La tappa odierna, con trasferimento in pullman, ci fa superare il fiume Biferno nei pressi dell’invaso del Liscione per cui si raggiunge Palata dopo le ore 9.
Due chilometri prima del paese, ci si avvia per la stradina, che passando nei pressi del campo sportivo, conduce verso il paese. E’ un sentiero in buona parte alberato ai lati, con fondo misto, fra campi di girasole, panoramico per la visione che offre dell’abitato, dominato dalla torre del serbatoio idrico.
Prima dell’ingresso, ci riceve un gruppo di ragazze in costume tradizionale dai decisi colori rosso e nero e ci danno il benvenuto. Si sale verso il paese e tra le strette viuzze i cavalli passano appena, siamo accompagnati dalsuono del nostro gruppo musicaleed anche da giovanetti in costume.
Giuntinella piazzetta, l’intero gruppo folcloristico ci conduce al cospetto del maestosoe simpatico sindaco con baffi, immagine d’altri tempi, in doppio pettoscuro abbottonato che rievoca la mitica figura di don Peppone.
Quando si giunge nella piazza principale, i paesani sono pronti ad accoglierci ben disciplinati su un lato della stessa. Il ballatoio, che si sviluppa su tutto un lato, è il luogo ideale per la foto ricordo di tuttii partecipanti.
Le parole del Sindaco ci confermano la volontàdegli amministratori di tutelare il patrimonio architettonico abitativo, forse con qualche idea da valutare per la realizzazione di un’area teatrale nella parte più antica e degradata, proprio per rivitalizzarla.
Peccato che non ci sia il tempo per visitareil palazzo di Amodio Ricciardi, martire del 1799e di cui sarebbe stato maestro nell’illustrarne la figura il prof. Renato Lalli.
E’ l’ora della degustazione vengono offerti dei prodotti locali con anche le pannocchie cotte di granoturco, la ventricina piccante, panini rinforzati con salumi, dolci e del buon vino.
Alla partenza la si intravede l’importanza della manifestazione anche come funzione sociale, qualche disabile osserva o segue lacomitiva, guidata sempre dal numeroso gruppo folcloristico fino all’uscita del paese.
La chiesetta di Santa Giusta si vede sul versante del colle di fronte e sarebbe raggiungibile con una pista in terra battuta che scende ripida nel vallone Fosso Strani, a quota320 m, per poi risalirein modo altrettanto deciso. Decidiamo di visitarla con un percorso più lungo che si svolge parte su sentiero e parte sulla abbandonata strada provinciale, passando presso alcune fontane,si raggiunge la chiesetta verso le 13, un piccolo edificio in una macchia boscosa con area attrezzata.
Qualche minuto di sosta per raccogliere i primi e si continua sulla pista in terra che è tangente, a destra alla strada statale, e la si può percorrere a buona andatura poiché segue le leggere ondulazioni delle colline. Si superanoalcune masserie e dopo aver raggiunto sul cocuzzolo le casesi può scendere verso Acquaviva Collecroce, paese nascosto a differenza degli altri posti in evidenza sulle alture.
Così facendo, abbiamo attraversato anche il braccio tratturale Ateleta – S.Andreae si scende al paese ove la colta guida Spatafora che ci accoglie dà le prime notizie sulle etnie slave.Acquaviva è di origine croata come gli altri due paesi Montemitro e S. Felice. Nel piazzale, antistante la scuola elementare, è stato innalzato di recente un monumento raffigurante una prua di nave che attesta la venuta degli Slavi dal mare. Galasso ritiene che gli Slavi siano arrivati nello stesso anno in cui veniva scoperta l’America per cui nel loro linguaggio non sono presenti alcune parole: pomodori, patate, mais e peperoni perché prodotti originari del nuovo mondo.
Altre curiosità ce le riportal’erudito accompagnatore, nella piazza antica, come l’origine del nome cravatta e di “crucchi”,pane nella loro lingua. Per farci avvicinare alla lingua ci offre due interessanti volumi; uno è il primo dizionario, poiché la lingua veniva solo parlata ma non scritta.
Ci si può poisoffermare a gustare i panini. Sioffre la dieta vegetarianainsegno di riconoscimento o di gratitudine alla bionda giornalista del Corriere della Sera, chesegue “Cammina, Molise!”, con pazienza per le manifestazioni d’affetto dimostratele durante tutto il tragitto. La dieta vegetariana,forse un velato auspicio, viene accolta con eleganza e “ bon ton” senza produrre alcun effetto .
Si attraversa il paese sino alle ultime case ovealla fontana monumentale in pietrame squadratoi partecipanti riempiono le loro bottiglie di acqua fresca in assenza di Santino che lo incontreremo dopo.
Alla destra dellafontana ci attende per raggiungere il vallone un sentiero erboso che all’inizio custodisce un’altra testimonianza del passato: un fontanile coperto di buona fattura.
Di fronte alle grosse “lenze” c’è un alternarsi di colori: il verde dei campi di foraggio, ilbruno delleterre arate ed il giallo delle stoppie.
L’ultimo tratto per raggiungere il vallone è attraversoun campo arato, superato il fosso, si risale per raggiungere le masserie, poste sulla Strada Statale 87, attraverso un campo nero per le stoppie bruciate. Qui ci si riunisce, si ricombatta il gruppo per decidere, in base al tempo a disposizione, il tragitto da percorrere.
Il percorso in salita, le tre ore di cammino da affrontare ed il caldo fanno decidere il cambiamento del percorso. Per raggiungere Montefalcone si propende per il tragitto più breve, in tutto 6 km, utilizzando sentieri che tagliano la strada statale. Certo che il sentiero individuato precedentemente era più lungo e più faticoso ma più suggestivo e affascinante, correva lungo un tratturello con ai margini una antica fontana, dimenticata ed in stato di degrado. L’anno 1870 non sfugge a Michele, che legge nella data l’attività svolta dal governo piemontese nelle reintegre sul nostro territorio.
Fra Castelmauro e Montefalconeil tragitto era previsto al fresco della vegetazione boschiva e dopo aver superato la casermetta forestale, quota 700 m, si scendeva verso il Lago Grande, gioiello incastonato nella piccola conca, a quota 540 m; nel ristorante, IL TRATTURO, a conduzione familiare si possono gustare, senza tema di smentita, le migliori pietanzea livello nazionalea base di pesce, e non solo. Non si puòfare a meno di assaporarei numerosi primi piatti dal delicatissimo condimento con pasta fatta incasa dalla Signora Mamma, il pesce di mare cucinato in modo sapiente dai fratelli Nicola e Pasquale.
Mangiare il tutto ogni volta diventa “difficoltoso” per la arguzia di Pasquale, personaggio travolgente, che snocciola battute ad ogni istante. Nemmeno la nascita di Luigino, nome in onore del simpatico nonno è riuscito a calmarlo, e meno male!
Insomma di quei ristoranti unici e tradizionali in cui il sapore del cibo è pari a quello dello spaccato della vita che vi si riesce a trascorrere.
Quando riparto verso Isernia (non sono scesoal laghetto con grande dispiacere per una evidente incomprensione) scorgo un gruppetto, già alla periferia del paese, che era convinto che il lago fosse sparito. “Ma l’acqua nel lago c’era o non c’era?”. Tale dubbio mi era sorto quando la “vocina” di Giovannadice che il professoreaveva dato la notizia certa che l’acqua era sparita.
Non posso dire direttamente come sia andata la serata, ma penso che nello incantevole scenario ambientale, con la disponibilità delle attrezzature presenti, sarà stata senz'altrosplendida.
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Palata, Acquaviva Collecroce, Montefalcione del Sannio caratterizzano la terza tappa, che si preannuncia interessante, sia per le peculiarità paesaggistiche, sia per le caratteristiche etniche e culturali.
Un percorso fuori programma ci porta dall’area attrezzata di S. Leucio alle porte di Palata, dove il benvenuto viene dato da splendide ragazze in costume; festosa l’accoglienza nella piazza, gremita di gente, dove il Sindaco, oltre ad un affettuoso saluto, illustra con passione il dinamismo degli abitanti che vogliono vivere nella propria terra e si adoperano per migliorarne le condizioni ed arginare la fuga dei giovani. Encomiabile il progetto realizzato nella scuola media per la formazione del gruppo folkloristico ‘La Palatisella’; sicuramente per questi giovani imparare e capire i canti popolari significa rafforzare il vincolo con la propria terra e coltivare energie per il futuro progresso.
In una coreografia di festosa accoglienza si consumano appetitosamente i prodotti tipici e si dà l’addio al paese, al ritmo dei canti e delle danze del gruppo folk ‘La Palatisella’ che allegramente ci accompagna fuori del paese per affidarci ad un percorso faticoso.
Acquaviva Collecroce ostenta la sua identità croata, attraverso la duplice scrittura delle insegne e delle vie in lingua italiana ed in lingua slava ed attraverso l’appassionato intervento del sig. Spatanova, il quale illustra la gloriosa storia di Acquaviva, capitale degli insediamenti slavi, che non ha rinnegato le sue origini e che oggi tenta di potenziare la sua economia tramite un’intesa economica con la madre-patria; è un paese che incuriosisce e che stimola all’approfondimento di una cultura che, se pur integrata in quella molisana, custodisce gelosamente le sue specificità.
Dura la tappa per Montefalcone del Sannio, stupenda la vista del paese posto su un’altura di 650 mt sul livello del mare e magicamente circondato dai monti con squarci incantevoli che mostrano nella vallata il tortuoso luccicar del Trigno ed in alto le imperiose montagne abruzzesi.
Suggestiva la serata all’aperto per consumare, nell’area attrezzata del lago, una gustosa cena. |