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TAPPA
GUARDIAREGIA
- CAMPOCHIARO- S.POLO- CIVITA DI BOJANO-S.MASSIMO-
ROCCAMANDOLFI
LUNGHEZZA
Km 36
TEMPO
PERCORRENZA ore 10
QUOTA
PARTENZA slm 700
QUOTA
ARRIVO slm 850
QUOTA
MAX slm 1100
Il primo
giorno è terminato ed oggi
ci si ritrova nella piazza, recentemente realizzata, per
la visita al centro storico in compagnia del Sindaco conmeta
finale al belvedere per ammirare la sottostante gola del
Quirino, una forra dalle ripide ed alte pareti.
Purtroppo
non abbiamo avuto modo di far visitare ai camminatori, è questo è un
vero peccato, la parte iniziale della stessa gola ove, si fa
per dire “fervono” i lavori della costruenda diga
ormai in atto da oltre 10 anni, con i quali si è completamente
e totalmente distrutto, non si sa con quali aspettative e risultati
certi, una parte interessantissima della stessa.
Quando
sono sceso per la prima volta, ormai oltre venti anni or
sono, i lavori ancora non erano iniziati e ricordo l’inizio
con uno splendido ponticello in pietrame ad un arco sul torrentello.
Ho
promesso al Sindaco di offrirgli le foto dell’interno
della forra quando ancora questa era intatta.
Guardiaregia,
quota 730 slm, abitanti oltre 800, si sviluppa lungo ilcrinale
con le pareti scoscese che delimitano la forra del torrente
Quirino.
Ritornati
sulla piazza si scende lungo la stradina del paese per giungere
alla chiesetta di S. Maria situata su una piccola altura
a quota 590, e posta all’uscita della forra inclusa
nell’area faunistica gestita dal WWF.
Siamo
scesi a quota 560, superando un bel dislivello in poco tempo,
la prima fontanella, offre l’opportunità didissetarci
anche in previsione del caldo.
Siamo
poco distanti dalla foce della gole e di frontesi presentano
le alte pareti di colle Antona (la cima è a quota 1.055)
messe a nudo dall’estrazione di materiale per il vicino
cementificio; è uno spettacolo che contrasta nettamente
con la naturalità della zona.
Nel
passare sul ponte che scavalca il Quirino, molto in basso ci
attira ed attrae la visione dei cavalli del gruppo dei cavalieri
che sguazzano nell’acqua sollevandospruzzi...
Si
abbandona la stradina brecciata che si sviluppa in leggera
salita al fresco del boscoDefenza delle Castagnefragiovani
piante di noccioli, ornelli, carpini, per imboccare una traccia
in terra battuta dal percorso pianeggiante questa si sviluppa
tra prati di alte felci e percorso senza alcuna difficoltà con
la fila che si allunga fra il fresco desiderato; sin dalla
la mattina, durante le visite ai centri storici, il sole fa
sentire i suoi effetti.
Si
arriva, quindi, senza difficoltà a Fonte Litania
- quota 640 slm - in agro di Campochiaro una fontana dal nomealtisonante,
ma dall’aspetto pocointeressante a differenza della successiva
fontana, Frascarelladi ben altro valore ed aspetto con lastroni
in pietra e mascherone, da cui però non esce acqua:
questa si raggiunge poco dopo, percorrendo la stradina asfaltata
in cui ci soffermano a mangiare le more.
Alla
periferia del centro abitato di Campochiaro, vi èun
abbeveratoio in un’area alberata e sulla sinistra vi è la
deviazione che conduce all’area archeologica de “La
Civitella”. Posto a quota 800, vi è un tempio
dedicato ad Ercole di cui rimangono i resti di un basamento
di circa m 21xm. 15 risalentealla seconda metàdel IIsecolo
A.C.
La
zona archeologia sorgesu un’areatriangolareconlati
di circa 150metri e resti di mura in opera poligonale esi trova
sottostante ad altra area postapiù in alto a quota 1300
dove si possono osservarei resti di fortificazionidi epoca
sanniticain localitàle “Tre Torrette” o “Civitavecchia”.
Abbiamo notizie che l’area del santuario è chiuso
e, quindi, si decide di non raggiungerla; è un peccato
che non vi sia la possibilità di visitarla, ciò permetterebbe
a chi ha già visitato Altilia di rendersi conto in loco
dell’importanza strategica del territorio con posti fortificati
sulle alture a difesa di tutta la piana sottostante e del tratturo.
A
Campochiaro, ove entriamo in compagnia dei cavalieriun paese
di circa 660 abitanticon il punto più alto a quota 735
slm. percorriamo la strada cittadina,che conduce sulla sommità.
Dispiace non essere stati accolti dal saluto di qualche membro
dell’amministrazione, cosa gradita per il riconoscimento
della manifestazione e perl’interesse sincero dei partecipanti.
Dalla
piazzetta possiamo osservare il prossimo tracciato e da qui
imboccare la mulattiera che ci condurrà aSan
Polo Matese; in effetti le mulattiere sono due quella sulla
destra versoCesa D’Addario, ma ho indicato, quello da
percorrere sulla sinistra perchépiù panoramicaed
inoltre ci permette di salire senza sforzo in quota.
E’ questala
tipica mulattiera, con le caratteristiche ancora intatte,
stretta quanto basta per il passaggio di un mulo, con fondo
in terra battuta si sviluppa seguendo la pendenza del colleSalva
Signore (quota 869). Mantenendoci costantemente al di sotto
della quota 800, dribbliamo alberi e rocce, dopoavere superato
il letto del canalone Campochiaro.
L’ultimo
tratto della mulattiera è in piano fra
prati di felci rigogliose e verdi ricavati nei terrazzamenti
frale ondulazione dei colli pietrosi in cui l’erba è ormai
secca; ricordiamo che è una delle estati più calde
degli ultimi 60 anni. L’appuntamento con il rifornimento
di acqua è lungo la stradinache da S. Polo conduce in
alta quota alla chiesetta di S. Maria.
Dalla
quota 730 di Campochiaro si è giunti,
circoscrivendo sulla sinistra Colle Salva Signore, a quota
800, senza superareun notevole dislivello.
San
Polo Matese è leggermente più in
basso, a quota 720 e lo si raggiunge con circa mezzora di
cammino, transitando sulla comoda strada carrabile che scende
dolcemente a completare il circuito del Colle.
Entriamo
in piazza non prima di aver bevuto le fresche acque del fontanile,
sulla destra prima della piazza, per poi assaporare i prodotti
locali offerti. C’è adaspettarci, veramente
atteso da parte di tutti, il prof. Michele Mainella, esperto
a livello mondiale delle origini geologiche e paleontologiche
del Matese, il quale ci spiega con una lezione di grande maestria
ed in modo elementare, e semplice ma efficace, le origini di
questo lembo di terra molisana. Tutti ascoltano con tale silenzio
da non disturbare soprattutto Rocco Cirino in ... “ estasi”.
La
sua lezione continua anche in loco perché il gruppo
viene accompagnato verso il colle posto alle spalle dell’abitato.
Con
Rocco sempre in contemplazione e Marco siamo rimasti sulla
piazzetta da cui si osserva il successivo tracciato per riprendere
la fila che si snoda, guidata in questo tratto dall’infaticabile
Lucarelli di cui ci sembra sentire i sonori rimbrotti bonari.
Sono tutti in fila e senza accelerare si inizia a salire le
balze del colle per arrivare con ripida ascesa da quota 700
a quota 800 slm., per poi percorrere un lungo crinale in direzione
di Civita di Bojano che si intravede benissimo di fronte.
La
salita è stata per i camminatori abbastanza faticosa
e la fila si è snodata con lungo tempo di attesa fra
i primi e gli ultimi. Per chila osserva con le piccole figure
una dietro l’altro che si stagliano sulla cime a quota
superiore ai 900 sullo sfondo del cielo tersorievocano le scene
di alcuni film westerned è cosi in realtà per
la dura fatica,e per il caldo, cui i camminatori sono sottoposti.
Superati
i tornanti della strada che conduce a S. Egidio al di sotto
di Guado dell’Olmo, dopo una ripida discesa
che ci porta a quota 770, si arriva con un poco di stanchezza
a Civita di Bojano. Ad accoglierci c’è il Vicesindaco
e l’Assessore alla Cultura del comune di Boiano e tanta
gente. L’agglomerato che si è potuto ammirare
durante l’avvicinamento, mostra ancora di più le
caratteristiche ben conservate di un tipico borgo medioevale
racchiuso entro la cinta murarie. Ci illustra bene le caratteristiche
il Vicesindaco di questa che è attualmente,e lo èda
tempo, una borgata di Bojano. Ma una volta, agli inizi del’800,
vi era il Comune di Civita Superiore e di Bojano, come si può osservare
in basso dal belvedere dove verrà consumato la degustazione
dei prodotti locali con ilrinfresco a base di anguria.
Le
origini del borgo sono antichissime poiché si fanno
risalire in epoca sannitica; anzi taluni la fanno coincidere
con la Bovianum Vetus. Le attuali strutture con la cinta fortificata,
ancora ben conservata sul lato sud edin origine con cinque
torri e la mole del castello, in pianta a forma rettangolare
lungo 116 metri e largo 30 sulla parte più alta, risalgono
al IX secolo.
Ci
troviamo a quota 750, non c’è tempo per proseguire
per S. Egidio ed in basso a 482 ci aspetta Boiano che si decide
di raggiungere scendendo una parte lungo il sentiero segnato
ed una parte con “ ripide scorciatoie”
Questi
cambiamenti di percorso, che potrebbero procurare disagi
e incomprensioni, vengono superati veramente con bravura
dall’organizzazione
e dall’esperienza e dalla volontà diGiovanni Germano
e di Alfredo Ciamarra, che entrambisotto il cappello da cow – boy,sono
attenti a tali situazioni che di sicuroappesantiscono le fatiche
del percorso.
Si
raggiunge S. Massimo altro splendido paese, circa 700 abitanti,
quota 626 slm, quando ormai siamo sul tardi pomeriggio, il
centro storico è ancorariconoscibile
con i resti del castello e portali
di notevole fattura come quello in stile gotico della chiesadi
Santa Maria delle Fratte.
Per
chi aveva pensato che queste dure fatiche avrebbero fiaccato
il fisico e sarebbero stato valido motivo per togliere qualche
chilo di troppo, è stato solo un sogno: anche qui
si festeggia, dopo il benvenuto dello scattante Sindaco,
con prodotti locali esposti sulla lunga tavolata e con un
buon vinello offerto, come se non bastasse, anche dall’alpino
solitario che festeggia con il suotavolato.
E
la stessa cosa si ripete ormai in piena serata aRoccamandolfi
dove il placido Sindaco Giovanni non ha voluto essere da meno.
Ha preparato una tavolata in cui spiccano i famosi prodotti
caseari allestita nellaaccoglientepiazzettaconintatta pavimentazione
in pietrame. |
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ROCCAMANDOLFI
Di Claudio Di Cerbo
Roccamandolfi,
piccolo centro abitato alle falde del Matese, al giorno d’oggi di 1200 abitanti ma con oltre 3300 nel
non lontano 1901, a quota 819 metri, èuno splendido
paese di origine longobarda, di cui si possono ammirare leattuali
coperture dei tetti ancora integralmente in coppi di argilla,
andrebbe bene per una di quelle pubblicità che appaionosulle
rivistedel settore per pubblicizzare tali prodotti.
Il paese,
secondo alcuni, è di origine antichissima
facendolo risalire o già presente all’epoca delle
battaglie sannitiche contro Romaed identificandolo con la Tiferno
che fu assalita per ben tre volte.
Il nome
sembrerebbe però di origine longobarda, secondo
il Masciotta fu “Rocca Masgenula” nel XII secolo
e successivamente “Rocca Maginulfo, “Rocca Manolfa” e “Rocca
Ginolfi” nel XVI secolo; l’abitato era difeso alle
spalle dal castello medioevale imprendibile che ben si erge
sulla sommità del colle sulle cui pendici si distende
l’abitato.
Il castello,
dalle torri circolari che fuoriescono con delicatezza dalle
murature inclinate dalla base, non potendo essere espugnato
per la sua posizione inaccessibile, fu cinto d’assedio
da Federico II nell’anno 1221, durante le contese fra
Normanni e Svevi, riuscendo a sconfiggere il Conte Tommaso
da Celano, li, arroccatosi solo dopo un lungo assedio.
La fortificazione è addossata sulle ripide pareti della
forra scavata dal torrente Callora che lo proteggeva in modo
insuperabilealle spalle; infatti, anche attualmente con il
castello oggetto di restauri, questi vengono eseguiti con grossa
difficoltà: il materiale viene portato a dosso di muli
nell’ultimo tratto; di fronte si impone la mole del monte
Miletto che, con i suoi 2050 metri, è la cima più alta
del complesso montuoso del Matese.
In particolare
vale la pena di visitare il suggestivo e selvaggio ambiente
caratterizzato dal corso del torrente con partenza, per i
più preparati, dal ponte di pietra, dove all’ingresso
del paese, la provinciale scavalca lo stresso fiume.
Da visitaresenza
frettaoltreil caratteristicocentro storico, alcune viuzze
con il fondo ancora in pietrame locale,che si inerpicano,
talvolta con pendenze accentuaterisalendo, lungo l’abitato.
Nella chiesa di San Giacomo Maggiore, a navata unica con quattro
cappelle laterali di origine romanico-gotica di cui rimangono
tracce evidenti nella torre campanaria, domina lo stile barocco
con operazioni iniziate nei primi anni del 1700. La chiesa
viene consacrata il 5 luglio del 1731 e nel 1780 vengonoivi
trasferite, dalle catacombe di San Ponziano di Roma, le reliquie
di SanLiberato.
Il Santuario
sin dall’inizio del ‘800 è meta
di numerosi pellegrini provenienti da tutte le Regioni limitrofe.
All’interno, di particolare richiamo, l’altare
maggiore realizzato nel 1896, l’organo risalente a circa
il 1730 ed una statua ,opera del Di Zinno raffigurante San
Gaetano.
Nella cappella
con funzione di battistero una splendida tela, opera recente,
eseguita nell’anno 1995, dal maestro Trivisonno,
famoso pittore morto nello stesso anno.
Nella parte
bassa dell’abitato, in via Croce, si può osservare
una croce in pietra all’interno di una cornice tonda,
risalente al XV secolo; su un a faccia è raffigurato
un Cristo che benedice, dal lato opposto una scena della Crocifissione.
Nella piazza,
prima dell’androne, al di sotto della
chiesa madre vale la pena di osservare le cosiddette “misure” (
il tomolo, il mezzetto, il quarto e la misura ), ricavate in
un solo blocco di pietra, con cui una volta si misuravano le
granaglie.
La natura
dei luoghi selvaggia suo tempo ospitòbande
di briganti fra cui il più noto “Maligno” costretto
a darsi alla macchia per una accusa ingiusta. Per i buongustai,
offre un’abbondante raccolta, ora regolamentata, di notevole
varietà di funghi, e, nella prima domenica di giugno,
la sagra della lumaca,provenienti dallealte pendici della cima
Miletto. In questa zona si trovano ancora le greggi allo stato
semibrado; verso la metà di agosto, nel pianoro di Campitello
di Roccamandolfi sisvolge la ormai tradizionale festa del pastore.
Il 25 luglio è la
festa de patrono San Giacomo |