TAPPA
N°3
ROCCHETTA
AL VOLTURONO - CERRO AL VOLTURNO -
ACQUAVIVA D’ISERNIA -
FORLI’ DEL SANNIO -
ROCCASICURA - CAROVILLI
LUNGHEZZA:km.
27
TEMPO
PERCORCORSO: ore 6
QUOTA
max:mt. 950 slm
QUOTA
min:mt. 480 slm
Quota
partenza:mt. 540
Quota
arrivo:mt. 867
Si partecon
Filippo masenza Giovanni Mascioli per il solito richiamo della
consorte, come da copione, per cui non è possibile
assistere alla piacevole sceneggiata. La partenza è fissata
al bivio di Cerro al Volturno, paese che scorgiamo di fronte,
arroccato con la parte più antica sull’inaccessibile
spuntone roccioso, dominato dalla mole del castello Pandone.
Come ci illustreranno più tardigli esperti accompagnatori,
fu forse dimorasecondariadella famosa famiglia di condottieri,
secondo alcuni,ipotizzata con un’originale interpretazione,
di origine nomade visto l’amore per i cavalli. La stessa
passione però li accomunava al ducaD’Alessandro
di Pescolanciano di ben altre origini.
Lungo
il percorso di avvicinamento poniamo attenzione alle pareti della
caratteristica roccia di Rocchetta, un travertino non molto
compatto, facilmente lavorabile che sta dando origine ad un
buon artigianato locale. Le frequenti cavità della roccia
hanno attirato l’attenzione di alcuninovelli esploratori.
Oltrepassato
il torrente Iemmare, affluente del Volturno con le acque limpide
e gorgoglianti, scavalcato dall’enorme
viadotto, siamo ormaiin prossimità dell’abitato;
la “fanfara casareccia” si dà da fare invogliandoun
passo allegro. Si iniziano a salire iripidi tornantiche conducono
alla piazzetta del nucleo alto ove ci attende l’incontro
con i Cavalieri del Tratturo, scambio di saluti affettuoso con
Lino da parte di tutti noi, con ilneo eletto Sindaco, il Parroco
e la coppia di studiosi delle vicende dell’Alta Valle del
Volturno.
Dopo
parole di benvenuto, ci si inerpica verso il castellodi cuisi
costeggiano le mura del lato nord sino all’ingresso
che conservaancora i caratteri originali anche con ilportone
separato dauntaglio nella roccia.
Il
castello, dall’aspettomarziale, fu iniziato nel secolo
XV ed è caratteristico per le soletretorricilindriche
mentre la quarta non si ritenne necessaria vista l’asperità dei
luoghiche offrivano una validadifesa naturalesul lato rivolto
verso Acquaviva.
Oltrepassato
lo splendido portale, l’interno non è secondo
le aspettative: non si presenta particolarmente curato architettonicamente.
Belli i resti di una vecchia farmaciain un angolo ancora con
i mobili ed i vasi in terracotta che contenevano le spezie e
le erbe curative e nel cortile il bell’albero di gelsi
rossi che regolarmente tingono le mani dei meno esperti nel coglierli.
Le opere di trasformazione effettuati e poi abbandonate nell’esecuzione
per rendere abitabili parte dei vaninon contribuiscono a qualificarne
l’aspetto; però salendo sugli spalti si può essere
gratificati dall’ampia visione che permette di osservare
il vasto panorama che in lontananza comprende dell’intera
catena delle Mainarde e sul versante opposto il gruppo del Matese
con la cima delMiletto. Il castello si dimostra unnotevole punto
di avvistamentocosì come la cinta muraria di epoca sanniticasul
vicino Monte S. Croce, lo stesso toponimo di Venafro ove sono
i resti di un recinto megalitico di epoca sannitica.
Ancora
si ammiral’agro con le numerose
frazioni, oltre 10, dai nomidi richiamo forestali, come lo
stesso Cerro, o legati al territorio: Selvone, Cerreto, Foresta,
Foci, Valloni, che danno un idea di come potevapresentarsi
il territorio conestesi boschi di cerro.
Inoltresi
puòosservareil pianoro su cui sorgono l’Abbazia,
Rocchetta, il corso superiore del Volturno e meglio si può comprendere
la teoria dell’origine secondo Leopoldo Pilladi Venafro,geologorinomato
e storicocomandante degli universitaria Curtatone, secondo la
quale è da identificarsi con il fondo di un primitivo
lago poi scomparso perun repentino svuotamento.
Per
scendere verso la parte bassa, in effettianche a Cerro siamo
inpresenza didueantichinuclei, comeper Castel S. Vincenzo, utilizziamo
la “via breve”chesi trasforma in uno stretto passaggio
a ridosso dell’ex parete rocciosa, poitrasformata dai muraglioni
di consolidamento in calcestruzzo. Prima di imboccarla ci si
sofferma sul piccolo belvedere ove fra le roccespicca l’alto
fiore della agave, chiaro esempio di comedoveva essere bella
e selvaggia la parete rocciosa prima che negli anni anteguerra
venissero effettuati i deturpanti lavori con possenti pareti
in c.a.
Dall’alto
si possono ammirare le coperture del sottostante abitato in vecchi
coppi,visione simile a quella di Roccamandolfi, ad eccezionedi
una sola in marsigliesipiù rosse e senza
cromismo.
In
basso ci attende il rinfresco con squisiti prodotti locali a
base di rustici e dolci , si prosegue poi per arrivare alla spaziosa
piazza, realizzata negli anni ’70 che distrusse
occupando uno stupendo angolo sul fiume e deturpandolo in modo
definitivo. Adesso la piazza è parzialmente chiusa peril
cedimento di alcuni alti muri in c.a.
Poi
il trasferimento in pullman, ad eccezione della solita Maria
Rosaria a qualche chilometro prima del paese Acquaviva, anche
esso sorto a seguito della colonizzazione dell’Abbazia,
ma secondo taluni risalente al periodo sannitico. Il sindaco
Alfredo ci accompagna per un pezzo di strada sino all’inizio
dell’abitato su cui domina il “castello” in
stato di abbandono mentre il tetto verde di una mansarda frai
tettidelle abitazioni crea una nota di contrasto.
In
prossimità della
chiesa dedicata a S.Anastasia, edificio pregevole per la facciata
in pietrame squadrato, preceduto da una lunga scalinatacon
gradini in pietrame, si imboccala strada cittadina sulla sinistra,
con un primo tratto asfaltato e poi brecciato che ci porterà,
con l’ultimotratto di
salita accentuata,affrontato con lena, sino all’incrociocol
la S.S. 17- Raccordo Appulo - Sannitico. Siamo giunti a quota
840, al di sotto del Il Monte, superando inmeno di un chilometro
un dislivello di 100 metri e lo sguardo èancora sul versante
delle Mainarde e verso lepareti deicollisulla sinistra di Rionero;
fra poco la visione invece sarà diretta verso i territori
dell’Altissimo Molise.
Oltrepassata
quindi la Diramazione inlocalità“Taverna” si
proseguesulla destra con la pista in terra battuta per un altro
chilometro fra pratia pascolo prima di inoltrarcicon il sentierino
usato dai boscaioli fra la folta vegetazione arborea dopo 15
minuti di cammino. Quando questo è chiuso dal sottobosco
siprosegue fraprati incolti.Per
non disperdere il gruppo che si è allungato e frazionato,
ogni centinaio di metrisi posa qualche segnale, ma le bottigliette
lasciate a terra per indicazione non serviranno perché Gaia
ha pensato bene di ripulire, in anticipo, il tracciato dalla
presunta immondizia. Si oltrepassa la SS 17 Appulo Sannitica,
una volta sede del tratturo Pescasseroli Candela, ma la cosasfuggeperchéormai
senza più caratteristiche (interessanti da vedere, lungo
questo tratto stradale i termini lapidei di epoca borbonica)eancora
si prosegue con un sentiero in terra battuta sino alla cima della
collina di Colle Corvino - quota800 -da dove appare in basso,
in felice posizione paesaggistica, l’abitato di Forlì del
Sannio (faccio notare: Forlì con l’accento finale
come appare scritto sulla tabellonistica stradale).
Si
scendefra zone a pascolo cespugliato in direzionedel cantiere
stradale della costruenda arteria veloce, incrociando, adesso,
la S.S. 86arteria desueta per Vastoa causa del tracciato tortuoso
ma piacevoleda percorrere per la varietà dei paesaggi.
Avvicinandoci siamo passati poco distantidalla localitàConvento
Vecchio, ove ci sono resti di una cinta sannitica.
La
giornata è calda e, risalendo versol’abitato,
una fontana con lavatoio invita ad una sostaprima di giungere
alla piazza,ove si accede transitando sotto la vecchia porta;
nella piazza c’è la facciata della chiesadi S. Maria
delle Grazie. Oltre il portale del vecchio convento degli Osservanti,
che attualmente ospita servizi pubblici (scuole e municipio)
al fresco degli ambienti che si aprono sul classico portico intervallato
dalle arcate l’accoglienza dell’Amministrazione comunale
con l’assessore Ancona.
Il
fresco e la lunga tavolata, l’incontro
con i vecchi alunni, non solo di Lucarelli e di Rosalba, fanno
allungare la permanenza; i Cavalieridel Tratturohanno sostato,
invece, alla splendida fontanapoco oltre il paese e li raggiungeremo
dopo aver ripreso il viaggio.
Il
tracciato previsto è costituito dastrada brecciata
o in terra che inizianei pressi delbivio di Roccasicura, e, successivamente,da
un sentierino che conserva la quotaintorno ai 700 m. slm., a
mezza costa di Colle Fratta edAcqua dei Rangie da cui si può con
tranquillità osservaretutta la vallata sottostante del
corso superiore della Vandra, un fiume dai candidi massi e dalle
caratteristiche come il Rio Chiaro con la semplice “aggiunta”di
unoptional: quello dell’acqua. Il sentierino, che non è stato
percorso, dopo aversuperato l’asfalto della strada statale
86, sempre per Vasto, in prossimità del Km 8 della S.S.,
continua con una pista per trattori, che passando sotto Colle
S. Benedetto,anche se sempre evidente ma poco utilizzata, scende
a piccoverso il fiume Vandra.
Da
quota650, con circa due chilometri si scende per superare ilpiccoloe
tranquillo corso d’acqua,a quota 480in prossimità di
alcuni vecchi edifici presenti sulla sponda opposta, lo superiamo
saltando su alcune pietre posizionateallo scopo. Operazione che
unarzillo contadino di 75 anni, come ci ha confessato poiché in
apparenza molto piùgiovanee chenon ha voluto abbandonare
le abitudini della sua vita quotidiana, esegue con sicurezza
tirandosi dietro la vecchia asinella che solleva spruzzi d’acqua
che creano in controluce un suggestivo effetto.
Non è faticoso
risalire il sentiero sulla traccia appena segnata dal ripetuto
passaggio dell’asinella, al di sotto
di Colle Ripa,sino ad incontrare a quota600, nei pressi del depuratore,
la stradina asfaltatasu cui si prosegue sino ad incrociare di
nuovo il tortuoso tracciato della S.S. 86.Una semplice annotazione:dal
punto di innesto del sentiero, al Km 8, il tracciato è di
circa4 Km.,mentrecon la strada S.S. 8Km. ; si può comprendere,
per chi vuole raggiungere Vasto utilizzandola come può indurre
in errore la indicazione al bivio di Forlìcon la S.S.
17.
Per
giungereall’abitato di Roccasicura si percorreun vecchio
tracciato, uno dei più curati come realizzazione per unaantica
stradaextracomunale, il cui fondo, nel primo tratto, è costituito
dabasole in pietra locale, squadratee dal semplice disegno geometrico
eancora delimitata da muretti in pietrame a secco: una testimonianza
storica che va salvaguardata e tutelata, uno dei pochi esempi
in tal senso.
Siamo
arrivati in ordine sparso avanti la sede comunale ed accolti
dai rappresentanti dell’Amministrazione
e dallabionda impiegata, che ci porgono il saluto del sindaco
assente.
Sono
circa le ore18 e per giungere a Carovilli, tappa finaledella
giornata, si percorre la strada, che salendo dolcemente verso
lacava,oltrepassando la sorgente Maiuri,in stato di abbandono,e
proseguendoversoun gruppo di edifici abbandonati prima del tratturo,
ove ci dovrebbe attenderel’Ing. Cinocca sempre solerte
e puntualecome in questa occasione: è infatti assente
onon visibile nascosto fra l’alta erba.
Abbandoniamo
la strada bianca per inoltrarci fra i prati guidati da una
tenue traccia, lasciando sulla destra le masserie che cihanno
fatto da punto di riferimento e inoltrandoci nella zona alberatasino
nei pressi del tratturoCastrel di Sangro - Lucera. Prima, però,si
incontrasulla destra un fontanile in pietrame, dalla buona
fattura ed un tempo importante per le masserie lì dislocate,
anche quelle de Le Particelle che si trovano poco oltre Fontanilea
cui si giungeva con un sentiero zeppato di cui ne rimane qualche
traccia.
Rosaria,
semprein perfetta tenutaelegante e “ tirata” per
qualcuno, nonostante gli avvertimenti, si imbatte nel filo spinato
appena visibile e posizionato per trattenere gli animali al pascolo
che taglia il sentiero.
Siamo
sul tratturo, sotto le rocce di Colle Moricone o Montagna, il
serpentone verde allungato lo percorre su un tratto stradale
in fondo brecciato, sulla destra delle masserieGismundo, sino
ad incontrare sotto il Colle Panetta, una volta ricco di prataioli,
la strada provinciale.
Qui,
mentre Domenico, “fisico bestiale”, fazzoletto
alla Pantani , “tira dritto“,alcuni di noi proseguono
sul tracciato che, quasi parallelo alla provinciale, giunge sino
al mulino ora vivaio di trote e risaliamo sinoal convento di
S. Domenico. Siamo passati sotto Colle Tavernola e Cerro Savino,
in prossimità della località Convento Vecchio,
l’antico monastero di S. Pietro delTasso oveuna volta esistevano
reperti, qualeun capitello distile corinzio, che, mi dicono,
ora scomparso.
Mentre
un folto gruppo è intento, sotto la guida di Stefano
del CAI, a visitare Monte Ferrante fra la cui folta vegetazione
si nascondono i resti di una cinta sannitica e sulla sommità quelli
di un tempietto, ci dirigiamo verso la zona attrezzata nei pressi
del mulino, in cui è stata predisposta una tavolata a
base di eccellentiprodotticaesarie salumi locali che vengonoaffettati
insieme al buon pane cotto al forno di legna.
Alcunepartecipanti,
per educazione, prima di porsi a tavola fanno toilette lavandosi
i piedi nel ruscelletto che lì passa,
mentre Alberto, poco in disparte, ne approfitta persuonare ilflauto
tirato fuori dallo zaino.
Si è fatto
tardi, il sole è tramontato da un po’,
quando il Sindaco, anche qui neo eletto, dà il benvenuto
e si dà da fare presso il focolare che è stato
approntato per cuocere alla brace carne e salsicce su grandi
griglie.
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Martedì 10.8.1999
La
partenza è legata all’incontro
tra pedoni, provenienti da Venafro, Castel San Vincenzo, Rocchetta,
e i cavalieri provenienti dalle tappe descritte in precedenza.
L’incontro si è svolto nei pressi della scalinata
che porta al Castello di Cerro
al Volturno. Migliore scenografia
non poteva organizzarsi. È stato un momento di condizionamento
della fantasia che subito si è portata al Medioevo,
tramite i suoni degli zoccoli dei cavalli sull’acciottolato,
i nitriti e le stradini strette che si degli zoccoli dei cavalli
sull’acciottolato, i nitriti e le stradine strette che
si inerpicano fino alla porta della rocca.
Da qui si è ripresa
la strada di Acquaviva di Isernia. Ma, un momento, i bagagli
dei cavalieri che fine hanno fatto. Pietro Berardo, proveniente
dall’albergo Volturno afferma
che non ci sono, Angelo, cognato di Armando Berardo, dice che
non ci sono. Allora decido di controllare cosa è successo.
Con Angelo e Pietro torno in albergo e qui scopro che un piccolo
lapsus si è ingenerato in quanto Pietro, proveniente
da Isernia, ha dedotto che non essendoci i cavalieri in albergo,
anche i loro bagagli erano stati portati via, cosa, poi, comunicata
da Pietro ad Angelo, comandato da Carlo per il loro ritiro.
Non basta. Io sono indotto a lamentarmi, anche con una certa
veemenza, con il proprietario dell’albergo. Questi, però mi
fa presente, e la cosa è chiarita nel contraddittorio
con Pietro e Angelo, che nessuno gli ha mai chiesto dei bagagli.
Insomma un vero “impeachment” alla “….Berardo….”.
chi l’ha procurato? Insomma scegliete simpaticamente
tra Armando e….Armando (è infatti il cavaliere
arrivato in ritardo).
Alle 10.30 il gruppo dei cavalieri e dei
pedoni arrivano all’Acquaviva
e proseguono verso Forlì del Sannio dove entrano insieme.
Il Sindaco ha riservato l’aula consigliare per un piccolo
rinfresco. Sostiamo con i cavalli presso la bella fonte-lavatoio
ubicata all’ingresso del paese. Dopo aver mangiato la
colazione al sacco preparata dal ristorante “L’incontro” di
Cerro al Volturno, dove abbiamo cenato la sera prima, ripartiamo
per l’Acqua dei Ranci e quindi per l’azienda “IL
TRATTURO” di Roccamandolfi. Sotto casino Pece troviamo
un bellissimo abbeveratoio dove io, Armando, Marco facciamo
un bel bagno.
Ripartiamo da tale ultimo punto per scendere verso
la Vandra, lungo il Tratturo Castel di Sangro-Lucera. I cani
che avevano lasciato chiusi a Foresta, sono stati presi da
Francesco per essere portati a San Quirico. Il Lagottino è saltato
dall’auto proprio sul ponte della Vandra e lì è rimasto
fino al nostro passaggio a cavallo. Spaventato e stanco riesce
a riconoscere i propri cavalli e quindi si accorda alla fila
che inizia a salire per Roccasicura lungo il Tratturo alla
sponda sinistra del Torrente. La cavalla di Sonia, in tale
occasione, ha una forte crisi derivante dalla combinazione
di: sovraffaticamento, calura e forte sudorazione con connessa
disidratazione del mantello. La presenza del puledro che “ciuccia” in
continuazione rende il quadro clinico veramente preoccupante.
La cavalla rifiuta di muoversi e barcolla. In quel momento,
nonostante i segnali di Marino, proprietario della cavalla,
impongo che tutti i cavalieri rientrino presso l’Azienda,
ormai prossima (a circa 2 Km), ed io resto solo con la cavalla,
un pastone liquido, onde evitare coliche, ma proteico. La cavalla
tenta, all’inizio, di mangiare l’erba che a stento
ingoia, poi, ripresasi nei battiti e nella respirazione, ingoia
sempre maggiore quantità di erba. Comincia ad oscurare,
preparo il mio giaciglio per la notte, in attesa che la cavalla
riprenda le forze, fatto della sella della cavalla e di una
siepe di ginestra. Dopo un’ora avverto che la giumenta è già in
grado di camminare e tento, collaborando con la cavalla, di
portarla in una zona più alta del tratturo. Ci riesco,
con enorme sforzo dell’animale, e qui, alle 20.30, arrivano
Carlo, Fabio e Alessio che con secchi di acqua, biada bagnata
e crusca, sono venuti in mio aiuto. La cavalla beve l’acqua
e la lascio mangiare un mezzo chilo di biada appena, per evitare
coliche. Poi decidiamo di parcheggiarla nei pressi di una svolta
del tratturo dove continua a mangiare. Le condizioni fisiche
migliorano. Decidiamo di rientrare per cenare. Così è stato.
Alle ventitré, mi porto la cavalla e lì sosto
per la notte con loro due e il mio cagnolino lagotto, dopo
averle dato un morbido pastone di biada, crusca e acqua. È la
notte di San Silvestro: nitida, calda e tranquilla in attesa
che l’energia fisica ritorni nelle membra della giumenta.
Il puledro si è accorto che la madre non sta bene e
più volte strappa l’erba per porgergliera invitandola
la mangiare. Alle tre e trenta di mercoledì avverto,
dai movimenti dei tre esseri che con me convivono questa famosa,
fiabesca notte, che il quadro della situazione è favorevolmente
cambiato. Mi alzo, sello la cavalla e la invito a partire.
Avverto la piena ripresa nel momento in cui mi passa davanti,
mi precede. Salgo a cavallo e in meno di quindici minuti, naturalmente
mi conduce nell’azienda agrituristica dove due sere prima
aveva sostato. La chiudo nel paddock con il puledro e cerco
di dormire sul fieno. Non sono stato il solo a dormire avendo
come coperta il bellissimo cielo di San Lorenzo. Infatti sia
Marco che Alessio mi hanno atteso dormendo, o meglio cercando
di dormire, all’aperto, vicino ai cavalli.
Riepilogo: Ore 16 di lavoro-Km 45.
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