Sulle prossime elezioni regionali in Lazio e
Lombardia c’e’ un flusso continuo di notizie. L’altra
regione dove si vota, molti, invece, a malapena saprebbero
localizzarla con precisione. Il
Molise e’ un microcosmo di 300mila abitanti,
distribuiti su agglomerati urbani formato mignon che costellano un
territorio impervio e povero.
Pochi sanno che il Cav. Silvio Berlusconi
è in effetti un deputato eletto nella circoscrizione di Campobasso
e che in Regione spadroneggia da decenni il Presidente Michele Iorio,
un pezzo da novanta della DC (che in Molise ai tempi d’oro otteneva
oltre il 60% dei voti) già nella prima Repubblica. Poi nella seconda
si è abilmente riciclato, secondo le convenienze del momento, a
sinistra e a destra che in Molise, a parte qualche anima ingenua,
sono spesso la stessa cosa, (come del resto in molte altre parti
d’Italia). Approdando
alla corte del Banana ha goduto di un flusso di spesa incessante grazie ai fondi per il terremoto
con i quali si è garantito le rielezioni (per un po’ ha anche
cumulato la carica di deputato irridendo al divieto di legge) e il
supporto dell’illustre deputato di Campobasso, ora tornato in pista
per condurre il paese al disastro.
Nelle regionali 2011
registrò un sostanziale pareggio tra le coalizioni di destra e di
(cosiddetta) sinistra (lo scarto tra i due contendenti maggiori si
giocò sul filo dei 1000 voti – astensione oltre il 40%). Ma la vittoria
al fotofinish fu il frutto di una faccenda non propriamente
edificante. Michele
Iorio, pur in caduta libera di consensi, si era
salvato grazie a liste proporzionali molto competitive (potere
clientelare allo stato puro, oggi comunque molto ridimensionato), ma
in larga parte per la solita plateale calata di braghe del popolo
della (cosiddetta) sinistra: alle primarie primeggiò tal Paolo di Laura Frattura,
figlio di un altro cavallo di razza democristiano locale, personaggio
non solo scialbo e incolore, ma
addirittura sodale di Iorio, nelle cui liste era stato candidato sia
nel 2000 che nel 2005. Un po’ come se il PD avesse scelto come
candidato premier Frattini o Gasparri.
Invalidate le elezioni
regionali per la seconda volta in pochi anni, si torna alle urne fra due mesi.
Il mio amico Salvo ha messo insieme, per chi volesse documentarsi su
questo microcosmo del Sud, una serie di grafici e tabelle (disponibili a questo link) che ne illustrano la
storia recente. Io ne ho tratto una versione video.
I dati economici
e sociali
(che pochi elettori in regione conoscono) dipingono un quadro
deprimente: una economia stagnante con una bassa partecipazione alla
forza lavoro (in cui le donne hanno un ruolo secondario) e tenuta a
galla dalla spesa pubblica. La spesa pro-capite delle amministrazioni
pubbliche al netto degli interessi è aumentata di un quarto dal
2003-2005 con conseguente
triplicazione del debito tra il 2002 ed il 2011. La
natura clientelare di questa massa di denaro pubblico è evidenziata
dalla concentrazione della spesa nel settore sanitario (di cui è
nota la mala gestione legata a clan familiari incistati nella politica) e dalla
scarsità di investimenti.
Il grosso dell’occupazione è
nei servizi, come sarebbe normale in un’economia avanzata, ma è abnorme la quota di
impiego pubblico. Le poche imprese private hanno redditività prossima allo
zero negli anni di armenti grassi, ma di solito
distruggono valore. Pertanto mostrano livelli di indebitamento in
quasi costante crescita, che negli ultimi anni hanno determinato
sempre maggiori sofferenze, in parte anche perché il settore bancario
pratica tassi sproporzionatamente alti rispetto al costo della provvista.
Come nel resto d’Italia, la base produttiva si è
erosa nei settori industriali con una cassa
integrazione aggiuntasi in modo esplosivo alle altre forme di
assistenza negli anni della crisi globale. Gli imprenditori per tutto
il decennio, quindi ben prima della crisi, hanno avuto aspettative di
peggioramento. Il che, come è ovvio, non ha certo stimolato gli
investimenti. Pertanto si è determinata una perdita di competitività
che ha colpito le esportazioni soprattutto verso l’Europa e nel
settore tessile e dell’abbigliamento (dovuta al fallimento della
ITIERRE, un tempo quarto gruppo tessile in Italia). Resiste solo il turismo,
caratterizzato da piccole imprese a conduzione familiare con una
clientela al 90% italiana, molto probabilmente oriundi che ritornano
nei luoghi dell’infanzia o a trovare parenti.
L’unico dato relativamente
positivo riguarda la
solidità patrimoniale delle famiglie, legata ad
ataviche virtù di frugalità, di cui tuttavia le crepe sono
evidenziate dall’aumento dei prestiti alle famiglie e dal raddoppio
delle sofferenze in questo ambito.
In conclusione una società
incagliata in una situazione insostenibile di assistenzialismo, bassa
produttività, asfissia imprenditoriale e, in definitiva, di
generalizzato declino.
di Fabio Scacciavillani (Dal "Il fatto
Quotidiano" del 10 Dicembre 2012)