La riunione mattutina è all’Abbazia della Madonna di Canneto, santuario sulle sponde del fiume Trigno.Anni addietro, Italia Nostra intervenne per salvaguardarne la pace spirituale in occasione del progetto della piscina coperta,ora realizzata, e del teatroall’aperto proprio sulle sponde del fiume.
Il santuario, immerso in una folta vegetazione di pine e risalente al XII secolo nasconde tesori più antichi; èda visitare l’area portata alla luce di una parte di una villa rustica romana con fornace, mosaici e magazzini.
Si assiste alla messa officiata da Mons. Santucci, vescovo di Trivento, la cui presenza non è mai mancatanelle precedenti edizioni. Si assiste concompostezza e sentimento e la figura di un camminatore, appoggiato al bastone edassorto ed affiancatoad una delle colonne richiama allamente l’immaginedi uno di quei viandanti di altri tempi o di uno di quei contadini che si fermavano assorti e rispettosi in una delle tante chiese sparse lungo i tragitti per chiedere grazia sulla sicurezza del cammino, alloranon sempre tranquillo, per qualche pericolo o perraccolti abbondanti.
Alla partenza ci aspettano i Cavalieri Triventini che sono in attesa fuori dell’area della Chiesa. E’ una presenza sempre gradita e, soprattutto, attesa dalla parte più giovane del gruppo per la speranza di salire in groppa agli splendidi animali.
Ci guideranno per tutta la mattinata lungo le sponde del fiume Trigno che quisegna il confine con l’Abruzzo. Il fiumenascein territorio di Vastogirardi nell’Alto Moliseper sfociare nell’Adriatico presso S. Salvo eche già fu guadato in occasione del cammina, Molise! 1997 nella tappa Agnone -Duronia.
Nel primo tratto, siamo sulla sponda idrograficadestra, il gruppo già allungato segue i cavalli su un tracciato con fondo in terra. Voltandosi, labasilica appare nella macchia scura delle piante resinose, una macchia che risaltanella scarsa vegetazione spondale.
E’ possibile ammirare lo spettacolo di qualche airone che si alza in volo all’avvicinarsi dei primi. Lungo questo tratto è presente più di una coppia che riesce a trovare qualche nicchia ambientale in cui vivere, in effetti buona parte di questo tratto del fiume, da Salcito alla foce, è sconvolto da numerosi luoghi di estrazioni di materiale in alveo che hanno completamente trasformato il suo aspetto. Già imbrigliato, rettificato nelle sponde con muri in cemento o briglie che, come lafamosa tela di Penelope, vengono continuamente eseguiti e rifatti negli anni anche perché la massiccia estrazione di inerte ne toglie le basi e l’acqua scalza le opere. Probabilmentel’uso anche di tecniche di ingegneria naturalistica avrebbe e potrebbe salvaguardare l’aspetto del corso d’acqua.
Il fiume viene guadato facilmente al disotto del piccolo sbarramento dell’Eneldove sono in atto lavori in alveo. Dalla parte opposta allo sbarramento vi è un piccolo invaso con vegetazione igrofila dove si soffermano facilmente gli aironi, che in caso di pericolo, si riparano sugli alti pioppi della sponda destra.
Il gruppo ora percorre la stradinasulla destra che, delimitata da un duplice filare di pioppi, conduce allo sbarramento. Il soleinizia a farsi sentire anche se non manca mai il rifornimento da parte di Santino “ l’acquarolo”.
Al bivio per Roccavivara bisogna superare la svincolo stradale e ci si fermasotto il ponte della superstrada per riunire il gruppo. Qualcuno si allontana per rinfrescarsicon sollievoin qualche pozzache non presenta grossi problemi di inquinamento visibile.
Siamo poco distanti da uno di quegli enormi ammassi di materiale inerte estratto; in tutto il tratto sino alla foce ce ne sono più di una decina con decine di migliaia di metri cubi di materialeche, se pur sempre autorizzati, procurano danni alle opere e alla vita animaleper i frequenti sconvolgimenti e perla modifica al letto e quindi allo scorrere superficiale delle acque. I mucchi costituiscono l’occasione per qualche spettacolare discesa tipo “far west” in cui la bravura del cavallo e del cavaliere vengono evidenziate dalla velocità.
Il gruppo, con il miraggio dell‘abitato di Trivento in alto, prosegue su un percorso allo scoperto, sotto il sole del caldo Agosto, per altri chilometri sempre su stradine presso gli argini artificiali,sino al vecchio pontepoco dopo il biviodella superstrada per Trivento.
In attesa all’ombra si può osservare, prendendo comeriferimento i segni sui piloni della nuova superstrada, gli abbassamenti del letto e gli effetti alla base delle strutture.
Trivento è in alto, siamo intorno a quota 200 e bisogna superare il dislivello di circa 400 metri per arrivare ai 600 dell’abitato. Dall’altra parte del fiume ci si inerpica sul sentiero che sale con forte acclività, ma la pendenza diminuisce di poco quando si percorre la stradina asfaltata. Con circa mezz’ora e una buona lena si riesce ad arrivare alla periferia della cittadina. Trivento (oltre 5.000 abitanti) di origine antichissima è una delle roccaforti sannite e successivamente municipio romano con il nome di Triventum. Conserva ancora il tracciato del “cardo maximus”.
Si sosta prima di visitare il centro storico in piazza Fontana dove c’è la Monumentale fontana in blocchi squadrati di pietra locale, luogo anche del rinfresco e dell’accoglienza da parte dell’amministrazione comunale. Si sale poi la scalinata di trecentosessantacinque gradini, anch’essa in pietra locale, e si visita,in particolare, la criptadi San Casto, realizzato sul luogo di un preesistente tempio pagano dedicato a Diana. Qui sembra di trovarsi in un ambiente delle catacombe.
Dopo aver visitato con Rocco, Giovanni ed Enzo, esponente dei Cavalieri Triventini, un sentiero veramente suggestivo che scende in direzione di Codacchio per poi deviare sul Torrente Rivo in direzione del tratturo Celano-Foggia ed ancora ben individuabile, per motivi di tempo, si opta di raggiungere in pullmanla chiesa di S. Maria delle Stelle in territorio di S. Biase.
Da questo punto il tracciato è in direzione di Fossalto, con un percorso giàdi massima sperimentato in occasione di una delle camminate di “Fossalto e d’intorni”. Il cammino è in costante discesa, intervallato da tratti su strada e da altri su terra sino al biviosulla strada Fossaltina.
Si sale rapidamente a Fossalto, attraverso un vecchio sentiero che si sviluppa in un bosco di cerri di grande tagliache copre il versante a nord. Poi la visita al centro storico avviene in compagnia del sindaco e del prete che ci erudisce sulle abitudini, usanze e storia del grazioso centro.
La conclusione finale è rimandata in una campagna ove, oltre alla ponderosa cena,si prosegue la serata con felici pantomime di alcuni partecipanti, non ancora stanchi per i quattro giorni di marcia, e conl’arguta e piccante filastrocca conpizzicate per tutti del Sindaco di Pietracupa e delle “maitunate” improvvisate dal gruppo di Pietracatella.
|
MADONNA
DI CANNETO |
TRIVENTO
Trivento é un piccolo centro del Molise che conta circa seimila abitanti. Si può raggiungere da Campobasso o, più comodamente, dalla strada Trignina, che s'innesta sulla Statale Adriatica nei pressi di S. Salvo. Il fiume Trigno, che costeggia la strada, scorre in una valle ampiamente aperta con fianchi di facile erodibilità costituiti da sabbie in prossimità del mare, e da argille e molasse verso l'interno. Il fondovalle é quasi sempre deserto e l'alveo, sassoso ed asciutto, si gonfia soltanto nelle piene invernali ed autunnali.
Superata l'Abbadia di S. Maria del Canneto, insigne monumento del Xlll secolo, sì comincia ad intravedere, alto ed inaccessibile, il colle di Trivento. Tutto intorno le montagne diventano sempre più alte con dorsali monotone, spianate, a lievi ondulazioni. Dopo una serie di tornanti si raggiunge l'abitato (m 603) costituito da una parte più recente, pianeggiante, e da un nucleo antico arroccato attorno a un colle.
Cenni storici Trivento fu città sannita. I Sanniti Pentri e Caraceni abitarono tutto il Molise interno fino al V secolo quando, attraversato il Matese, invasero la Campania.A seguito di questa azione si scontrarono con i Romani, loro alleati, che avevano con quella regione traffici commerciali. Nel 321 A.C. a Caudio, presso Benevento, i Sanniti inflissero una grande sconfitta ai Romani. Qualche anno dopo, nel 305 furono a loro volta sconfitti e costretti a chiedere la pace. Iniziò allora la decadenza di queste genti italiche che più tardi finirono sotto il dominio romano. Durante queste guerre Trivento restò spopolata. Per ridarle prosperità vi fu dedotta una colonia militare della tribù Voltinia. Nel periodo augusteo l'Abruzzo ed il Molise fecero parte della IV Regione denominata Sabinum et Samnium. Trivento (Tereventum), Alfedena (Aufidena) e Sepino (Saepinum) divennero allora municipi romani. Sotto il dominio longobardo l'Abruzzo rimase diviso nei ducati di Spoleto e di Benevento. Trivento appartenne a quest'ultimo. Quando i Normanni, nel 1140, invasero il Molise, la città fu data ai conti di quella regione.
Nel 1268 Carlo I d'Angiò la dette in feudo ad Ansaldo di Lavanderia e successivamente, nel 1285, ad Amerigo di Sus. Dai de Sus ( di Susa ) passò poi alla famiglia di Pipino, d'origine francese. In seguito fu feudo di varie famiglie tra le quali i D' Evoli, i Caldara, i D'Afflitto e infine i Caracciolo.La parte pianeggiante di Trivento é collegata all'altra da una gradinata in pietra locale che porta ad una piazzetta da cui dopo breve scalinata, si dipartono due rampe in salita che giungono alla sommità del colle ove trovasi la Cattedrale. L'Antico centro é menzionato in una cronaca del Medioevo come " Castrum " e questo lascia supporre che fosse ben munito di fortificazioni.
Le mura ed i bastioni si conservano ancora saldamente nei primi anni del '700 assieme alle tre porte come risulta da una descrizione del Paccichelli il quale ne riporta anche una veduta. Lo schema urbanistico di questo nucleo antico è tipico dei centri medioevali. Nel suo sviluppo potrebbero individuarsi tre fasi ipotizzate dal Lavedan.
Ad una prima fase di contrazione della città romana, ridotta ad un piccolo agglomerato sulla sommità del colle (che era la parte più facilmente difendibile) ne sarebbe succeduta una seconda di consolidamento di questo nucleo entro una cinta muraria ed una terza di espansione al di fuori di questa, nel piano. In effetti, in cima al colle vi é stato ritrovamento di materiale epigrafico e la tradizione vuole vi fosse un tempio di Diana. Durante le invasioni barbariche alcuni centri, soggetti a distruzione totale, furono abbandonati dalle popolazioni superstiti, altri che, come Trivento, occupavano posizioni facilmente difendibili riuscirono a conservare la loro ubicazione. Il tracciato urbano di Trivento rivela la mancanza di una vera e propria "pianificazione urbanistica" anche se nell'apparente disordine, vi é pure una logica della viabilità.
I piccoli spiazzi, le viuzze che s'innestano obliquamente seguendo la pendenza del terreno, il loro andamento tortuoso, non sono dovuti a motivi di difesa ma quasi certamente all'esigenza di conservare percorsi campestri che furono incorporati nelle mura a seguito della espansione edilizia. Questo spiega le pendenze, a volte notevoli, superabili solo con gradinate, le sezioni variabili delle strade, le frequenti strozzature. In un centro così piccolo la circolazione rivestiva una scarsa importanza. La strada era soprattutto un luogo di vita all'aperto, un prolungamento della vita che si svolgeva nelle case e nelle botteghe. La piazza della Cattedrale, che nel Medioevo costituiva il centro della vita religiosa, si trova a Trivento nella parte alta dell'abitato. Attualmente ha forma irregolare e se come appare probabile, rispecchia quella primitiva, così fu concepita per sfruttare la conformazione del terreno.
La cattedrale nella città medioevale era collocata quasi sempre al centro dell'agglomerato o nella posizione più elevata in modo da accentuarne l'importanza e lo slancio verticale. La ricerca di questa posizione, dominante prevale a Trivento sulla centralità sicché il tempio non si trova esattamente nel mezzo dell'abitato. Tutte le costruzioni antiche di questo nucleo sono in pietra. L'uso del pietrame a faccia vista per questa edilizia si spiega con il particolare carattere geologico della zona. La pietra ha caratterizzato sempre l'aspetto dei vecchi centri, sia storici che di campagna, in rapporto alle zone geologiche che ne favorivano o meno l'uso come materiale da costruzione. Rappresenta ancora la testimonianza di una imponente opera artigianale che si è esplicata attraverso la lavorazione della pietra grezza, la sua connessione e posa in opera: fasi sempre legate alle tradizioni locali. L'uso della pietra viva, tanto per le murature che per la pavimentazione delle strade, da all'insieme unità figurativa.
Le abitazioni, le cortine murarie non esauriscono la loro funzione estetica in se stessa ma la dilatano a tutto l'ambiente. Ne risulta un habitat a misura d'uomo ove le altezze e le ampiezze sono a lui commisurate ed in funzione della sua fruizione visiva. Anche se la caratteristica principale di Trivento sta in questo suo essere "pedonale ", strettamente legata alla dimensione umana, vi sono pure edifici che rappresentano momenti epici di questa letteratura architettonica. Si allude, tra gli altri,Palazzo Comitale e soprattutto alla Cattedrale.
Questa chiesa ha antichissime origini cosi come é antica la diocesi di Trivento, forse la più antica del Molise ( primo vescovo fu S. Casto nel IV secolo). Fu dedicata ai SS. Nazario e Celso, probabilmente nel sec. VI ma testimonianze certe si hanno solo dopo il mille. L'interno é stato rifatto, varie volte, la prima nel '700 e non presenta grande interesse. E' costituito da tra navate divise da pilastri e misura m. 34x12. La facciata fu ricostruita nel 1905 in forme rinascimentali, il possente campanile é invece dal '600. Della chiesa primitiva si conserva la cripta, il vero gioiello di Trivento. É costituita da sette navatelle spartite da sei file di colonne che sorreggono voltine a crociera. Sulla parete di fondo c'è un'abside tra due absidiole. La struttura richiama la cripta coeva di Sulmona a cui é simile anche per una particolarità: la semicolonna, sostegno degli archi terminali delle file estreme, interrompe a metà il giro dell'absidiola. Le origini romane di questo sito sono attestate da frammenti inglobati nella struttura della cripta. Nel secondo pilastro a sinistra vi é un cippo funerario ed un altro cippo fa da altare. É sormontato da una lunetta scolpita con un bassorilievo raffigurante la SS. Trinità, due angeli e due delfini. La scultura risale probabilmente al XIII secolo e cosi pure i resti degli affreschi che si trovano intorno. La tradizione che vuole la cripta costruita sul sito di un tempio romano sembra suffragata dall'uso costruttivo di opus reticulatum per tompagnare le lunette racchiuse nelle arcatelle cieche della parete sinistra. (tratto da Mondo Archeologico D.A. Tavani)
FOSSALTO L'abitato appartiene alla tipologia dei centri molisani di origine medievale. Il primo feudatario di tale luogo, designato da Carlo 1° D'Angiò, fu, nel 1269, Guglielmo Stendardo. Successivamente, tra gli altri, vi si alternarono i Sanfromondo (XV Sec.), i di Capua (XVI Sec.), i Carafa, i Piscitelli e, per finire, i Mascione.
Arte e Architettura
L' arco ogivale della torre campanaria è, al centro del paese, il più suggestivo richiamo dello stile medievale. All' apice del colle sorge il palazzo baronale dei Mascione. La Chiesa di S. Maria Assunta, settecentesca, ospita le tele del pittore molisano Paolo Gamba, datate 1774. Pregevole anche la Chiesa di S. Antonio di Padova con l'altare ligneo attribuito a tale Serignano della valle di Trento del 1690.
La "Pagliara Maje-Maje"
La festa della pagliara, il 1° Maggio, riporta il piccolo centro di Fossalto ai momenti migliori dell'epoca in cui il luogo era retto solo e semplicemente da un'economia rurale che i contadini cercavano di rendere più florida con riti propiziatori di antichissima origine. La pagliara o festa della primavera, è celebrata con una messa in scena il cui protagonista è il tipico pagliaio a forma di cono adornato da fiori, animato da un uomo al suo interno, che percorre le strade del paese e delle contrade preceduto da suonatori di zampogne. Come segno di purezza e buon augurio, le persone dagli usci o dalle finestre delle case versano acqua sul pagliaio, come rito propiziatorio per ricche messi. E' un rito antico che si perde nei secoli, una manifestazione singolare e certamente unica in tutto il Molise.
"Un uomo si veste di un cono di rami, di fiori e, sormontato da una croce, percorre vie, piazze e contrade, accompagnato dal suono delle zampogne e da un cantore:
Iè menute maje che li sciuri bielle,
menate acqua ca quisse iè nuvielle............
Maye vè cavaballe pe la Magniruccia,
salutamme la famiglia Cannituccia................
Durante il giro per le vie, il cantore intona, al suono della zampogna, strofe e motti rivolti agli astanti:
Signora patrona va a lu lardare,
taglia 'n chiene e guardate le mane.........
Il rito si conclude con la consegna della croce al Sindaco, mentre il cono d'erba e fiori viene deposto nell'orto della parrocchia".
Sport e Tempo Libero
Gli escursionisti a Fossalto avranno l'imbarazzo della scelta: avventurarsi all'interno del paesaggio pre-montuoso prendendo la direzione di Torella del Sannio o Frosolone, o scendere a valle a cercare riposo e rilassamento lungo le rive del fiume Biferno. Il campo di calcio ed i campi sportivi polivalenti, illuminati in notturna, costituiscono un luogo di ritrovo per gli sportivi. |