Il Molise e il declino della festa.
"La Regione arriverà ai 50 anni di autonomia?"
Forse è l'ultima festa, ai cinquant'anni non ci arriva.
Il Molise, regione sempre più a rischio (per tanti a Roma, a torto o a
ragione, non ha motivo di esistere ancora), onora l'autonomia conquistata nel 1963
con questo pensiero: prima latente poi dichiarato. Lo fa suo Iorio per
respingerlo (con certa forza), lo riprende Pietracupa
per esorcizzarlo, se lo ripetono a denti stretti i pochi, pochissimi che
stanno seduti al Teatro Savoia.
E' qui che
si tiene «un evento
spettacolo», come lo chiama più volte la presentatrice della
serata, che sa di declino,
nonostante la vibrante magnificenza per i fasti sanniti. Un'impressione
diversa è difficile provarla.
A pensarci i 49 anni
del Molise, viste le sentenze della magistratura
amministrativa, cadono in un contesto privo di riferimenti politici e
esaltazioni storiche: il Molise oggi non ha un governatore, un'assemblea
legislativa, un apparato eletto che identifichi i suoi amministratori. Ha rappresentanti depotenziati,
compresa una minoranza
di centrosinistra che come massima espressione di opposizione
altro non sa fare che disertare
l'appuntamento della festa dell'autonomia. Troppo facile,
troppo comodo, persino inutile
e irrispettoso così.
Degli esponenti del centrosinistra di Palazzo Moffa al Teatro Savoia non si affaccia nessuno.
Tutti assenti. Nelle prime file ci sono
ex eletti di via IV Novembre, tutti con i capelli bianchi.
Alcuni più celebri, altri dimenticati. Nello stupore dei più, arriva da
Termoli persino Del Torto. Loro, in pensione dalla politica da un po', si
sono presentati. Forse con quel sentimento antico che si richiama al senso
del dovere. E così al posto di Paolo
di Laura Frattura, dimessosi dalla carica di consigliere, ma
candidato a governatore, c'è il padre Fernando,
vertice dell'Associazione degli ex. L'onorevole interviene con un discorso di
retorica Diccì rivolgendosi a Iorio, l'avversario
alle urne del figlio, con l'appellativo «presidente». E al posto di Massimo Romano,
altro candidato alla carica di presidente della Regione con un suo movimento,
fa capolino lo zio Pio.
Per gli altri, che magari non sono figli o nipoti d'arte, sedie vuote. Le
prime balconate del teatro sono destinate agli studenti delle scuole medie (per
fortuna ci sono loro a fare numero) che applaudono, perché lo meritano, i
compagni della Montini di Campobasso. Tocca ai ragazzi aprire le danze
intonando l'inno di Mameli e l'Inno alla Gioia di Beethoven per celebrare il
Molise in Italia e in Europa.
Sul palco, poi, riprendendo stralci del libro di Nicola Mastronardi,
autore del romanzo storico che celebra le gesta sannite - in base alla
ricostruzione dello studioso di Agnone il nome Italia viene dall'antico
popolo battuto dai romani - compare Michele
Placido. Il maestro del cinema italiano a Campobasso per la
nona festa del Molise recita con i talentuosi attori molisani, Giorgio Careccia,
Marco Cataldi e Barbara Petti. Ad
accompagnarli, il pianista di Bojano, Simone
Sala, regista dell'evento.
Tema e performance
hanno un'indiscussa dignità che si perde però in questo
contesto solitario e sconfortato, affidato alle poche istituzioni che hanno
risposto all'appello. Dal questore
Pozzo al colonnello Lombardo fino al rettore Giovanni Cannata.
I flash sono per il magnifico come per Iorio: si cerca di rubare con le
riprese e le fotografie il sentimento (o l'ostilità) che oggi avvicina o
allontana i due. Iorio da solo ripete di essere candidato alla presidenza
della Regione, il rettore invece è sponsorizzato da altri. Cosa faranno?
La situazione ufficiale, però, non consente grosse divagazioni. Iorio e
Cannata si ritrovano ospiti della tavola rotonda di dibattito storico e
politico che si avvale della presenza del professore La Regina.
Tutto questo, con nomi di tale calibro accademico, per sottolineare che
«l'evento spettacolo» poteva davvero essere un evento spettacolo -
probabilmente è stata la più degna e calzante manifestazione finora pensata e
attuata dal 2003 - ma il
clima delle celebrazioni sentite, be', quello non
c'è. I cittadini comuni non l'avvertono né vivono come tale,
la festa dell'autonomia del Molise: va bene una volta, ma sempre no.
Soprattutto adesso che non ci sono in giro gli occhi per piangere. Forse oggi
la festa andava
cancellata per liberare da quell'etichetta di inutile
ossessione ioriana con la speranza e l'augurio di
farla davvero per il 50ennio l'anno prossimo.
di Sabrina Varriano
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