EDIZIONE 2007

IL PERCORSO

MAFALDA - SAN FELICE del MOLISE - MONTEMITRO


L'ITINERARIO

a cura di
ENZA SANTORO
SILVANA REALE

ALBUM

Mafalda


Latitudine:41°57′ N
Longitudine:14°43′ E
Altitudine:460 m
Superficie:32,6 km²
Popolazione:1.308 (dicembre 2004)
Densità:40 ab./km²

Su un’altura di m. 460 s.l.m. posa Ripa Alta o Ripalta sul Trigno, denominata poi, Con R.D. 7/10/1903, Mafalda in onore della Principessa Mafalda, secondogenita del Re Vittorio Emanuele III, nata a Roma l’anno precedente.
Ripa Alta trae il suo nome con buona probabilità dalla morfologia della collina che da un versante degrada dolcemente verso la valle del Trigno, dall’altro è scoscesa tanto da identificarsi con una Ripanel significato di Dirupo.
Il nome più antico era "Trespaldum", il cui etimo è oscuro. Con tale denominazione, fu assegnata dagli Angioini alla famiglia Alitto, di origine normanna. Nel 1457 Alfonso d’Aragona assegnò il feudo, esangue di uomini e di risorse, ad Andrea d’Evoli, il quale per rivitalizzarlo concesse agli Slavi, esuli sulle rive dell’Adriatico, di abitarvi, a condizione che lavorassero le Terre. Fu questo un periodo d’integrazione e diprosperità a vantaggio degli esuli e degli indigeni, le cui rispettive culture si arricchirono, pur nel rispetto delle differenze. Nel secolo XVII Mafalda fu acquistata da Alfonso Piscicelli, cui subentrarono i Caracciolo e quindi i Coppola, duchi di Canzano (1670-1700) che ne rimasero Signori fino all’eversione della feudalità. Nel 1799 fu inserita nel dipartimento del Sangro; nel 1807 venne assegnata al Distretto d'Isernia ed al Governo di Montefalcone, nel 1811 passò al distretto di Larino. Per R.D. 25 settembre 1862 il Comune di Mafalda venne staccato dal Mandamento di Montefalcone ed aggregato al Mandamento di Palata: oggi è Comune autonomo
Giuseppe Maria Galanti nella Descrizione del Contado di Molise, 1781, annota che Ripaldaè posta su una piccola collina vicino al Trigno; l’aria è malsana a causa delle coltivazioni di riso; vi sono 731 abitanti soggetti al Vescovo di Termoli. Erano prima Schiavoni, oggi hanno dimenticato il loro linguaggio e parlano male l’italiano.
Effettivamente Mafalda è tra i paesi slavi quella che ha perduto il contatto con le antiche origini e si è lasciata italianizzare, non curando di trasmettere alle future generazioni il patrimonio linguistico e culturale, lasciando, tuttavia, nelle comunità locali segni residui delle proprie tradizioni soprattutto gastronomiche.
Ridente e ben curata nella parte di nuova costruzione accoglie il visitatore nell’ariosa Piazza della Libertà, dove il Palazzo Iuliani fa intravedere lo stile di un’estetica sgualcita dal tempo e dall’abbandono e la Chiesa di Sant’Andrea Apostolo, edificata nel 1730, offre un bel prospetto di arte barocca.
Intorno alla Chiesa è ancora leggibile l’antica struttura urbanistica a forma triangolare, che sale fino alla sommità della Collina con le case basse che si stringono e si guardano tra gli intrighi di strade e, attraverso un portico immettono in slarghi di vetusta bellezza dove si respira l’aria sonnolenta di un contesto antico non rinnovato.
Il numero di abitanti, almeno dal 2001, mostra un leggero incremento, dovuto, probabilmente, alla possibilità di lavoro data dalleAziende Marollo e Pasquarella che producono prefabbricati e calcestruzzoutilizzando le materia prime della vallata ed impiegando una consistente mano d’opera locale.
L’attività agricola è praticata come secondo lavoro su piccoli appezzamenti di terreno.

 

 



 

MAFALDA
Foto di Gianfranco Zerbesi

 

MAFALDA - SAN FELICE del MOLISE
Foto di Gianfranco Zerbesi
Foto di Maurizio Germano

 

 

San Felice del Molise


Latitudine:41° 53′ 0′′ N
Longitudine:14° 42’ 0” E
Altitudine:546 m s.l.m.
Superficie24km²
Abitanti:813
Densità:34 ab./km²

In armonia con le ondulate colline che lo circondano, si estende su un’ampia radura del colle più alto, a 546 m s.l.m., San Felice Slavo, denominato poi San Felice Littorio, oggi San Felice del Molise e, in lingua croata, Sti Filić o Filič.
Il paese, il cui nome più antico era Castrum Sancti Felicis, dalla chiesa omonima, è di origine medioevale e con tale nome apparteneva alla commenda dell’ordine dei Gerosolimitani (1).
Nel XII sec. era feudo di Riccardo di Ponticello. Nel 1321, come si evince da alcuni documenti, passava alla famigliaSomma, del patriziato


(1) L’ Ordine Militare Gerosolimitano, più noto con la denominazione di Ordine di Malta, è stato tra i più prestigiosi ordini cavallereschi; ha la sua mitica origine nell’eroismo dei cavalieri che seguirono Goffredo di Buglione nella 1° Crociata ed in seguito diventa una potenza economica e militare impegnata a: combattere gli Infedeli, curare gli Infermi, ospitare i Pellegrini. Nel 1297 Bonifacio VIII concede il Monastero Benedettino di Sant’Angelo in Palazzo con tutti i possedimenti ai Cavalieri di Malta. Nel 1561 l’ordine concede i capitolari “ai Vassalli Schiavoni, quali abitano nel Casale di Acquaviva, territorio della commenda” -P.Neri , I paesi slavi nel Molise napoletano, che successivamente lo vendeva alla Famiglia Della Posta possidente di molte altre terre molisane. Dopo il fallimento dei della Posta, per decisione della Regina Giovanna II di Napoli, il feudo fu dato a Giovanni Orsini, Signore di Larino, che lo tenne fino 1496; successivamente passò ai Signori che si avvicendarono nel feudo di Larino: i Pappacoda fino al 1539, i Toledo, marchesi di Villafranca, i Brancia, fino al 1661, i Carafa, i Sangro; nel 1683 fu acquistato dai Coppola, duchi di Canzano che ne ressero le sorti fino all’eversione della feudalità.
Secondo le notizie date da Mons. Giannelli, vescovo di Termoli, furono i Pappacoda di Larino nel 1518 a far confluire una colonia di Slavi-Croati nella località di San Felice, che, a causa del terremoto e delle epidemie, era rimasta nello squallore di una popolazione decimata e povera.
Giuseppe Maria Galanti nella Descrizione del Contado di Molise, 1780, annota: San Felice si trova nominato nei registri del governo dei Normanni.E’ posto su un monte e vi abitano 1009 persone soggette al Vescovo di Termoli. Hanno molto terreno incolto e sono miserabili. Sono Schiavoni e parlano la loro lingua.
La Comunità di San Felice conserva ancora la lingua slava, moltissimi toponimi di origine croata, le tradizioni ed i rituali degli antenati e quindi del paese di origine, con il quale, oggi, intrattiene rapporti diplomatici più stretti grazie anche al dinamismo del Console, preposto allo scambio ed alla cooperazione con la Croazia.
Il bilinguismo è ancora evidente in alcune insegne ed è tutelato dai discendenti croati più anziani, nonché dallo sportello linguistico, ma la lingua originaria non è curata come a Montemitro e ad Acquaviva, e pertanto la difesa allentata va provocando l’abbandono da parte dei giovanissimi di un patrimonio culturale in cui ormai non si riconoscono.
Tra l’altro la compattezza del 1° nucleo croato, già nel passato è stata compromessa dall’esodo massiccio degli abitanti, nel primo ventennio del 900. Dopo la 1° guerra mondiale è, infatti, rilevante l’emigrazione dei cittadini da San Felice, dove la popolazione viene integrata da molte famiglie provenienti da Casoli in Provincia di Chieti. I Casolari, come riferisce Pierino Neri, acquistano molti terreni ed avviano una più efficiente organizzazione agricola, abitando stabilmente nelle Masserie costruite appositamente nel podere.
Negli anni 50/70, nonostante il sensibile decremento demografico, il paese dà nuovo impulso all’ economia con la conversione delle colture agrarie ad opera di una cooperativa di coltivatori che impianta le colture della vite, degli olivi e di alberi da frutta con criteri moderni e rende più agevole il lavoro dei campi con la costruzione di comode strade interpoderali.
La collina di San Felice si fa ammirare per la simmetria dei filari di alberi verdi ed i riquadri di seminativi, mentre il paese accoglie il visitatore con l’insegna bilingue in croato ed in italiano, in un Belvedere da cui lo sguardo spazia nella vallata del Trigno fino all’Adriatico con i profili delle Tremiti e del Gargano ad Est, verso i monti dell'Abruzzo a Nord, Nord-Ovest e verso Monte Mauro a Sud; quindi l’interesse si volge alla grandiosa costruzione di Santa Maria di Costantinopoli.
Si indaga con attenzione alla ricerca di uno stile, ma si colgono i segni di interventi che si sono susseguiti su un antico impianto, per cui si rinuncia alla lettura analitica e si ammira l’imponenza della costruzione.
(continua)

SAN FELICE del MOLISE
Foto di Gianfranco Zerbesi
Foto di Maurizio Germano
SAN FELICE del MOLISE - MONTEMITRO
Foto di Gianfranco Zerbesi
Foto di Maurizio Germano
MONTEMITRO
Foto di Gianfranco Zerbesi
Foto di Maurizio Germano

 

Montemitro


Latitudine:41° 53′ 0′′ N
Longitudine: 14° 39′ 0′′  E
Altitudine: 508 m s.l.m.
Superficie: 16 km²
Abitanti: 468
Densità: 29 ab./km²

Una comoda strada oggi sale dalla valle del Trigno verso le località collinari di Montemitro a sinistra e Montefalcone a destra attraverso distese di boschi, vigneti, frutteti, oliveti.
L'antico nucleo urbano si erge su un banco di calcare argilloso a forma di cono, mentre la parte più nuova si distende su una verde collina. Ben diversa la situazione stradale agli inizi nel ‘900
Montemitro è un paesucolo abbandonato da Dio che si innalza su una ripida collina sopra il fiume Trigno, così lo slavista Milan Rešetar lo descrive, quando, all’inizio del ‘900, fa un viaggio in Molise per studiare la lingua croata nei paesi molisani di origine slava e deve affrontare l’accidentalità del terreno tra sentieri impervi e mal percorribili dalle carrozze.
Il nome più antico è documentato dal 1150 come Mons Mitulus/Montis Mituli; in seguito Monte Mitulo e Santa Lucia di Monte Mitilo; nel secolo XVI Mons. Ferrante, vescovo di Termoli dà notizia di una piccola comunità di «Montemitolo» nel 1648 è registrato come Monte Mirto e quindi Monte Mitro.
Dagli scarsi documenti disponibili si deduce che nel 1276 era feudo diGentile della Posta, figlio del Signore di Palata, nel sec XV passava alla famiglia Carafa, quindi alla famiglia del Tufo, dopo il 1560,alla famiglia Gallo, intorno al 1618ed infine ai Coppola, duchi di Canzano, fino all’eversione della feudalità. Aggregato alla Chiesa di San Felice di cui era frazione, solo nel 1902 ebbe l’autonomia e divenne Comune. Sembra che siano stati i Carafa a ripopolare Montemitro con l’immissione di coloni slavi.
Tra i fatti storici sono da ricordare: nel 1943 la reazione del popolo montemitrese alle razzie dei Tedeschi, i quali, però, si vendicarono bombardando il paese.
Le prestazioni gratuite degli abitanti, per costruire un acquedotto in collaborazione con San Felice , fin dal 1° decennio del 900
Montemitro accoglie il visitatore nell’ampia piazza del Municipio, captandone l’interesse con il toponimo Via Macaršca e con vistose insegne gialle scritte in italiano e in croato. Un segno che incuriosisce ed invita a penetrare nel cuore di una Comunità che ha saputo custodire l’idioma originario per ben cinque secoli.
Le case, costruite con materiale modesto ed alcune con l’utilizzo di pietre squadrate e scolpite di preesistenti costruzioni, si agglomerano tra strade strette in salita convergendo, quasi a raggiera, intorno alla Chiesa Madre dedicata a Santa Lucia.
(continua)

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