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  Enzo Cimino versus Cdr Tg3 Molise
Un ragionamento

Sono stato sollecitato dall'amico Enzo Cimino, consigliere nazionale dell'Ordine dei Giornalisti, ad intervenire su una querelle sorta tra lo stesso Enzo e il comitato di redazione del Tg3 Molise. La vicenda è relativa ad un nutrito gruppo di nuove assunzioni che la Rai ha disposto per la sede del Molise, unità provenienti dalla scuola di giornalismo di Perugia e comunque non molisane. Cimino chiedeva conto di una scelta penalizzante per il nostro territorio e per le nostre professionalità, il Cdr Rai sosteneva che non si tratta di scelte sindacabili dall'ordine dei giornalisti o da suoi rappresentanti. Ho accettato l'invito di Cimino anche se non sono appassionato di polemiche o discussioni tra giornalisti sui giornali o sui mezzi di comunicazione, così come non mi sono mai piaciuti i film che parlano di come si confeziona o si gira un film, per quanto ben fatti essi siano. Lo faccio però a modo mio, senza cedere alla tentazione della solidarietà pelosa e inutile, dell'affiliazione personalistica o amicale.

Voglio quindi fare un ragionamento, in qualche modo utile anche ai lettori non operatori della comunicazione. Faccio anche un'altra premessa, necessaria in un ambiente piccolo e chiuso come quello molisano. Nei confronti delle due parti dialoganti ho la massima stima personale, sono persone che spesso conosco e di cui posso testimoniare la professionalità e la capacità di operare bene nel settore della comunicazione locale. Quindi quello che dirò prescinde dai singoli ma è un ragionamento per così dire di sistema e spero quindi di non urtare le suscettibilità di nessuno. Al netto di queste premesse espongo sinteticamente il mio percorso dialogico. In primo luogo chi scrive è sempre stato contrario all'ordine dei giornalisti (e più in generale agli ordini professionali) ritenendo gli stessi figli di un sistema, quello redistributivo-istituzionale, ormai superato dalla realtà dei fatti, dalle possibilità offerte dall'innovazione tecnologica, dal mutato sistema economico. Si tratta di burocrazie e poteri formali autoreferenziali, che non producono alcun valore aggiunto e non dispongono di alcune funzione non altrimenti dislocabile (per i giudizi disciplinari o i codici deontologici basterebbe qualche corpo terzo dell'elefantiaco stato italiano). Per cui mi piace leggere l'intervento di Enzo più nella chiave di un contributo di un cittadino che paga il canone Tv che quello di un membro di un'istituzione che non condivido (anche se ovviamente ne ho rispetto e di cui seguo tutte le prescrizioni e le normazioni). Detto questo arrivo ad un primo punto di domanda sulla vicenda. 

La Rai ha chiuso il bilancio con un deficit monstre, è di attualità la richiesta di un maggior contenimento dei costi, spesso impazziti del sistema televisivo pubblico. Ho salutato, e non me ne pento affatto, con entusiasmo la decisione del governo greco di chiudere la pletorica e inefficiente Tv di stato di quella martoriata nazione (e di ricrearla su basi meno dispendiose e più morigerate). Credo quindi che anche la Rai debba essere sottoposta ad una cura dimagrante, che tolga le croste dei tanti privilegi che in essa (specie ai livelli direzionali centrali) si annidano. In una realtà piccola come il Molise è allora proprio necessario aggiungere altri 8-9 giornalisti, stipendiati in maniera legittima ma sostanziosa, quando già è attiva la redazione giornalistica più folta e numerosa della Regione? Una necessità che è sempre meno impellente se confrontato con l'output di trasmissione che al momento Tg3 Molise produce, non paragonabile (ovviamente solo per quantità, si intende) a quello di una qualsiasi emittente privata molisana. Punto secondo.

La Rai è pubblica, e siamo convinti che debba restare tale (un servizio pubblico televisivo esiste perfino in America, patria dell'ultraliberismo più sfrenato) E, se è pubblica, deve rispettare le regole di accesso previste per diventare dipendenti pubblici. La scuola di Perugia non equivale ad un concorso pubblico e quindi non si capisce il perché o il percome di una simile scelta, probabilmente anche con profili di illegittimità sotto il profilo del diritto amministrativo. Per quanto riguarda le professionalità locali Cimino dice con la pancia quello che molti pensano. Se proprio si devono fare queste assunzioni e questi giornalisti devono parlare di realtà locali ( e solo di quelle) perché ce li dobbiamo far catapultare da fuori regione? Probabilmente qui il problema, centrato nel merito, presuppone problemi di metodo considerato che i concorsi pubblici (che però in questo caso non sono stati fatti) impediscono normalmente riserve territoriali per la loro aggiudicazione. Resta però la sgradevole sensazione che i molisani, e gli operatori della comunicazione molisani, non sappiano o non siano capaci di raccontare la realtà in cui vivono, o che non possano farlo da dipendenti del servizio pubblico locale.

Infine una notazione di metodo, forse la più importante di tutta. Il Cdr della Rai in sostanza dice a Cimino che le assunzioni non sono fatti suoi. Ed ha ragione se parla con Cimino come membro dell'ordine dei giornalisti. Ma quando il Cdr parla a Cimino come cittadino/contribuente che paga il canone Rai ha torto. Mi dispiace ma ha torto marcio. La Rai è pubblica e, quindi, è di proprietà dei cittadini. E i cittadini hanno un sacrosanto e ineluttabile diritto a sapere come, perchè e in che modo vengono spesi i loro soldi, un diritto senza se e senza ma, senza condizionamenti o riserve di caccia, un diritto assoluto di qualsiasi cittadino italiano.

di Pietro Colagiovanni (da informamolise.com)

Campobasso,  li 03 Ottobre 2013

 

 

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