Territorio
La via Francigena
L'INTERVISTA
Parisi: 'Un'opportunità da sfruttare al meglio'
4 domande a Roberto Parisi, docente di
Storia dell'Architettura presso l'Università del Molise |
Quali prospettive di sviluppo ha per
il Molise la Via Francigena del Sud? |
Non sono un esperto del Molise
medievale e per affrontare e risolvere i quesiti posti nel suo articolo credo
che si debba in primo luogo attingere agli studi e alle esperienze di storici e
archeologi che in quest’ambito operano attivamente nella regione. Tuttavia, dal
mio punto di vista, i termini della questione potrebbero anche essere
ribaltati. Potremmo chiederci, per esempio, quale contributo sia in grado di
offrire il patrimonio culturale molisano alle iniziative in atto, nell’Italia
centro-meridionale, per la valorizzazione di itinerari turistico-culturali
tematicamente connessi alla “Via Francigena”.
In quest’ottica si eviterebbe il rischio di creare nuove impalcature
tecnico-istituzionali basate su potenziali falsi storici e, viceversa, il
Molise potrebbe legittimare a pieno titolo la propria adesione al programma di
valorizzazione della direttrice francigena, mettendo
in rete l’insieme delle testimonianze d’età medievale ancora esistente e di
riconosciuto valore storico-documentario, di cui il suo territorio è ricco.
Le eventuali risorse finanziarie disponibili a tale scopo non rischierebbero di
consumarsi in iniziative spesso destinate a non essere portate a termine, ma
potrebbero contribuire ad avviare un processo virtuoso di gestione ordinaria
dei giacimenti culturali locali, di promozione turistica programmata e di
integrazione attiva con il sistema esistente delle infrastrutturale storiche,
attraverso il coinvolgimento costante e inequivocabilmente sinergico di
associazioni, enti e istituzioni preposte alla cura del territorio.
Come si potrebbero gestire i finanziamenti per la realizzazione di un percorso
virtuoso di sviluppo dei servizi turistici in Molise ?
A mio
avviso, con riferimento specifico al comparto dei beni culturali e ambientali e
dell’industria turistico-culturale, si dovrebbe
innanzitutto approfittare della crisi finanziaria ed economica in atto per un
ripensamento generale dei programmi e delle iniziative promosse negli ultimi
trent’anni. Una pausa di riflessione sugli obiettivi non raggiunti e sulle
potenzialità non espresse potrebbe favorire in tal senso una diversa politica
di investimenti nella ricerca, nella cultura e nell’uso non dissipativo del
territorio e delle sue risorse, naturali e antropiche. Nuovi finanziamenti
potrebbero quindi essere gestiti cominciando a immaginare il Molise come un
grande museo vivo delle comunità e del territorio e poi investendo – a titolo
di esempio - nel riuso intelligente dei tanti edifici vuoti dei centri minori
interni e nel loro ripopolamento, nel censimento integrato di tutte le
banche-dati esistenti sul patrimonio culturale e ambientale locale, nella
digitalizzazione del patrimonio iconografico e documentario di biblioteche e
archivi pubblici e privati e nella loro messa in rete, nell’editoria culturale
e turistica, nella gestione e nella promozione di musei e parchi, nella
riconversione degli addetti all’edilizia speculativa in maestranze
specializzate nel recupero e nel restauro conservativo del patrimonio
architettonico, archeologico, naturalistico e infrastrutturale, nel rilancio
dell’artigianato artistico locale. Un unico ecomuseo regionale, nel quale i
giovani – compresi i laureati in Beni Culturali e Turismo dell’Università del
Molise - possano trovare un’occupazione non precaria, possano tradurre i propri
sogni e le proprie aspirazioni in una esperienza di lungo periodo, da esportare
anche fuori del Molise, e dell’Italia.
Quali criteri secondo lei dovrebbe avere un comune per definirsi un borgo
d’eccellenza?
Prescindendo
dalle iniziative in atto nella regione, che non conosco in dettaglio e che non
mi pare siano state sufficientemente divulgate, credo che anche in questo caso
la questione vada affrontata da un diverso punto di vista. In primo luogo
orienterei ogni sforzo politico-istituzionale e culturale verso una
razionalizzazione delle iniziative associative in atto nella regione. Si tratta
di una moltitudine di associazioni culturali con gli stessi scopi statutari e
ogni finanziamento di carattere pubblico di cui ciascuna di esse beneficia può
tradursi, in assenza di un’azione programmatica di coordinamento a medio e a
lungo termine, in una dispersione a pioggia di risorse finanziarie, con il
rischio di moltiplicare ricerche e interventi sul patrimonio culturale locale
dello stesso tipo, ma difficilmente integrabili tra loro e dunque con scarse
ricadute sul territorio.
Non credo, quindi, che sia necessaria un’associazione ad hoc per individuare
parametri e criteri utili a selezionare un numero congruo di borghi
d’eccellenza; inoltre, il termine “eccellenza” può risultare abbastanza ambiguo
e troppo discrezionale se non correlato ad un insieme di obiettivi, chiari e
condivisi, da raggiungere. Un piccolo centro urbano, eccellente ad esempio
nelle pratiche di smaltimento dei rifiuti, non necessariamente può risultare
altrettanto eccellente nella gestione del proprio patrimonio artistico e
museografico o nella capacità di offrire un’adeguata risposta alla domanda di
ricettività turistica. Così come l’eccellenza nei prodotti tipici dell’eno-gastronomia
locale che caratterizza molti comuni molisani, raramente è sostenuta anche da
un’efficace politica di controllo sui consumi di suolo o di recupero idoneo del
patrimonio storico-architettonico e ambientale di propria pertinenza.
A mio avviso, più che al conseguimento di un “label”
di ’“eccellenza”, lo sforzo comune di enti locali, associazioni e istituzioni
pubbliche e private dovrebbe tendere al raggiungimento di un soglia minima, ma
essenziale, di un insieme di standard di qualità, per almeno il 50% dei centri
minori del Molise. Il processo selettivo di tale tipologia di borghi non
dovrebbe però dipendere dalla forza persuasiva delle rispettive amministrazioni
o da affinità ideologico-politiche o, ancora, dalle
opportunità che offre - una tantum – una determinata misura di finanziamento,
ma consolidarsi gradualmente, sulla base di una griglia infrastrutturale di
riconosciuto e rilevante interesse storico-culturale e paesaggistico, come ad
esempio la rete tratturale, ancora oggi, purtroppo,
soggetta ad un irreversibile processo di erosione.
Perché in tanti anni non si riesce ancora a valorizzare la rete tratturale molisana mentre sul versante campano è nato un
parco dei tratturi?
Per una
risposta anche solo sufficiente a tale quesito, occorrerebbe molto più spazio
di quanto si dispone in questa circostanza. Tuttavia, forse, se si pensa che la
dichiarazione d’interesse culturale di tale tipologia di patrimonio risale alla
fine degli anni Settanta del secolo scorso, è necessario ripensare totalmente la
formula d’intervento fino ad ora adottata. In teoria, per un sistema così
articolato di tratturi e tratturelli come quello che
attraversa l’intero Molise, il parco è una tipologia di musealizzazione
superata, a meno che non si intenda trasformare l’intero territorio molisano in
una “regione-parco”. In questa chiave interpretativa, un approccio eco-museale
alla valorizzazione dei tratturi molisani potrebbe essere la più appropriata,
ma la legge regionale sugli ecomusei, promulgata nel 2008, non ha favorito
affatto, fino ad oggi, iniziative qualitativamente efficaci.
Allo stesso modo, per le implicite ricadute sulla valorizzazione della rete tratturale, non credo che l’applicazione della Misura 3.2.3
(“Tutela e riqualificazione del patrimonio rurale”) del piano di Sviluppo
Rurale regionale 2007-2013 abbia prodotto risultati significativi, peraltro in
evidente contrasto con alcune recenti pratiche edilizie, come ad esempio quella
che ha segnato l’infausto destino della nota “Taverna del Cortile”, testimonianza
storica di un tracciato tratturale non lontano dal
centro di Campobasso, demolita e ricostruita in stile (sic!) con il benestare
degli organi istituzionali deputati alla salvaguardia del territorio e delle
sue risorse culturali.
In definitiva, credo che sia opportuno avviare un dibattito costruttivo su
questo tipo di esperienze, una sorta di “stati generali” sul patrimonio tratturale del Molise e sulle reali potenzialità di una
candidatura Unesco, per cominciare ad opporre alla cinica logica efficientista del
“fare” una più ponderata e pacifica politica fondata sul “saper fare”.
(da "Il
bene comune", marzo 2013)
Campobasso, lì 11 Marzo 2013