EMIGRAZIONE
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di 60 anni: la terra delle scommesse è ancora l’Australia
Negli ultimi mesi
l’emigrazione di molisani verso il continente oceanico sta conoscendo
un’impennata. Da Termoli a Campobasso passando per i paesi della costa e
dell’entroterra, sempre più giovani scelgono Sydney o Perth per cercare
fortuna, ripercorrendo le orme degli emigranti degli anni Cinquanta e
Sessanta e che negli anni hanno creato cinque associazioni di molisani in
Australia.
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La valigia di cartone è stata sostituita dai pratici
trolley. La nave ha lasciato il posto all’aereo. Al posto delle cartoline
postali c’è Facebook. Ma l’emigrazione è sempre
quella, ed è tornata prepotente. La nuova frontiera? E’ l’Australia.
Nemmeno poi tanto nuova, se è vero che negli anni Cinquanta e Sessanta
migliaia di molisani hanno trovato fortuna fra Sydney e Perth, costituendo
nel tempo una federazione di molisani d’Australia che presto potrebbe avere
nuovi iscritti, visto che le partenze da Termoli, Campobasso e dintorni si
susseguono a un ritmo impressionante. La Germania, la Svizzera e Londra
sono ancora le mete più gettonate per chi cerca di svoltare all’estero ma non
vuole allontanarsi troppo dall’Italia. Ma da qualche tempo e ancor di più
negli ultimi mesi, tanti ragazzi italiani e fra loro un gran numero di
molisani, stanno scegliendo il continente oceanico per farsi una nuova vita.
Non per voltare pagina come di dice, ma per cambiare libro per restare in
tema di metafora. Perché scegliere di trasferirsi in Australia cancella
praticamente tutto ciò che c’era prima.
Lo sa bene chi in questi ultimi mesi ha vagliato attentamente rischi e
vantaggi di una scelta per nulla scontata. Solo da Termoli, nel giro di
pochi mesi, sono 5 i ragazzi tra i 25 e i 33 anni che hanno deciso di partire.
La disoccupazione, gli stipendi bassi, il clientelismo, la mancanza
cronica di opportunità sono alla base di una decisione che sempre più
ragazzi stanno prendendo. A Termoli quasi ogni giorno si sente parlare di
giovani che hanno preferito sentire la nostalgia de “’A mazze du castille” invece che
restare in casa, magari coi propri genitori per mancanza di indipendenza
economica, trovando quasi sempre porte chiuse, lavori malpagati e al limite
dello sfruttamento.
In questo, le differenze rispetto a cinquanta-sessanta
anni fa non sono poi così evidenti. La prima vera grande emigrazione
italiana e di riflesso molisana verso l’Australia risale al secondo
dopoguerra. Con l’America che iniziava a chiudere le porte, gli emigranti
cominciarono a guardare altrove. Tenendo fuori chi preferì restare in Europa,
specie in Germania, Belgio o Francia, gli altri continenti negli anni
Cinquanta offrivano tre principali mete: il Canada, l’Argentina e
l’Australia, appunto. Una terra, quella oceanica, che all’epoca era molto più
povera di adesso e persino messa peggio dell’Italia che usciva a pezzi dal
secondo conflitto mondiale. Ma le voci di un Paese dalle grandi
risorse naturali e dagli sconfinati spazi, riuscirono ad attrarre
un’emigrazione europea che fu soprattutto italiana e greca, oltre che dalla
Gran Bretagna e dall’Irlanda. Ma a influire ancor di più verso l’emigrazione
di massa in Australia furono gli stessi emigranti. Molti riuscirono presto
a fare fortuna e pure tra le profonde sofferenze per aver abbandonato le
proprie radici, decisero che stare lì era meglio che tornare a casa.
Così per circa venti anni i molisani partirono. A quell’epoca esisteva l’atto
di richiamo: gli immigrati italiani in Australia facevano richiesta per
accogliere tizio o caio, per motivo di lavoro o di
matrimonio. Non furono poche infatti le donne che sbarcarono a Fremantle, cittadina portuale poco distante da
Perth, nell’Australia Occidentale, con il compito di sposarsi per procura.
Tutta
un’altra epoca. Poi, complice il boom economico italiano e leggi più
restrittive per l’immigrazione da parte del governo di Canberra,
l’emigrazione in Australian si è praticamente
arrestata. Oggi è diverso. I giovani si informano su internet,
guardano le città in cui andranno a vivere su Google, scambiano
informazioni con altri ragazzi nella loro medesima situazione su Facebook. Quasi tutti scelgono Perth, dove è
numerosa la comunità vastese, tanto per dirne una, oppure Sydney. E in
questo caso la presenza di Del Piero c’entra poco. In misura minore Melbourne
e le altre città più popolose. Partono più consapevoli di cosa andranno a
trovare, ma non per questo certi del risultato finale.
L’emigrazione è sempre una scommessa. Si può capire che il proprio
posto è in Italia, vicini al focolare domestico e alle abitudini
mediterranee. Oppure si può “sfondare”, formare una famiglia a migliaia di
chilometri di distanza da casa e diventare benestanti, come è successo a gran
parte dei molisani d’Australia. Oggi molti di loro si ritrovano grazie a cinque
club molisani in Oceania: uno ciascuno a Perth,
Adelaide, Melbourne, Sydney e Hobart, in Tasmania.
Sono quasi tutti in là con l’età e cercano di coinvolgere i giovani,
immigrati di seconda o terza generazione, in attività e iniziative che
riprendono le tradizioni molisane, ormai a rischio estinzione visto che è
frequente che figli e nipoti di chi ha raggiunto l’Australia mezzo secolo
fa non sappiano una parola d’italiano che non sia ciao o grazie. E’ un
po’ nella normalità delle cose e i componenti degli stessi club lo sanno
bene. Ma presto le cose potrebbero cambiare. Una nuova generazione di
molisani sta arrivando in Australia.
di Stefano Di Leonardo (da primonumero.it)
Campobasso, li 13 Febbraio 2013
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