Belmonte del Sannio è sulla sommità di un’altura di 864 m s.l.m., incastonata nell’arduo complesso appenninico. L’agglomerato urbano più antico, armonizzandosi col dolce pendio, si svolge a corona intorno al Castello baronale ed al campanile della Chiesa parrocchiale di San Salvatore. Il toponimo, registrato come Bellus mons nei “Regesti angioini”, nel duplice significato di Monte bello e di Monte della guerra, coniuga l’amenità del colle e la posizione strategica dominante per largo raggio sul territorio, punto di vedetta e quindi di offesa e di difesa nell’avvicendarsi dei popoli e degli eventi bellici. Nel 1863, con Regio Decreto, conforme alla deliberazione della Provincia, il Paese prende il nome di Belmonte del Sannio. A buon diritto si pensa che sia stato un sito di difesa Sannitico, Romano e quindi Longobardo, come attestano i resti della Torre Longobarda. In età feudale varie famiglie si avvicendano nel governo dei Feudi: i Borrello, i di Sangro, i Caldora, i Caracciolo del ramo Santobuono che nel palazzo baronale hanno la sede abitativa, ma anche un luogo di avvistamento e di difesa da eventuali attacchi nemici. Fino al 1812 Belmonte fa parte della Provincia di Chieti; oggi appartiene alla Provincia di Isernia; il Sente è diventato fiume di confine. L’andamento demografico è in aumento nel 1961 probabilmente per il ritorno degli emigrati, i quali portano ricchezza e promuovono la ristrutturazione e l’ampliamento del vecchio nucleo abitativo. Attualmente Belmonte conta 1346 abitanti, un numero in crescita rispetto ai rilevamenti del 2001, un fenomeno indubbiamente positivo rispetto all’andamento demografico del Molise. Il Comune frazionato in molte contrade a vocazione agricola abbastanza produttive, può aprirsi, oggi, ad una politica lungimirante; superando le barriere amministrative e cooperando coi Comuni limitrofi, può allestire un’offerta turistica appetibile: straordinarie bellezze paesaggistiche, sentieri-Natura, reperti archeologici, i prodotti locali che provengono dalla coltura dell’olio, dei cereali e da un allevamento che dà prodotti di qualità. È questo un modo per valorizzare i piccoli tesori: L’abetina di Castelberone-Roccalabbate, il bosco della Difesa, piante, animali e purezza dell’aria sono una ricchezza di risorse naturali. Il palazzo baronale, oggi adibito ad abitazione privata, si sviluppa su tre livelli e conserva due portali in pietra sormontati dallo stemma. La Torre Longobarda, dominante il versante di confine dell’Abruzzo, ricorda la torre di difesa del primo agglomerato urbano. La Chiesa parrocchiale di San Salvatore ad una navata, pur se più volte restaurata, conserva tratti rinascimentali nella facciata e nella pianta. La Chiesa rurale di San Rocco, nei giorni di ferragosto, è animata dai festeggiamenti in onore del Santo e della Madonna dell’Assunta. In contrada Castellana c’è la chiesetta rurale di Santa Rita, meta di passeggiate e di riposo-Natura. La tomba di Ovio Paccio, Pakis Uviis in osco. èun sarcofago, scavato in una grande pietra calcarea interrata. Lo spazio ricavato nella roccia ha le dimensioni di circa mt. 1,60 di lunghezza per mt. 0,70 di larghezza e circa mt. 0,60 di profondità. La copertura è composta da un'unica grossa lastra di pietra calcarea che si incastra in fori posti ai quattro angoli della fossa’. La tomba è attribuita a Ovio Paccio/Pakis Uviis, sommo sacerdote dei Sanniti, valoroso condottiero distintosi in numerose battaglie. Personaggio noto per la severità e per la durezza delle pene inflitte ai Sanniti disertori.
Il suono della campane che si ode a Belmonte del Sannio ci ricorda che è domenica. L'accogliente paese ci riserva una colazione d'un tempo: il panunto con uova e peperoni e ottimo vino.
Le cortesi convincenti parole del Sindaco ci invitano ad un gradito possibile ritorno al suo paese, che testardamente non vuol morire, a dispetto dei freddi e deludenti dati demografici divulgati proprio in questi giorni dalla Curia vescovile di Trivento con allarme, che vorrebbe condannare questi piccolo centri ad una inesorabile imminente scomparsa.
Le parole di incoraggiamento del nostro indomabile portavoce vogliono incoraggiare il primo cittadino, che uno degli scopi dell'associazione Cammina Molise è proprio quello di far invertire tale indesiderata tendenza, valorizzando le peculiarità di tutti questi paesi destinati alla morte lenta dell' abbandono e/o dell' estinzione.. .
BELMONTE DEL SANNIO
Foto di Maurizio Germano
Foto di Gianfranco Zerbesi
BELMONTE DEL SANNIO - CASTELVERRINO
Foto
di Maurizio Germano
Foto di Gianfranco Zerbesi
Castelverrino
Latitudine: 41° 46′ 0′′ N
Longitudine:14° 24′ 0′′ E
Altezza:640 s.l.m.
Superficie:kmq 20
Abitanti:124
Densità:22 ab./Kmq
Un gioiellino incastonato nel verde delle colline del Sannio, Castelverrino si eleva a 640 m s.l.m. abbarbicato al versante roccioso a strapiombo sul vallone ‘La Rocca’, una difesa naturale; il nucleo abitativo, di origine medioevale, si sviluppa a semiraggiera intorno al palazzo ducale degradando verso il basso con pendenza anche notevole.
Il nome più antico, registrato nel catalogo Borelliano del XII sec., era Castelluczum, mutato poi in Castelluccio d’Agnone nel 1780; dopo la fusione con la borgata Santa Lucia in Verrino fu denominato Castelluccio in Verrino, 1795 e quindi Castelverrino, autorizzato con regio decreto del 1893.
Dominante sul vallone in ottima posizione di controllo fa pensare ad uno dei tanti siti sannitici, ed è ipotizzabile che sia stato coinvolto negli eventi bellici contro i Romani.
E’ documentato che, nel 1316, il feudoapparteneva a Simone della Posta; incamerato poi nei beni deldemanio, fu assegnato dal re Roberto d’Angiò alla moglie Sancia, la quale, nel 1343, lo vendette a Giovanni Cantelmo, conte di Popoli; nel 1418 fu in possesso dei Carafa, quindi dei Caracciolo ed infine fu acquistato da Diego Gigliani, ricco possidente agnonese, che lo tenne fino all’eversione feudale.
Nel 1819 Castelverrino fu distaccato amministrativamente dal comune di Poggio Sannita e dichiarato autonomo.
Accogliente l’entrata a Casteverrino: un silenzio che avvolge, il lindore delle strade ravvivate dal verde, la stele funeraria con iscrizione in latino posta su un antico lavatoio, la piazza ravvivata dall’ acqua zampillante e l’agglomerato di case addossate all’altura costituiscono un insieme accattivante che sollecita ad inoltrarsi nella parte più antica.
Una ripida strada porta in Piazza Dante Alighieri, una piazza rotonda in cui si danno convegno la Chiesa parrocchiale di San Simone e Giuda, il Campanile, i Torrioni del palazzo ducale rifiniti con le romanelle, lo Sporto attraverso il quale, una stradina ripidissima scende a Via Camillo Carlomagno, medico e poeta.
E poi la vista da brivido sull’orrido del Vallone la Rocca e sulla Valle del Verrino.
Silenzio e case abbandonate; molte sono in vendita e... indagando viene la conferma: la popolazione è di 124 anime, 60 uomini e 64 donne, di cui molti non residenti; non ci sono scuole, non c’è un bar.
L’industria di scarpe, costruita alla periferia, che aveva assicurato moltissimi posti di lavoro, ha chiuso, spezzando l’illusione di benessere e di sopravvivenza del Paese.
Negli ultimi tempi uno sparuto numero di giovani ha dato vita ad un’associazione culturale, allo scopo di attivare un centro di aggregazione per i pochi rimasti ed organizzare eventi che richiamino ‘gente’ .
Per una strada immersa nel verde si scende a valle; sulla destra Poggio Sannita e a sinistra la vallata con l’orrido del vallone della Rocca. Un ponte ad unica campata supera i crepacci scoscesi e collega col territorio di Pietrabbondante; procedendo, si incontra il Santuario di Santa Lucia con area attrezzata che si affaccia sul Verrino splendido nella limpidezza delle acque e nella fresca vegetazione delle rive.
Località di confine tra l’Abruzzo ed il Molise, Schiavi D’Abruzzo, arroccato su una propaggine del monte Pizzuto incisa di valloni che confluiscono nel Trigno e nel Sente, domina le vallate dei fiumi Trigno, Sente e Verrrino e, come vigile sentinella, controlla il territorio per un raggio di molti chilometri da un’altezza di 1.170 m s.l.m.
Il toponimo sembra riconducibile a Slavi/Sclavi, ma l’ipotesi che una colonia di Slavi fosse stanziata in questi luoghi dopo la fuga dalla terra di origine non è accertabile per mancanza di notizie documentate.
Il ritrovamento di reperti archeologici del periodo pre-romano, romano e medioevale testimoniano che il territorio fu abitato da tempi remoti: ospitò importanti insediamenti abitativi nel contesto sannitico ed ebbe un notevole ruolo difensivo durante le guerre contro Roma; fu produttivo nell’attività agro-pastorale durante la dominazione romana; nel periodo medioevale e moderno, condivise le sorti dei paesi del sud: dominati e protetti dal Castello e dalla Chiesa, sottoposti ai Signorotti che si avvicendavano per diritto ereditario, per nuove concessioni o per compra-vendita.
Il centro storico, di impianto medioevale, si addensa sulla sommità del monte intorno alla Chiesa ed all’area del Castello, di cui rimane solo il toponimo. Ha un numero limitato di abitanti, perché il resto della popolazione è distribuita nelle molte contrade sparse su un territorio di 45 Kmq; è questa una tipologia insediativa congruente con una più efficiente organizzazione dell’attività agricola che si è tramandata nel tempo ed ancora oggi dà buoni frutti. Tradizione e senso di ospitalità sono il vero patrimonio della popolazione che sta sviluppando la naturale vocazione al turismo di tutto il territorio per merito anche delle peculiarità naturalistiche, climatiche ed archeologiche Tra le tradizioni famosa è la Spallata di Schiavi, un ballo popolare locale.
Di particolare interesse la Chiesa parrocchiale di S. Maurizio che ha un impianto barocco a tre navate e conservaun organo barocco in legno intagliato.
Di indubbio valore e di forte richiamo per gli studiosi è l’area archeologica di contrada Canale, in località Colle della Torre, a quota 864 metri s.l.m., lungo la strada provinciale che dal fondovalle Trigno sale al paese, in un punto panoramico da cui si domina la vallata sottostante e i rilievi molisani su cui sorge Pietrabbondante.
In questo sito è stato riportato alla luceun Santuario italico.
“Esso presenta, allo stato delle ricerche, due fasi edilizie ben definite: la prima databile tra il III ed il II secolo a.C., conil tempio maggiore, la seconda, agli inizi del I secolo, con il secondo tempio. I due edifici insistono su un'area terrazzata sostenuta da un muraglione in opera quasi quadrata. Il ripiano era stato concepito probabilmente per il tempio grande, che ne occupa lo spazio mediano con orientamento sud-est. Il Tempio grande è impostato su un grande podio di m 21x11 circa, alto m 1,79, nel quale è incassata la gradinata frontale. È prostilo, tetrastilo, con due allineamenti di colonne laterali e con ante corrispondenti a un terzo della profondità della cella. L'ambiente è quasi quadrato, ampio m 6,73 in profondità e 7,33 in larghezza. Caratteri del tutto diversi presenta il secondo edificio di Schiavi d’Abruzzo, disposto parallelamente all’altro ma più piccolo, privo di podio, con pianta di 7,40x13,30 m. circa, prostilo, tetrastilo, con ante, un solo allineamento di colonne e cella unica quasi quadrata. È costruito dal pavimento della cella in gran parte conservato, un battuto di signino rosso con decorazioni di tessere bianche disposte a losanghe entro tre riquadri che, a guisa di tappeti, delimitano uno spazio riservato a un basamento di statua, di cui resta il nucleo in muratura.
...Da Belmonte a Castelverrino abbiamo modo di vedere una delle tante frazioni agnonesi: Villacanale, recentemente animata da una troupe cinematografica con la Loren e la Ferilli per rievocare nelle immagini le pagine struggenti di un bel libro di un autore molisano-canadese.
Atttraversato il fiume Verrino, giungiamo sudati ma euforici alla piccola gemma incastonata fra i monti altomolisani : Castelverrino.
Finalmente conosco il paese sognato notte e giorno da una mia "antica" fiamma giovanile, che dal suo esilio canadese raggiungeva annualmente questo sperduto suo borgo natio. Sull'aia ai piedi del paesello, dove bollono pasta e fagioli riservati per noi, chiedo ansioso che fine abbia fatto Pina ad una signora che ci serve gentilmente i piatti. Con delusione dice che ormai Pina non torna più a Castelverrino perché la casa lesionata non glie lo permette. E' motivo valido per me per invogliare il vicesindaco a chiedere alla Regione dei contributi per il cosiddetto "albergo diffuso", che permetterebbe a tantissimi di godere dei soggiorni in questi nostri paesini molisani da parte degli emigrati ed eventuali turisti, recuperando le case fatiscenti e abbandonate.
CASTELVERRINO
Foto di Maurizio Germano
Foto di Gianfranco Zerbesi
CASTELVERRINO - PIETRABBONDANTE
Foto di Maurizio Germano
PIETRABBONDANTE
Foto di Maurizio Germano
Foto di Gianfranco Zerbesi
...La camminata e la festa di Cammina Molise termina dopo irta salita a Pietrabbondante. Saluto il mio collega Antonio, vicesindaco della bella cittadina che, ansioso, ci accompagna processionalmente, tra canti di giubilo, al Teatro Italico dove ci accoglie una compagnia teatrale rievocante il matrimonio dei sanniti.
Tra le fila degli spettatori scorgo e quindi abbraccio (sudato) il mio amico Arcivescono Dini, che mi chiede do dove fossi sbucato con quella strana divisa e indicandogli il berretto dell'Associazione replico che da qualche giorno giro con altri "pazzi" come me per viottoli il mio adorato Molise, che solo per noi si "denuda" per farci riappropriare delle sue grandi e inesplorate risorse naturali.
Dopo la rievocazione del matrimonio sannita, rientriamo, infreddoliti ma felici, in paese per donare la nostra gioia e la nostra testarda testimonianza di appassionati amanti e cultori delle bellezze e delle risorse della nostra amata terra molisana.
Dopo la consumazione del tipico piatto d'un tempo, la zuppa di farro, ci uniamo alla compagnia di canti popolari termolese in balli e canti, non solo per vincere il freddo, ma soprattutto per ribadire nella gioia e nel convincimento sempre più certo che la via intrapresa è quella giusta per perpetuare questa originale e bella manifestazione, che ogni estate gira per vari paesi molisani per conoscerli, amarli e quindi valorizzarli.
Consapevoli di tale verità, tributiamo al nostro simpatico Professor Lucarelli, veterano del gruppo, in occasione del suo 80 compleanno, una targa ricordo adornata della firma di tutti i partecipanti di
Cammina Molise.
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