EDIZIONE 1998


IL PERCORSO

GUARDIAREGIA- CAMPOCHIARO - S.POLO - CIVITA DI BOJANO - S. MASSIMO - ROCCAMANDOLFI

LE CARATTERISTICHE

- lunghezza Km 36
- tempo percorrenza ore 10

- quota partenza 700 m. slm
- quota arrivo 850 m. slm
- quota max. 1100 m. slm

 

RACCONTO
di

Claudio Di Cerbo

Foto a cura di ALFREDO CIAMARRA

IL PERCORSO
di

Claudio Di Cerbo

2a TAPPA

GUARDIAREGIA - CAMPOCHIARO- S.POLO- CIVITA DI BOJANO-S.MASSIMO- ROCCAMANDOLFI

LUNGHEZZA Km 36
TEMPO PERCORRENZA ore 10
QUOTA PARTENZA slm 700
QUOTA ARRIVO slm 850
QUOTA MAX slm 1100

Il primo giorno è terminato ed oggi ci si ritrova nella piazza, recentemente realizzata, per la visita al centro storico in compagnia del Sindaco conmeta finale al belvedere per ammirare la sottostante gola del Quirino, una forra dalle ripide ed alte pareti.
Purtroppo non abbiamo avuto modo di far visitare ai camminatori, è questo è un vero peccato, la parte iniziale della stessa gola ove, si fa per dire “fervono” i lavori della costruenda diga ormai in atto da oltre 10 anni, con i quali si è completamente e totalmente distrutto, non si sa con quali aspettative e risultati certi, una parte interessantissima della stessa.
Quando sono sceso per la prima volta, ormai oltre venti anni or sono, i lavori ancora non erano iniziati e ricordo l’inizio con uno splendido ponticello in pietrame ad un arco sul torrentello.
Ho promesso al Sindaco di offrirgli le foto dell’interno della forra quando ancora questa era intatta.
Guardiaregia, quota 730 slm, abitanti oltre 800, si sviluppa lungo ilcrinale con le pareti scoscese che delimitano la forra del torrente Quirino.
Ritornati sulla piazza si scende lungo la stradina del paese per giungere alla chiesetta di S. Maria situata su una piccola altura a quota 590, e posta all’uscita della forra inclusa nell’area faunistica gestita dal WWF.
Siamo scesi a quota 560, superando un bel dislivello in poco tempo, la prima fontanella, offre l’opportunità didissetarci anche in previsione del caldo.
Siamo poco distanti dalla foce della gole e di frontesi presentano le alte pareti di colle Antona (la cima è a quota 1.055) messe a nudo dall’estrazione di materiale per il vicino cementificio; è uno spettacolo che contrasta nettamente con la naturalità della zona.
Nel passare sul ponte che scavalca il Quirino, molto in basso ci attira ed attrae la visione dei cavalli del gruppo dei cavalieri che sguazzano nell’acqua sollevandospruzzi...
Si abbandona la stradina brecciata che si sviluppa in leggera salita al fresco del boscoDefenza delle Castagnefragiovani piante di noccioli, ornelli, carpini, per imboccare una traccia in terra battuta dal percorso pianeggiante questa si sviluppa tra prati di alte felci e percorso senza alcuna difficoltà con la fila che si allunga fra il fresco desiderato; sin dalla la mattina, durante le visite ai centri storici, il sole fa sentire i suoi effetti.
Si arriva, quindi, senza difficoltà a Fonte Litania - quota 640 slm - in agro di Campochiaro una fontana dal nomealtisonante, ma dall’aspetto pocointeressante a differenza della successiva fontana, Frascarelladi ben altro valore ed aspetto con lastroni in pietra e mascherone, da cui però non esce acqua: questa si raggiunge poco dopo, percorrendo la stradina asfaltata in cui ci soffermano a mangiare le more.
Alla periferia del centro abitato di Campochiaro, vi èun abbeveratoio in un’area alberata e sulla sinistra vi è la deviazione che conduce all’area archeologica de “La Civitella”. Posto a quota 800, vi è un tempio dedicato ad Ercole di cui rimangono i resti di un basamento di circa m 21xm. 15 risalentealla seconda metàdel IIsecolo A.C.
La zona archeologia sorgesu un’areatriangolareconlati di circa 150metri e resti di mura in opera poligonale esi trova sottostante ad altra area postapiù in alto a quota 1300 dove si possono osservarei resti di fortificazionidi epoca sanniticain localitàle “Tre Torrette” o “Civitavecchia”. Abbiamo notizie che l’area del santuario è chiuso e, quindi, si decide di non raggiungerla; è un peccato che non vi sia la possibilità di visitarla, ciò permetterebbe a chi ha già visitato Altilia di rendersi conto in loco dell’importanza strategica del territorio con posti fortificati sulle alture a difesa di tutta la piana sottostante e del tratturo.
A Campochiaro, ove entriamo in compagnia dei cavalieriun paese di circa 660 abitanticon il punto più alto a quota 735 slm. percorriamo la strada cittadina,che conduce sulla sommità. Dispiace non essere stati accolti dal saluto di qualche membro dell’amministrazione, cosa gradita per il riconoscimento della manifestazione e perl’interesse sincero dei partecipanti.
Dalla piazzetta possiamo osservare il prossimo tracciato e da qui imboccare la mulattiera che ci condurrà aSan Polo Matese; in effetti le mulattiere sono due quella sulla destra versoCesa D’Addario, ma ho indicato, quello da percorrere sulla sinistra perchépiù panoramicaed inoltre ci permette di salire senza sforzo in quota.
E’ questala tipica mulattiera, con le caratteristiche ancora intatte, stretta quanto basta per il passaggio di un mulo, con fondo in terra battuta si sviluppa seguendo la pendenza del colleSalva Signore (quota 869). Mantenendoci costantemente al di sotto della quota 800, dribbliamo alberi e rocce, dopoavere superato il letto del canalone Campochiaro.
L’ultimo tratto della mulattiera è in piano fra prati di felci rigogliose e verdi ricavati nei terrazzamenti frale ondulazione dei colli pietrosi in cui l’erba è ormai secca; ricordiamo che è una delle estati più calde degli ultimi 60 anni. L’appuntamento con il rifornimento di acqua è lungo la stradinache da S. Polo conduce in alta quota alla chiesetta di S. Maria.
Dalla quota 730 di Campochiaro si è giunti, circoscrivendo sulla sinistra Colle Salva Signore, a quota 800, senza superareun notevole dislivello.
San Polo Matese è leggermente più in basso, a quota 720 e lo si raggiunge con circa mezzora di cammino, transitando sulla comoda strada carrabile che scende dolcemente a completare il circuito del Colle.
Entriamo in piazza non prima di aver bevuto le fresche acque del fontanile, sulla destra prima della piazza, per poi assaporare i prodotti locali offerti. C’è adaspettarci, veramente atteso da parte di tutti, il prof. Michele Mainella, esperto a livello mondiale delle origini geologiche e paleontologiche del Matese, il quale ci spiega con una lezione di grande maestria ed in modo elementare, e semplice ma efficace, le origini di questo lembo di terra molisana. Tutti ascoltano con tale silenzio da non disturbare soprattutto Rocco Cirino in ... “ estasi”.
La sua lezione continua anche in loco perché il gruppo viene accompagnato verso il colle posto alle spalle dell’abitato.
Con Rocco sempre in contemplazione e Marco siamo rimasti sulla piazzetta da cui si osserva il successivo tracciato per riprendere la fila che si snoda, guidata in questo tratto dall’infaticabile Lucarelli di cui ci sembra sentire i sonori rimbrotti bonari. Sono tutti in fila e senza accelerare si inizia a salire le balze del colle per arrivare con ripida ascesa da quota 700 a quota 800 slm., per poi percorrere un lungo crinale in direzione di Civita di Bojano che si intravede benissimo di fronte.
La salita è stata per i camminatori abbastanza faticosa e la fila si è snodata con lungo tempo di attesa fra i primi e gli ultimi. Per chila osserva con le piccole figure una dietro l’altro che si stagliano sulla cime a quota superiore ai 900 sullo sfondo del cielo tersorievocano le scene di alcuni film westerned è cosi in realtà per la dura fatica,e per il caldo, cui i camminatori sono sottoposti.
Superati i tornanti della strada che conduce a S. Egidio al di sotto di Guado dell’Olmo, dopo una ripida discesa che ci porta a quota 770, si arriva con un poco di stanchezza a Civita di Bojano. Ad accoglierci c’è il Vicesindaco e l’Assessore alla Cultura del comune di Boiano e tanta gente. L’agglomerato che si è potuto ammirare durante l’avvicinamento, mostra ancora di più le caratteristiche ben conservate di un tipico borgo medioevale racchiuso entro la cinta murarie. Ci illustra bene le caratteristiche il Vicesindaco di questa che è attualmente,e lo èda tempo, una borgata di Bojano. Ma una volta, agli inizi del’800, vi era il Comune di Civita Superiore e di Bojano, come si può osservare in basso dal belvedere dove verrà consumato la degustazione dei prodotti locali con ilrinfresco a base di anguria.
Le origini del borgo sono antichissime poiché si fanno risalire in epoca sannitica; anzi taluni la fanno coincidere con la Bovianum Vetus. Le attuali strutture con la cinta fortificata, ancora ben conservata sul lato sud edin origine con cinque torri e la mole del castello, in pianta a forma rettangolare lungo 116 metri e largo 30 sulla parte più alta, risalgono al IX secolo.
Ci troviamo a quota 750, non c’è tempo per proseguire per S. Egidio ed in basso a 482 ci aspetta Boiano che si decide di raggiungere scendendo una parte lungo il sentiero segnato ed una parte con “ ripide scorciatoie”
Questi cambiamenti di percorso, che potrebbero procurare disagi e incomprensioni, vengono superati veramente con bravura dall’organizzazione e dall’esperienza e dalla volontà diGiovanni Germano e di Alfredo Ciamarra, che entrambisotto il cappello da cow – boy,sono attenti a tali situazioni che di sicuroappesantiscono le fatiche del percorso.
Si raggiunge S. Massimo altro splendido paese, circa 700 abitanti, quota 626 slm, quando ormai siamo sul tardi pomeriggio, il centro storico è ancorariconoscibile con i resti del castello e portali di notevole fattura come quello in stile gotico della chiesadi Santa Maria delle Fratte.
Per chi aveva pensato che queste dure fatiche avrebbero fiaccato il fisico e sarebbero stato valido motivo per togliere qualche chilo di troppo, è stato solo un sogno: anche qui si festeggia, dopo il benvenuto dello scattante Sindaco, con prodotti locali esposti sulla lunga tavolata e con un buon vinello offerto, come se non bastasse, anche dall’alpino solitario che festeggia con il suotavolato.
E la stessa cosa si ripete ormai in piena serata aRoccamandolfi dove il placido Sindaco Giovanni non ha voluto essere da meno. Ha preparato una tavolata in cui spiccano i famosi prodotti caseari allestita nellaaccoglientepiazzettaconintatta pavimentazione in pietrame.

ROCCAMANDOLFI

Di Claudio Di Cerbo

Roccamandolfi, piccolo centro abitato alle falde del Matese, al giorno d’oggi di 1200 abitanti ma con oltre 3300 nel non lontano 1901, a quota 819 metri, èuno splendido paese di origine longobarda, di cui si possono ammirare leattuali coperture dei tetti ancora integralmente in coppi di argilla, andrebbe bene per una di quelle pubblicità che appaionosulle rivistedel settore per pubblicizzare tali prodotti.

Il paese, secondo alcuni, è di origine antichissima facendolo risalire o già presente all’epoca delle battaglie sannitiche contro Romaed identificandolo con la Tiferno che fu assalita per ben tre volte.

Il nome sembrerebbe però di origine longobarda, secondo il Masciotta fu “Rocca Masgenula” nel XII secolo e successivamente “Rocca Maginulfo, “Rocca Manolfa” e “Rocca Ginolfi” nel XVI secolo; l’abitato era difeso alle spalle dal castello medioevale imprendibile che ben si erge sulla sommità del colle sulle cui pendici si distende l’abitato.

Il castello, dalle torri circolari che fuoriescono con delicatezza dalle murature inclinate dalla base, non potendo essere espugnato per la sua posizione inaccessibile, fu cinto d’assedio da Federico II nell’anno 1221, durante le contese fra Normanni e Svevi, riuscendo a sconfiggere il Conte Tommaso da Celano, li, arroccatosi solo dopo un lungo assedio.

La fortificazione è addossata sulle ripide pareti della forra scavata dal torrente Callora che lo proteggeva in modo insuperabilealle spalle; infatti, anche attualmente con il castello oggetto di restauri, questi vengono eseguiti con grossa difficoltà: il materiale viene portato a dosso di muli nell’ultimo tratto; di fronte si impone la mole del monte Miletto che, con i suoi 2050 metri, è la cima più alta del complesso montuoso del Matese.

In particolare vale la pena di visitare il suggestivo e selvaggio ambiente caratterizzato dal corso del torrente con partenza, per i più preparati, dal ponte di pietra, dove all’ingresso del paese, la provinciale scavalca lo stresso fiume.

Da visitaresenza frettaoltreil caratteristicocentro storico, alcune viuzze con il fondo ancora in pietrame locale,che si inerpicano, talvolta con pendenze accentuaterisalendo, lungo l’abitato.

Nella chiesa di San Giacomo Maggiore, a navata unica con quattro cappelle laterali di origine romanico-gotica di cui rimangono tracce evidenti nella torre campanaria, domina lo stile barocco con operazioni iniziate nei primi anni del 1700. La chiesa viene consacrata il 5 luglio del 1731 e nel 1780 vengonoivi trasferite, dalle catacombe di San Ponziano di Roma, le reliquie di SanLiberato.

Il Santuario sin dall’inizio del ‘800 è meta di numerosi pellegrini provenienti da tutte le Regioni limitrofe.

All’interno, di particolare richiamo, l’altare maggiore realizzato nel 1896, l’organo risalente a circa il 1730 ed una statua ,opera del Di Zinno raffigurante San Gaetano.

Nella cappella con funzione di battistero una splendida tela, opera recente, eseguita nell’anno 1995, dal maestro Trivisonno, famoso pittore morto nello stesso anno.

Nella parte bassa dell’abitato, in via Croce, si può osservare una croce in pietra all’interno di una cornice tonda, risalente al XV secolo; su un a faccia è raffigurato un Cristo che benedice, dal lato opposto una scena della Crocifissione.

Nella piazza, prima dell’androne, al di sotto della chiesa madre vale la pena di osservare le cosiddette “misure” ( il tomolo, il mezzetto, il quarto e la misura ), ricavate in un solo blocco di pietra, con cui una volta si misuravano le granaglie.

La natura dei luoghi selvaggia suo tempo ospitòbande di briganti fra cui il più noto “Maligno” costretto a darsi alla macchia per una accusa ingiusta. Per i buongustai, offre un’abbondante raccolta, ora regolamentata, di notevole varietà di funghi, e, nella prima domenica di giugno, la sagra della lumaca,provenienti dallealte pendici della cima Miletto. In questa zona si trovano ancora le greggi allo stato semibrado; verso la metà di agosto, nel pianoro di Campitello di Roccamandolfi sisvolge la ormai tradizionale festa del pastore.

Il 25 luglio è la festa de patrono San Giacomo
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