EDIZIONE 1998

IL PERCORSO

ISERNIA - PESCHE - COLLE dell'ORSO - ACQUEVIVE - DURONIA

LE CARATTERISTICHE

- lunghezza Km 38
- tempo percorrenza 10 ore
- quota partenza 440 m. slm
- quota arrivo 920 m. slm
- quota massima 1400 m. slm

 

IL RACCONTO
di

Claudio di Cerbo

Foto a cura di ALFREDO CIAMARRA

Saluto del sindaco di Pesche ai partecipanti
Annibale Pizzi

4aTAPPA

ISERNIA- PESCHE- COLLE DELL’ORSO-ACQUEVIVE - DURONIA

LUNGHEZZA KM 38
TEMPO PERCORRENZA ORE 10
QUOTA PARTENZ Aslm 440
QUOTA ARRIVO slm 920
QUOTA MAX slm1 400

 

La mattina, ilprevisto raduno per le ore si fa attendere e ne approfitto per entrare in chiesa dove incontro don Ferdinando Cogo con cui, in tempi passati, (ora sono in prescrizione, mi precisamaliziosamente), abbiamo riportato alla luce testimonianze in agro diPettoranello.
Si è oltre le ore 10e si va a visitarela cattedraleche sorge sui resti diun tempio pagano. Il sagrestano condisponibilità fa scendere i gruppi a visitare le testimonianze di varia epocavenute alla luce al di sotto della pavimentazione attuale
Si possono osservare, infatti, il podio del tempio italico, l’abside ed il battistero della chiesa paleocristiana, i resti dell’abside della chiesa medioevale nonché quelli romanici ed il selciato dell’antico foro; il tempio che viene fatto risalire al 263 a.C. epoca della colonizzazione avevail fronte principale rivolto a sud-ovest, in contrapposizione con l’attuale facciata e la chiesa ha subito varie trasformazioni sino alXIX secolo anche a seguito dei terremoti come quelli del847, 1349, 1456, 1688, 1805 oltre che di culto e distile architettonico.
La successiva visita è al museo con le tre sale ove sono visibili i reperti ritrovati sul territorio, ove è sistemato anche ilpaleosuolo nonchèla recente sala con i ritrovamenti in localitàQuadrella. In una delle sale museali più grosse d’Italia si può ammirare il paleosuolo, proveniente dalla località “La Pineta” riportato casualmente alla luce durante la realizzazione del tratto di arteria della circonvallazione veloce. Questi attira oltre che per la sapiente presentazione anche per lo stupore che procura la presenza di resti ossei di orsiippopotami elefanti, bisonti, rinoceronti,animali che vivevano nella savana presente 736.000 anni fa, prede dell’uomo di cui non sono state ancora ritrovaste traccemadi cuiè certa la presenzaanche peri resti di utensili ed armi litiche presenti nel suolo.
Dopo l’uscita, si percorre corso Marcelli, l’antica arteria che attraversa tutto il centro storico in senso longitudinale, e ricalca l’antico impianto di epoca romana, arteria su cui si affacciano ancora i consolidati esercizi commerciali, anche se molti sono traslocati dopo il terremoto dell’84. La strada conserva il proprio fascina nonostante i recenti lavori di ripavimentazione, che ha sostituito anchemoltidelle vecchie basole presenti nei vicoli dove è stato possibile, per la gioia della componente femminile, osservare dal vivola lavorazione del merletto al tombolo.
Prima di lasciare il centro storico, con Lucarelli a fianco che ricordava i suoi anni di insegnamento ad Isernia, abbiamo il tempo di fare foto ricordo con lo sfondo della Fontana Fraterna ed della casa natale (?) di papa Celestino V°, il santone di Isernia., per proseguire, poi lungo Corso Risorgimento.
Allafine di questo, oltrepassata la statale n. 17 Appulo -Sannitico, si imbocca la stradina che si snoda fra le campagne, una volta tutte coltivate, per continuare sulla pista ciclabile, (perché dal fondo asfaltato?) che ci permette, senza mai incontrare la arteria a scorrimento veloce della fondovalleTrigno, di giungere sino nei pressi del santuario di S. Maria delBagno.
Per giungere a Pesche, lo strappo in salita è notevole ed i piedi sono già stanchi per i chilometri delle giornate precedenti;notiamo, a tal proposito, che qualcuno della comitiva non può fare a meno di calzare sandaletti, tipo balneare, per alleviareil fastidio.
L’ultimo tratto, sempre in ripida salita si percorre salendo scalinate “mozzafiato” fra i vecchi caseggiati dell’abitato che se anche oggetto dei lavori del terremoto, non ha visto trasformato il suo aspetto, conservandone integralmente i caratteri esterni delle murature che presentanosovente delicati ornamenti a stucco a livello del cornicione; meno valido il materiale delle coperturedove i coppiantichi, checontribuivano a dare un’aria“discreta e soffice”, sono stati sostituiti da materiale più recente che dona una sensazione di pulito ma ne toglie il fascino e, probabilmente, anche l’utilità essendo meno “collaudati” dei veterani sostituiti.
Il paese è dominato dai resti del castello, un luogo fortificato già esistente in epocanormanna, con lavisibile torre semicilindricale cui pietre hanno assunto il colore grigio delle rocce sullo sfondo.
Ad attenderci è il Sindaco Pizzi che, durante il gradito rinfresco, illustra come il paese sorga sulsuolopiù antico d’Italia,geologicamente dolomie e calcari dolomitici del Trias sup.- Lias inf.e come molta è l’attenzione per la tutela del territorio e della protezione naturalistica.
La Riserva Orientata di Pesche, la prima area protetta (in ordine di tempo) in provincia al fuori del P.N.A, istituita con decreto del 30 novembre 1983 del ministro dell’agricoltura e delle foreste con superficie di ha 552, gestita dal M.A.Fper mezzo dell’ispettorato agrario provinciale, è sita proprio a ridosso dell’abitato, con ambienti di alta naturalità, scorci selvaggi e quadri panoramici e con zone a coltivo abbandonate che contribuiscono ad un riappropriamento della vegetazione selvatica.
Ormai è tardi, e come preventivato, si prende il pullman per arrivare verso Colle dell’Orso ove, memori dell’accoglienza degli anni precedenti offerta daifratelli De Maria, si è consapevolidi trovare buona ospitalità.
Ci sirincontra, sotto La Montagnola, a quota 1245, per percorrerela stradina che prima scende ai pianori, splendidi prati, sotto Morgie Molise che sono sulla destra, per poi risalire,tagliando i tornanti e costeggiando il versante di Colle dei Castrati all’ombra di faggi maestosi. E’ questa una stradina giustamente sbarrata, ma da un solo ingresso, che andrebbe proprio esclusa dall’uso delle auto perché“taglia”prati e boschi che costituiscono una unità paesaggisticaintegra.
Quello della proliferazione di stradine è un pericolo che corre tutta il complesso montagnoso, interessante i comuni di Frosolone, Carpinone, Sessano, Macchiagodena e Civitanovadel Sannio, realizzate come viabilità per l’esbosco e per favorire la zootecnia.
Un accoglienza, quindi, aspettata e non smentita è quella che ci riceverà: si pranza con lo “squattone” su lunghi tavoli all’ombra dei faggi secolari e per i più desiderosi c’è la musica degli anni 60 da ballare sulla pista limitrofa.
Alzarsi dal tavolo è arduo e si preferisce scambiare parole ed osservare qualcuno dei cavalieri con i quali ci siamo di nuovo incontrati, lavorare su un pezzo di bastoneper ricavarne con maestria tratti di animali.
E’ ancora caldo e si parte con un tracciato adatto per la digestione; si scende infatti lentamente fra i pascoli percorrendo una parte del sentiero che l’anno precedente era statofatto in senso inverso, conle sempre presenti mandrie di mucche e con il panorama che si apre verso la valle del Trigno. Si passa poco distante dalla “Morgia Quadra” una roccia a forma diparallelepipedo con pareti verticali che risaltaper questa sua caratteristica fra gli altri spuntonie che è attrezzatacome palestra di roccia per i neofiti ed appassionati di alpinismo.
I cavalieri ci fanno da guida attraverso prati e pascoli che si incontrano dopo la strada provinciale che si percorrono facilmente passando oltreper la località di Colle Nuocio e con lo sguardoverso il capoluogoFrosolone.
Si imbocca poi un una tracciaedi seguito unastradina che ci porterà scendendo, infatti dalla quota di1300 m slmdel ristorante si giunge a quota 800, verso il popoloso nucleo abitato diAcquevive, distante circa tre chilometri dal comune, che appare come un consistentenucleo di case conil campanile della chiesa che svetta. Alle spalledei caseggiatigià si intravede la cima delle Civita diDuronia che pensiamo di raggiungere rapidamente.
Pensiero che si dimostra subito errato perché, quando si arriva all’ingresso dell’abitato la calorosa accoglienza della popolazione e degli amministratori e soprattutto la lunga tavolapiena di ogni delizia del posto, si capisce che la “faccenda non è di poco conto”: ricotta, caciocavallo, scamorze, trecce come latticiniche facevano venire l’acquolina, prosciutto, salame, salsicce con focaccia dei forni a legna, il tutto completato con una serie di dolciumi locali, da un bel ciambellone annaffiato con vino rosso, hanno indebolito le nostre resistenze .
Cosa poteva esserci di più fresco di trecce che venivano eseguite sull’istante da contadini che, con sapienza, lavoravano il latte tirando fuori la pasta ricavandone fili che venivano intrecciati.
Il calare del soledietro le Morgieci coglieancorafra assaggi, e chiacchierate: e la strada non è ancora finita perché bisogna scendere verso il Fiumarello un torrente che separa amministrativamentee fisicamente i due comuni, andandoalla quota di550 m slm, oltre 300m slm. in discesa per risalire poi ai900 m slm di Duronia. La stanchezza dei giorni precedenti e qualche acciacco si fanno sentire scendendo a Coste Morello, Terranovafra prati e boschetti cheriducono la visibilità.
Dopo il ricongiungimento di parte dei gruppo,al di sotto dell’abitato di Duronia,l’arrivo è a sera inoltrata, quasi in nottata alla frazioneS. Mariadel Vasto. Siamo ricevuticon la solita e grande gentilezza, schiettezza che si ritrovano ancora nelle nostre popolazioni contribuiscono, alla riuscita delle accoglienza e ci ricordanola festaconclusiva dell’anno scorso a Duronia.
E’ testimonianza di come il Cammina Molise, sia unamanifestazione ormai collaudata al pari della volontà e dell’impegno notevole e faticoso di tutto il gruppo degli organizzatori, Giovanni, Michele, Domenico, Alfredo, etc., ai quali va spontaneo il ringraziamento personale come quello di tutti i camminatori. Questi camminatori, anche se alcune marce faticose hanno messo a prova la loro resistenza fisica potranno conservarne il ricordo,dimostrando che per loro il camminare non è una modama anche un modo di ritemprare lo spirito e diinformazione reale.
E’ una dimostrazione di come, frequentando i luoghi, si possa avere conoscenza dei componenti di un territorio, avere un quadro diretto degli ambientinaturali conservati e di quelli in pericolo, della fragilità del nostro territorio ma anche della cura che ne hanno avuto i diretti interessati, -contadini, pastori, boscaioli ed abitanti in genere- che hanno saputo mantenerlo integro, utilizzando con piccole operein contrasto con quegli di interventi attuali che contribuisconospesso al degrado ed all’incuria dell’ambiente e creano problemi, ad esempio, anche alla conservazione del patrimonio dei centri storici.
Tutte questeinformazioni e conoscenze faranno parte dei nostri ricordi e rimarranno più impresse anche per l’emozione provata e per averle considerate nel contesto ambientale di cui fanno parte,e del fascino dei luoghinaturali in cui sono state osservate.

 

 

E’ stato Alexis Carrel a richiamare l’attenzione sul declino dei popoli che hanno trascurato l’educazione del corpo. Occorre reagire agli artifici della vita cittadina, o, se volete, della vita nella società post-industriale (anche se da noi non ancora si raggiunge la fase industriale) che ingabbia letteralmente l’uomo alla donna. Sicchè, se è necessario tirar su un bambino, occorre, poi, anche seguirlo nell’iter storico della sua esistenza. E se mediante i ritrovati scientifici (parte del progresso) ci viene consentito di resistere agli attacchi delle malattie e di quant’altro colpisce il nostro corpo, spetta a ciascuno, conseguentemente, avere cura del proprio sviluppo fisico e porre attenzioni a quei meccanismi che consentono di conservare efficiente il proprio corpo. C’è chi provvede con la ginnastica in casa; chi in palestra; e chi ancora o nuotando, o passeggiando, dove c’è più ossigeno. Ed è comunque all’interno del tempo libero che si inscrive la scelta per la cura della propria salute, ovvero dell’equilibrio e del buon funzionamento del proprio organismo, come rivela Renè Hubert.

Quando parliamo di equilibrio, alludiamo all’armonia fisico-psichica. Non desidero qui richiamare gli autori storici che hanno trascurato l’attività fisica del corpo nelle loro opere, per privilegiare quella della mente (nous e noumeno). Non intendo nemmeno richiamare i giochi delfici e la simbologia della fiaccola olimpica, intesa come libertà. Ma il cammina sfida che voi effettuate e che vi fa gustare già dalle premesse il piacere di ciò che fate e di scoprire percorsi alternativi all’interno di un paesaggio, espressioni di natura che mi auguro contribuiate a tenere incontaminata, è un cammina, dicevo, che eseguite quasi in vista di noi stessi e non per il fine cui tende qualsiasi corsa, o per il risultato che essa produce. Questa caratteristica, ovvero carattere, fece dire ad Aristotele che tutto ciò che fate vi avvicina alla felicità ed alla virtù, in quantochè il vostro cammina l’avete scelto per se stesso e non per necessità, come avviene invece per il lavoro, o per le sfide agonistiche come professione. Non sto a dirvi gli sviluppi del campo filosofico da Kant in poi, per distinguere ciò piace da ciò che è penoso, o da ciò che si fa per ricompensa (vedi Critica delgiudizio). E comunque mi piace fare un passo indietro per citare Montaigne (1533-1592), quando dice che “non si parla qui né di anima, né di corpo, ma dell’uomo intero”. Ovviamente è stato Schiller nelle sue Lettere sull’educazione estetica (1795) a considerare l’istinto del gioco (perché è innegabile che voi fate ciò per gioco) come fondamento dell’attività artistica. Ed è un altro aspetto di questa scenografia che voi create camminando insieme quando attraversate valli, monti e discese, quasi a confondersi con gli altri elementi del creato, natura tra natura, pur nella diversità. “L’animale, scrive Schiller, lavora se il movente della sua attività è la mancanza di qualche cosa; e gioca se il movente è la pienezza della sua forza, se lo stimola all’attività un’esuberanza di vita”.

E ciò non è neppure estraneo alla natura inanimata: la sovrabbondanza di radici, rami, foglie, fiori e frutta di un albero, rispetto a quanto è necessario alla conservazione dell’albero stesso e della sua specie, è una sorta di gioco della natura vegetale. “Dalla pressione dell’esuberanza, dall’attività fisica a quella estetica; e prima di elevarsi, sopra i vincoli di ogni scopo, alla sublime libertà del bello, si avvicina, almeno di lontano, a questa indipendenza, nel libero movimento che è scopo e mezzo a se stesso”.

Auguri

 

 

 

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