Nell'altissimo Molise un tracciato fra i boschi di faggio e abeti soprani, al di sopra del verde solo l'azzurro del cielo terso.
Lunghezza: km.25
Quota di partenza: mt.1420 s.l.m.
Quota d’arrivo:mt.830 s.l.m.
Tempo: ore 8
Difficoltà: per escursionisti allenati
La
terza giornata si presenta con un bel cielo che fa preannunciare
una stupenda camminata, non molto lunga ma con diversi
dislivelli da superare in modo rapido, impennate per
superare i monti, scegliendo il “passo”,
adatte per digerire il pranzo della sera precedente offerto
in piazza.
Ritrovo in piazza Stanislao Falconi. Si ammirano i portali in pietra del palazzo
ducale. Dopo i saluti del Presidente della pro-loco, la comitiva percorre il
centro storico, la parte più vecchia dell’abitato chiamata Terra Vecchia: quello che è rimasto dell’abitato è poco a seguito della notevole distruzione subita dal paese nell’ultima guerra che nel 1943 lo distrusse in modo massiccio, nel novembre fu minato ed incendiato diventando un cumulo di macerie che al giorno d’oggi è difficile immaginare per la ferma volontà e l’impegno
di ricostruzione dei Capracottesi.
Alla periferia, dopo il belvedere e la fontana in pietra, fine 1800, e subito
dopo la piazza dedicata ad Emanuele Gianturco (noto avvocato che riuscì a
risolvere favorevolmente per il comune nei confronti dello Stato italiano una
controversia relativa agli effettivi diritti del Demanio boschivo), si imbocca
la strada provinciale verso Prato Gentile che scorre su una cresta: sulla sinistra
lo sguardo verso la Fondovalle del Sangro con la serie dei paesi ed abitati della
Maiella, sulla destra il corso del fiume Verrino, il Matese in lontananza ed
alle spalle la catena della Mainarde.
Si
passa a fianco al “Giardino di flora appenninica e di piante officinali”, in località Guardata; istituito nel 1963 finalizzato alla ricerca ed allo studio della flora appenninica per la conservazione della biodiversità e per promuovere l’utilizzazione
della piante officinali.
Agevole è arrivare a Prato Gentile (quota 1575), una radura circondata da faggi, che vista dalla sommità di Monte Campo, la cui mole incombe sulla destra, ha la forma quasi perfettamente circolare: è la sede dello “stadio del ghiaccio”, punto di partenza della splendida pista “Mario Di Nucci”,
sede delle gare dei campionati Assoluti di sci di fondo svoltesi agli inizi del
1997.
La pista, perfettamente attrezzata con servizi, strutture e punti di assistenza,
con tre anelli di 15 chilometri si snoda suggestiva e con splendidi panorami
fra boschi di faggio e dà la possibilità di praticare il fondo
per qualsiasi appassionato o atleta.
In questa località si svolge la prima domenica di agosto la “Pezzata”, famosa sagra, che ormai richiama gente delle regioni vicine: perfettamente organizzata dà la possibilità di usufruire di pullmans “navetta” che dal centro abitato portano nel luogo in cui si gustano la pecora e l’agnello cucinati secondo l’usanza dei pastori; manifestazione da non perdere anche per l’ambiente
fresco e splendido nei mesi estivi.
Riprendendo la camminata una piacevole e lenta discesa porterà a Pescopennataro: è ancora il faggio che domina mentre, sui bordi della strada frequente è l’aquileggia dal colore azzurro carico. Una sosta è doverosa all’eremo
di S. Lucia, una chiesetta con grotta dimora di un eremita e cappella rupestre
addossata ad una parte rocciosa a strapiombo, ai margini di un tornante a 360
gradi, punto di incrocio dei territori di S. angelo del Pesco, Castel del Giudice,
Capracotta e Pescopennataro.
A lato della chiesetta un sentiero porta al belvedere, uno spuntone di roccia
che si raggiunge addossandosi alla parete a strapiombo. A turno si può ammirare il corso del fiume Sangro sino al largo di Bomba; al di sotto la vista del bosco degli Abeti Soprani che si spinge sino all’abitato
di Pescopennataro.
Il bosco è compatto e per arrivare al paese percorriamo la strada provinciale, passando nei pressi della Fonte della Gallinola, ammirando gli splendidi esemplari di abeti, maestose piante ai bordi della strada che si percorre con tranquillità; il traffico è quasi nullo e possiamo soffermarci ad ammirare anche il sottobosco e la ricca flora ai margini della viabilità.
All’arrivo al paese fa veramente piacere ascoltare, oltre il Sindaco, il Prof. Arduino, direttore delle Biblioteche Riunite di Agnone, studioso delle vicende storiche, conosciuto in occasione di un incontro con il Prof. Renato Lalli, e di cui ho potuto apprezzare la disponibilità e
la modestia.
Il discorrere fluido di Arduino si sviluppa lungo le stradine in salita della
parte alta del paese, attualmente di circa 600 abitanti, arroccato a quota 1250,
su uno spuntone di roccia, a cui si deve l’origine del nome, e le cui pareti
precipitano verticalmente sino a quota 1050 nella sottostante vallata del Sangro;
paese di valenti scalpellini che hanno lasciato testimonianza oltre che in tutto
il circondario anche oltre oceano.
Incontriamo con piacere Elio Del Corso, un metro e sessanta di energia nascosta
che ci accompagna, ritornando sui nostri passi per circa un chilometro, alla “Colonia”, struttura immersa nell’abetina, per gustare con tranquillità abbondante un piatto di pastasciutta, fra un bicchiere e l’altro di saporito vino, si guarda il valico fra Monte Campo e Monte S. Nicola dove il tracciato è diretto
verso Gualdo Cannavinetta.
Là ci condurrà un sentiero, in effetti una pista erbosa nel folto bosco che si riduce man mano sino a condurci ai piedi delle sommità già citate. Chiacchierando con Elio, docente di botanica, finalmente si trovano numerose piante di belladonna fra equiseti, l’ambiente è umido e le piante di fragole che in periodo appropriato sono abbondanti; la fila si sgrana, si procede uno dietro l’altro,
confondendosi e nascondendosi a tratti fra il rigoglioso sottobosco.
Il sentiero si trasforma in una traccia appena visibile fra i faggi, è cambiata la vegetazione, che sale ripidamente sulle pendici del monte; pur proseguendo a zig zag, è faticoso, qualche attimo di sosta ogni tanto con lo sguardo verso l’alto
alla ricerca del cielo e del paesaggio.
Prima di arrivare al guado, il bosco lascia lo spazio al prato che in primavera è un fiorire di una incredibile verietà di orchidee; la sosta è ai piedi del cocuzzolo di Monte S. Nicola su cui svettano, a quota 1517 s.l.m., i resti di una torre di avvistamento, riscoperta con i lavori del metanodotto, e che doveva far parte di un insediamento abitativo localizzato sul versante; si scambiano quattro chiacchiere con alcuni pastori del posto ben lieti dell’inaspettato
incontro.
Il panorama che era già ampio a quote più basse, dalla valletta ora si domina in tutta la propria bellezza: è una panoramica che abbraccia con uno sguardo tutto l’Abruzzo
del versante sangrino, della Maiella, della catena dei monti di Roccaraso e fin
verso il mare dal versante nord.
Sul lato opposto, illustro al gruppo la restante parte del percorso verso Agnone visibile oltre il ponte sul Verrino, coinvolgendo anche Nello che dopo aver saltellato fra le rocce ed i declivi per giungere sin qui, era intenzionato ad abbandonare la compagnia.
Questo versante è privo di vegetazione arborea, “il versante meridionale di Monte S. Nicola, degradante parallelamente alla provinciale Capracotta-Agnone, è il risultato e l’espessione evidente dell’alterazione antopica nell’ambito di un’attività primaria dell’uomo, praticata sin dall’antichità, quale la pastorizia”.
E’ un pascolo a zone sistemato con terrazzamenti, nascosto fra le pieghe del terreno un fontanile con abbeveratoio, si passa a fianco ad alcuni ricoveri a carattere momentaneo in pietrame a secco, i cosiddetti “trulli” o “caselle” che non vengono più utilizzati e la cui esistenza è in
pericolo.
Il gruppo, prima in ordine sparso, si ricompone in un prato nei pressi della
provinciale; il sentiero che prosegue verso Agnone, che appare sempre più vicino, è una strada interpoderale il cui tracciato interessa la zona in cui fu ritrovata nell’anno 1848 la famosa Tavola Osca. Il reperto scoperto casualmente in località Fonte Romito, è ora
conservato al British Museum di Londra; si tratta di una tavola bronzea in cui
sulle due facciate, gli scritti che ricordano le cerimonie religiose, sono stati
fondamentali per le interpretazioni e la conoscenza della lingua dei Sanniti.
L’ambiente, in cui si sviluppa il tracciato presenta chiaramente caratteri agricoli con campi coltivati, degrada dolcemente sino al Vallone del Cerro; sul percorso si incontrano nuclei di abitazioni con tipiche case contadine con aia, l’ultimo tratto, dopo la borgata di Marcovecchio si presenta con fondo ancora ben “zeppato”.
Siamo scesi a quota circa 650 ed il sentiero, che interseca più volte la strada statale, deve recuperare rapidamente la quota; Agnone è a 830 metri, qui l’accoglienza è stata predisposta alla perfezione. Nella piazzetta raccolta e delimitata da splendidi edifici, mentre si gustano i dolciumi tipici, il Sindaco, con discrezione e con accoglienza giustamente rivolta allo stretto necessario, considerando le necessità ed i bisogni dei camminatori, interviene brevemente; Germano non riesce a trattenere segni di commozione per la manifestazione sin’ora
ben riuscita e bene accolta.
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Presto, nella primissima mattina, mentre accudivo i cavalli, è arrivata una Panda 4x4. Sono scesi due signori con un cane. Erano cercatori di tartufo. Il cane si è messo subito a lavorare ed ha trovato un tartufo sotto la panca dove avevo dormito. Alle 7,30 sono arrivati Felice, Peppe e Cosimo di Acquevive, Mauro, Armando e Federico di Duronia, residenti in Roma, Silvia di Roma.
Alle 8,30, dopo aver atteso gli altri marciatori, siamo partiti per Prato Gentile dopo aver abbeverato i cavalli e fatto le foto di rito con lo sfondo della Maiella. Siamo saliti alle pendici di Monte Campo e tramite le piste di sci da fondo, siamo scesi nel bosco dagli Alberi Soprani, per prendere il sentiero CAI che ci ha condotto fino alla piana di Pescopennataro. Dopo, al bivio della Colonia, ci siamo incontrati con il resto del gruppo di marciatori provenienti da San Luca e della Fonte della Gallina. Siamo entrati a Pescopennataro insieme e dopo il saluto del Sindaco siamo tornati alla colonia per il pranzo. C’era il gruppo folcloristico di Villacanale. Dopo il pranzo abbiamo sistemato i cavalli e siamo ripartiti per Gualdo Cannavina. Da qui abbiamo preso la stradina che scende verso la “Sbrascia”. Sassosa, con forti salti da una pietra affiorante all’altra roccia. I cavalli si sono comportati benissimo: calmi, giudiziosi, con il piede sicuro, attentissimi a poggiare sempre in piena sicurezza e mai in fallo. Il cavallo di Armando si è sferrato. L’ho risistemato immediatamente, rimettendo il ferro che avevamo raccolto, per consentirgli di continuare il trekking.
Dopo l’abbeverata alla fonte di Sbrascia, siamo scesi a Marzovecchio e quindi a San Quirico di Agnone dove abbiamo cenato dopo aver sistemato i cavalli, alle 8,30. Voglio ricordare che a Pescopennataro un autista ha schiacciato la zampa posteriore sinistra di ROSI, la mia cagna pastore Abruzzese-Maremmano. L’autista nemmeno si è fermato. La cagna è guarita dopo una settimana di riposo.
Abbiamo percorso 45 Km. circa.
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