«La notte dello spoglio sono andata a dormire convinta che con Antonio
Federico in Consiglio sarebbe entrato un amico candidato di Isernia,
pensavo che quel seggio spettasse alla circoscrizione di Isernia. Ed ero
felicissima». Patrizia Manzo è spontanea, non ha ancora imparato nulla
della diplomazia istituzionale, e sprizza un entusiasmo contagioso,
specie quando racconta delle battaglie per la salute del territorio.
«Nel
nostro programma c’è il registro dei tumori, dare risposte ai dubbi sulla
salute che assalgono i cittadini del Molise – dice lei, attivista della Lilt – e questa è certamente una delle battaglie che
faremo in Consiglio».
Il trenteseiesimo compleanno l’ha
festeggiato a San Martino in Pensilis, dove si
trovava per un incontro coi cittadini. «La nostra campagna elettorale
l’abbiamo fatta così, di paese in paese, parlando coi cittadini che
all’inizio erano pochissimi, poi sono diventati tanti. E’ stato
bellissimo, intenso, ho imparato un sacco di cose».
Parla al plurale: non “io” ma “noi”. E’ il lavoro di squadra del
Movimento 5 Stelle, che evidentemente li ha premiati, anche in quella
ex roccaforte democristiana che è Termoli, dove lei abita, e dove ha
frequentato le scuole superiori prima di partire per l’Università di
Bologna. «Il motivo del successo 5 Stelle a Termoli? Secondo me è una
delle città più giovani del Molise, anche demograficamente. E poi è
una città in cui siamo stati molto presenti, ogni fine settimana abbiamo
organizzato il banchetto, tanto che una volta che eravamo in piazza ci
sono venuti a chiamare: ‘aho’, ma il banchetto
oggi non lo mettete?’». Ride al ricordo, e ha una risata aperta,
compatibile con le scarpe basse e la giacca a vento, e quell’aria da
sessantottina che emerge dal suo profilo facebook.
«Non mi dispiace il paragone, è una rivoluzione anche questa, solo che loro
avevano il megafono, noi abbiamo il web».
Chissà Angiolina, ad averla come alleata in
minoranza. Patrizia ha le idee chiare, sul punto: «Noi non siamo né
di destra né di sinistra, non mi fa nessun effetto essere in una
opposizione dove c’è Michele Iorio, o dove siedono i mammasantissima
della politica molisana. Ma proprio per niente». Chissà che occhiatacce,
a Palazzo Moffa. E che imbaarazzo, perfino.
«Dici? Ma no, figurati. E poi c’è sempre la possibilità di andare d’accordo…»
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