4aTAPPA
ISERNIA-
PESCHE- COLLE DELL’ORSO-ACQUEVIVE
- DURONIA
LUNGHEZZA KM 38
TEMPO
PERCORRENZA ORE 10
QUOTA
PARTENZ Aslm 440
QUOTA
ARRIVO slm 920
QUOTA
MAX slm1 400
La mattina,
ilprevisto raduno per le ore si fa attendere e ne approfitto
per entrare in chiesa dove incontro don Ferdinando Cogo con
cui, in tempi passati, (ora sono in prescrizione, mi precisamaliziosamente),
abbiamo riportato alla luce testimonianze in agro diPettoranello.
Si è oltre
le ore 10e si va a visitarela cattedraleche sorge sui resti
diun tempio pagano. Il sagrestano condisponibilità fa
scendere i gruppi a visitare le testimonianze di varia epocavenute
alla luce al di sotto della pavimentazione attuale
Si
possono osservare, infatti, il podio del tempio italico, l’abside
ed il battistero della chiesa paleocristiana, i resti dell’abside
della chiesa medioevale nonché quelli
romanici ed il selciato dell’antico foro; il tempio che
viene fatto risalire al 263 a.C. epoca della colonizzazione
avevail fronte principale rivolto a sud-ovest, in contrapposizione
con l’attuale facciata e la chiesa ha subito varie trasformazioni
sino alXIX secolo anche a seguito dei terremoti come quelli
del847, 1349, 1456, 1688, 1805 oltre che di culto e distile
architettonico.
La
successiva visita è al museo con le tre sale ove
sono visibili i reperti ritrovati sul territorio, ove è sistemato
anche ilpaleosuolo nonchèla recente sala con i ritrovamenti
in localitàQuadrella. In una delle sale museali più grosse
d’Italia si può ammirare il paleosuolo, proveniente
dalla località “La Pineta” riportato casualmente
alla luce durante la realizzazione del tratto di arteria della
circonvallazione veloce. Questi attira oltre che per la sapiente
presentazione anche per lo stupore che procura la presenza
di resti ossei di orsiippopotami elefanti, bisonti, rinoceronti,animali
che vivevano nella savana presente 736.000 anni fa, prede dell’uomo
di cui non sono state ancora ritrovaste traccemadi cuiè certa
la presenzaanche peri resti di utensili ed armi litiche presenti
nel suolo.
Dopo
l’uscita, si percorre corso Marcelli, l’antica
arteria che attraversa tutto il centro storico in senso longitudinale,
e ricalca l’antico impianto di epoca romana, arteria
su cui si affacciano ancora i consolidati esercizi commerciali,
anche se molti sono traslocati dopo il terremoto dell’84.
La strada conserva il proprio fascina nonostante i recenti
lavori di ripavimentazione, che ha sostituito anchemoltidelle
vecchie basole presenti nei vicoli dove è stato possibile,
per la gioia della componente femminile, osservare dal vivola
lavorazione del merletto al tombolo.
Prima
di lasciare il centro storico, con Lucarelli a fianco che ricordava
i suoi anni di insegnamento ad Isernia, abbiamo il tempo
di fare foto ricordo con lo sfondo della Fontana Fraterna
ed della casa natale (?) di papa Celestino V°, il santone
di Isernia., per proseguire, poi lungo Corso Risorgimento.
Allafine
di questo, oltrepassata la statale n. 17 Appulo -Sannitico,
si imbocca la stradina che si snoda fra le campagne, una
volta tutte coltivate, per continuare sulla pista ciclabile,
(perché dal
fondo asfaltato?) che ci permette, senza mai incontrare la
arteria a scorrimento veloce della fondovalleTrigno, di giungere
sino nei pressi del santuario di S. Maria delBagno.
Per
giungere a Pesche, lo strappo in salita è notevole
ed i piedi sono già stanchi per i chilometri delle giornate
precedenti;notiamo, a tal proposito, che qualcuno della comitiva
non può fare a meno di calzare sandaletti, tipo balneare,
per alleviareil fastidio.
L’ultimo
tratto, sempre in ripida salita si percorre salendo scalinate “mozzafiato” fra
i vecchi caseggiati dell’abitato che se anche oggetto
dei lavori del terremoto, non ha visto trasformato il suo aspetto,
conservandone integralmente i caratteri esterni delle murature
che presentanosovente delicati ornamenti a stucco a livello
del cornicione; meno valido il materiale delle coperturedove
i coppiantichi, checontribuivano a dare un’aria“discreta
e soffice”, sono
stati sostituiti da materiale più recente che dona una
sensazione di pulito ma ne toglie il fascino e, probabilmente,
anche l’utilità essendo meno “collaudati” dei
veterani sostituiti.
Il
paese è dominato dai resti del castello, un luogo
fortificato già esistente in epocanormanna, con lavisibile
torre semicilindricale cui pietre hanno assunto il colore grigio
delle rocce sullo sfondo.
Ad
attenderci è il Sindaco Pizzi che, durante il gradito
rinfresco, illustra come il paese sorga sulsuolopiù antico
d’Italia,geologicamente dolomie e calcari dolomitici
del Trias sup.- Lias inf.e come molta è l’attenzione
per la tutela del territorio e della protezione naturalistica.
La
Riserva Orientata di Pesche, la prima area protetta (in ordine
di tempo) in provincia al fuori del P.N.A, istituita con decreto
del 30 novembre 1983 del ministro dell’agricoltura
e delle foreste con superficie di ha 552, gestita dal M.A.Fper
mezzo dell’ispettorato agrario provinciale, è sita
proprio a ridosso dell’abitato, con ambienti di alta
naturalità, scorci selvaggi e quadri panoramici e con
zone a coltivo abbandonate che contribuiscono ad un riappropriamento
della vegetazione selvatica.
Ormai è tardi,
e come preventivato, si prende il pullman per arrivare verso
Colle dell’Orso ove, memori dell’accoglienza
degli anni precedenti offerta daifratelli De Maria, si è consapevolidi
trovare buona ospitalità.
Ci
sirincontra, sotto La Montagnola, a quota 1245, per percorrerela
stradina che prima scende ai pianori, splendidi prati, sotto
Morgie Molise che sono sulla destra, per poi risalire,tagliando
i tornanti e costeggiando il versante di Colle dei Castrati
all’ombra di faggi maestosi. E’ questa una stradina
giustamente sbarrata, ma da un solo ingresso, che andrebbe
proprio esclusa dall’uso delle auto perché“taglia”prati
e boschi che costituiscono una unità paesaggisticaintegra.
Quello
della proliferazione di stradine è un pericolo
che corre tutta il complesso montagnoso, interessante i comuni
di Frosolone, Carpinone, Sessano, Macchiagodena e Civitanovadel
Sannio, realizzate come viabilità per l’esbosco
e per favorire la zootecnia.
Un
accoglienza, quindi, aspettata e non smentita è quella
che ci riceverà: si pranza con lo “squattone” su
lunghi tavoli all’ombra dei faggi secolari e per i più desiderosi
c’è la musica degli anni 60 da ballare sulla pista
limitrofa.
Alzarsi
dal tavolo è arduo e si preferisce
scambiare parole ed osservare qualcuno dei cavalieri con
i quali ci siamo di nuovo incontrati, lavorare su un pezzo
di bastoneper ricavarne con maestria tratti di animali.
E’ ancora
caldo e si parte con un tracciato adatto per la digestione;
si scende infatti lentamente fra i pascoli percorrendo una
parte del sentiero che l’anno precedente era statofatto
in senso inverso, conle sempre presenti mandrie di mucche e
con il panorama che si apre verso la valle del Trigno. Si passa
poco distante dalla “Morgia Quadra” una roccia
a forma diparallelepipedo con pareti verticali che risaltaper
questa sua caratteristica fra gli altri spuntonie che è attrezzatacome
palestra di roccia per i neofiti ed appassionati di alpinismo.
I
cavalieri ci fanno da guida attraverso prati e pascoli che
si incontrano dopo la strada provinciale che si percorrono
facilmente passando oltreper la località di
Colle Nuocio e con lo sguardoverso il capoluogoFrosolone.
Si
imbocca poi un una tracciaedi seguito unastradina che ci porterà scendendo,
infatti dalla quota di1300 m slmdel ristorante si giunge a
quota 800, verso il popoloso nucleo abitato diAcquevive, distante
circa tre chilometri dal comune, che appare come un consistentenucleo
di case conil campanile della chiesa che svetta. Alle spalledei
caseggiatigià si
intravede la cima delle Civita diDuronia che pensiamo di raggiungere
rapidamente.
Pensiero
che si dimostra subito errato perché, quando
si arriva all’ingresso dell’abitato la calorosa
accoglienza della popolazione e degli amministratori e soprattutto
la lunga tavolapiena di ogni delizia del posto, si capisce
che la “faccenda non è di poco conto”: ricotta,
caciocavallo, scamorze, trecce come latticiniche facevano venire
l’acquolina, prosciutto, salame, salsicce con focaccia
dei forni a legna, il tutto completato con una serie di dolciumi
locali, da un bel ciambellone annaffiato con vino rosso, hanno
indebolito le nostre resistenze .
Cosa
poteva esserci di più fresco di trecce che venivano
eseguite sull’istante da contadini che, con sapienza,
lavoravano il latte tirando fuori la pasta ricavandone fili
che venivano intrecciati.
Il
calare del soledietro le Morgieci coglieancorafra assaggi,
e chiacchierate: e la strada non è ancora finita perché bisogna
scendere verso il Fiumarello un torrente che separa amministrativamentee
fisicamente i due comuni, andandoalla quota di550 m slm, oltre
300m slm. in discesa per risalire poi ai900 m slm di Duronia.
La stanchezza dei giorni precedenti e qualche acciacco si fanno
sentire scendendo a Coste Morello, Terranovafra prati e boschetti
cheriducono la visibilità.
Dopo
il ricongiungimento di parte dei gruppo,al di sotto dell’abitato
di Duronia,l’arrivo è a sera inoltrata, quasi
in nottata alla frazioneS. Mariadel Vasto. Siamo ricevuticon
la solita e grande gentilezza, schiettezza che si ritrovano
ancora nelle nostre popolazioni contribuiscono, alla riuscita
delle accoglienza e ci ricordanola festaconclusiva dell’anno
scorso a Duronia.
E’ testimonianza
di come il Cammina Molise, sia unamanifestazione ormai collaudata
al pari della volontà e dell’impegno
notevole e faticoso di tutto il gruppo degli organizzatori,
Giovanni, Michele, Domenico, Alfredo, etc., ai quali va spontaneo
il ringraziamento personale come quello di tutti i camminatori.
Questi camminatori, anche se alcune marce faticose hanno messo
a prova la loro resistenza fisica potranno conservarne il ricordo,dimostrando
che per loro il camminare non è una modama anche un
modo di ritemprare lo spirito e diinformazione reale.
E’ una
dimostrazione di come, frequentando i luoghi, si possa avere
conoscenza dei componenti di un territorio, avere un quadro
diretto degli ambientinaturali conservati e di quelli in pericolo,
della fragilità del nostro territorio
ma anche della cura che ne hanno avuto i diretti interessati,
-contadini, pastori, boscaioli ed abitanti in genere- che hanno
saputo mantenerlo integro, utilizzando con piccole operein
contrasto con quegli di interventi attuali che contribuisconospesso
al degrado ed all’incuria dell’ambiente e creano
problemi, ad esempio, anche alla conservazione del patrimonio
dei centri storici.
Tutte
questeinformazioni e conoscenze faranno parte dei nostri ricordi
e rimarranno più impresse anche per l’emozione
provata e per averle considerate nel contesto ambientale di
cui fanno parte,e del fascino dei luoghinaturali in cui sono
state osservate.
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E’ stato Alexis Carrel a richiamare l’attenzione
sul declino dei popoli che hanno trascurato l’educazione
del corpo. Occorre reagire agli artifici della vita cittadina,
o, se volete, della vita nella società post-industriale
(anche se da noi non ancora si raggiunge la fase industriale)
che ingabbia letteralmente l’uomo alla donna. Sicchè,
se è necessario tirar su un bambino, occorre, poi, anche
seguirlo nell’iter storico della sua esistenza. E se mediante
i ritrovati scientifici (parte del progresso) ci viene consentito
di resistere agli attacchi delle malattie e di quant’altro
colpisce il nostro corpo, spetta a ciascuno, conseguentemente,
avere cura del proprio sviluppo fisico e porre attenzioni a quei
meccanismi che consentono di conservare efficiente il proprio
corpo. C’è chi provvede con la ginnastica in casa;
chi in palestra; e chi ancora o nuotando, o passeggiando, dove
c’è più ossigeno. Ed è comunque all’interno
del tempo libero che si inscrive la scelta per la cura della
propria salute, ovvero dell’equilibrio e del buon funzionamento
del proprio organismo, come rivela Renè Hubert.
Quando parliamo di equilibrio, alludiamo all’armonia fisico-psichica.
Non desidero qui richiamare gli autori storici che hanno trascurato
l’attività fisica del corpo nelle loro opere, per
privilegiare quella della mente (nous e noumeno). Non intendo
nemmeno richiamare i giochi delfici e la simbologia della fiaccola
olimpica, intesa come libertà. Ma il cammina sfida
che voi effettuate e che vi fa gustare già dalle premesse
il piacere di ciò che fate e di scoprire percorsi alternativi
all’interno di un paesaggio, espressioni di natura che
mi auguro contribuiate a tenere incontaminata, è un cammina,
dicevo, che eseguite quasi in vista di noi stessi e non per il
fine cui tende qualsiasi corsa, o per il risultato che essa produce.
Questa caratteristica, ovvero carattere, fece dire ad Aristotele
che tutto ciò che fate vi avvicina alla felicità ed
alla virtù, in quantochè il vostro cammina l’avete
scelto per se stesso e non per necessità, come avviene
invece per il lavoro, o per le sfide agonistiche come professione.
Non sto a dirvi gli sviluppi del campo filosofico da Kant in
poi, per distinguere ciò piace da ciò che è penoso,
o da ciò che si fa per ricompensa (vedi Critica delgiudizio).
E comunque mi piace fare un passo indietro per citare Montaigne
(1533-1592), quando dice che “non si parla qui né di
anima, né di corpo, ma dell’uomo intero”.
Ovviamente è stato Schiller nelle sue Lettere sull’educazione
estetica (1795) a considerare l’istinto del gioco
(perché è innegabile che voi fate ciò per
gioco) come fondamento dell’attività artistica.
Ed è un altro aspetto di questa scenografia che voi create
camminando insieme quando attraversate valli, monti e discese,
quasi a confondersi con gli altri elementi del creato, natura
tra natura, pur nella diversità. “L’animale,
scrive Schiller, lavora se il movente della sua attività è la
mancanza di qualche cosa; e gioca se il movente è la pienezza
della sua forza, se lo stimola all’attività un’esuberanza
di vita”.
E ciò non è neppure estraneo alla natura inanimata:
la sovrabbondanza di radici, rami, foglie, fiori e frutta di
un albero, rispetto a quanto è necessario alla conservazione
dell’albero stesso e della sua specie, è una sorta
di gioco della natura vegetale. “Dalla pressione dell’esuberanza,
dall’attività fisica a quella estetica; e prima
di elevarsi, sopra i vincoli di ogni scopo, alla sublime libertà del
bello, si avvicina, almeno di lontano, a questa indipendenza,
nel libero movimento che è scopo e mezzo a se stesso”.
Auguri
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